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Infanzia e istruzione di Cosimo de Medici
Cosimo de’ Medici nasce il 10 aprile 1389, figlio primogenito di Giovanni di Bicci e Piccarda Bueri. Sarebbe stato normale assegnare al primogenito il nome di uno dei suoi avi ed invece il bimbo ebbe un nome inedito per casa Medici. Secondo i più antichi biografi questo accade perché sua madre ha dato alla luce due gemelli e, per celebrare questa nascita così straordinaria, sono stati scelti i nomi di Cosma e Damiano, i santi gemelli della storia dei cristiani in Oriente. Sfortunatamente la protezione dei patroni non è sufficiente al piccolo Damiano, che muore poco dopo.
La prima preoccupazione di un padre di famiglia, a proposito dei figli, è l’educazione. Questa è citata tra le priorità del buon padre nelle pagine di Alberti: un’istruzione equilibrata, che sappia contemperare le attività intellettuali ma anche quelle fisiche che formano il corpo e allontanano la malinconia. Le esortazioni di Alberti sono sicuramente le stesse che ha presenti Giovanni nell’impostare la formazione dei figli. Nella Firenze del XIV secolo la formazione scolastica ha effettivamente tre livelli.
Il primo, fondamentale, è quello dell’apprendimento della scrittura e della lettura, presso uno di quelli che si chiamano “maestri di fanciulli”. Questo primo livello si tiene a Firenze presso maestri privati, perché a differenza di molte città grandi e piccole del tempo la patria di Cosimo non ha una tradizione di insegnamento pubblico. Quanto si apprende in questa prima fase di formazione scolastica diventa un patrimonio fondamentale per la vita dell’uomo del tempo, specialmente in una famiglia di mercanti.
Il Cosimo bambino ha però un percorso di formazione che va oltre l’alfabetizzazione. Il secondo livello, a cui normalmente si ferma l’esperienza scolastica di gran parte dei fiorentini del tempo, è quello della scuola d’abbaco. Il termine designa l’apprendimento dell’aritmetica e della geometria. Le fonti non ci consentono di comprendere nel dettaglio cosa significhi per Cosimo lo studio dell’aritmetica; in ogni caso non si tratta di un’esperienza confinata al periodo dell’apprendimento, perché tra le persone con cui Cosimo è in rapporto anche in età matura figura uno dei più grandi studiosi di matematica del suo tempo, Paolo dal Pozzo Toscanelli.
Per molti giovani della Firenze del Quattrocento i rudimenti del far di conto concludono il percorso degli studi. Nei ranghi dell’élite cittadina è però abituale un terzo livello, la scuola di grammatica. Da questo faticoso esercizio lo scolaro esce non soltanto capace di intendere e, in teoria, di scrivere in un corretto latino, ma anche avendo assimilato i fondamenti logici e argomentativi propri della scrittura latina.
Di fatto non sappiamo quasi nulla sulla vita di Cosimo nel primo quindicennio del secolo. Un aspetto da considerare è che, dopo il 1402, suo padre Giovanni è una figura sempre più coinvolta nella vita pubblica, specialmente per via di missioni diplomatiche che gli vengono affidate a più riprese specialmente in Romagna, presso il legato pontificio Baldassare Cossa.
Quando il Concilio per tentare di risolvere lo scisma della Chiesa si riunisce proprio a Pisa la famiglia Medici è già decisamente in vista anche negli ambienti diplomatici, specialmente quelli legati al papato. La vita privata di Cosimo, in ogni caso, comincia ad esserci nota in misura accettabile solo dal 1415, quando sposa Contessina de Bardi, fanciulla di una famiglia di storia illustre e con un presente un po’ meno felice.
Possiamo dare per certo che molte delle esperienze più formative del giovane Cosimo siano legate alla grande impresa di famiglia, il Banco Medici. Dal Banco il Medici può trarre molto. Innanzitutto, com’è ovvio, molte risorse: alla fine degli anni’20 cioè ben prima della sua fulminea ascesa politica, Cosimo è l’uomo più ricco della città. Dall’esperienza del Banco Cosimo trae ben più che il denaro guadagnato, perché molto della sua personalità e il suo approccio alle cose giunge proprio da lì. Le doti personali, la capacità di gestire le situazioni difficili anche a livello politico sono per lui rivelate soprattutto dall’accortezza del buon uomo d’affari.
Il giovane Cosimo de Medici e la vita pubblica
Cosimo inizia la sua presenza nelle istituzioni all’ombra del padre Giovanni poiché la struttura patriarcale della società del tempo mantiene sempre il primato del capofamiglia in termini di nome se non di titolarità dei beni patrimoniali. Il figlio maggiore di Giovanni svolge per la prima volta il Priorato nel 1416; era un incarico piuttosto precoce considerando che aveva solo 27 anni. Subito dopo si colloca l’avventura al concilio di Costanza, dal momento che nei registri delle pratiche elettorali per l’anno 1417 risulta assente, e quindi inabile ad esercitare l’ufficio di console dell’arte del Cambio per la quale è stato estratto.
Conclusa la complicata vicenda di Giovanni XXIII Cosimo torna a Firenze in tempo per assumere nel 1419 l’incarico di membro del Collegio dei Dodici Buonuomini, che assistevano i Priori nelle loro principali mansioni. Gli impegni di un cittadino in vista si esprimevano anche nella variegata realtà delle associazioni religiose o benefiche. In particolare, Cosimo nel 1425 è Capitano della Compagnia del Bigallo, un’antica istituzione benefica che si richiama ad un ospizio nelle campagne fuori Firenze.
A partire dal 1420, anno della residenza in città del papa Martino V, Cosimo può fare l’esperienza di ambasciatore, di certo la più significativa per la sua carriera fino ad allora. Cosimo partì insieme a Lorenzo Ridolfi, inviato a Milano presso il duca Filippo Maria Visconti. Non sappiamo quasi nulla di come Cosimo ha impiegato il periodo a Milano. La sua pratica di politica estera ha però un secondo momento per molti versi complementare qualche anno dopo, quando nel 1423 è stato scelto più di una volta come ambasciatore per condurre le trattative con le potenze italiane.
Prima è stato inviato a Venezia insieme a Palla di Nofri Strozzi. Successivamente il giovane Medici è in missione a Lucca, presso il signore cittadino Paolo Guinigi. Nel 1424 è stato inviato prima a Bologna come ambasciatore presso il legato papale in Romagna e successivamente trascorre un periodo a Roma e dintorni per seguire le attività della sede locale del Banco.
Nel 1429 muore il vecchio Giovanni e così i fratelli Medici, e ovviamente innanzitutto Cosimo, sono adesso attori a pieno titolo nel gioco politico della famiglia entro una Repubblica inquieta e divisa. Cosimo usa tutta la prudenza e il tatto di cui è capace per evitare di scontrarsi apertamente con il gruppo al potere, anche perché sa di dover ancora guadagnare la stima e la considerazione trasversale di cui ha goduto suo padre anche agli occhi degli oligarchi meno benevoli.
Nonostante tutti gli sforzi per mantenere un profilo basso, Cosimo non può evitare un incarico da ambasciatore, che lo porta tra Milano e Venezia non prima di passare di nuovo da Firenze. Stare troppo lontano dalla città è percepito dagli amici di Cosimo come un rischio, perché c’è la possibilità concreta che qualche improvvisa aggressione politica, un’accusa o peggio un bando possa trovare l’interessato troppo lontano per organizzare le contromosse.
Esilio e ritorno a Firenze di Cosimo
I nemici di Cosimo all’interno della città sono le antiche famiglie magnatizie degli Albizi e degli Strozzi, a capo della politica fiorentina da oltre cinquant’anni. I reali problemi per il Medici all’interno di Firenze iniziano il 1° settembre 1433, con l’entrata in ufficio di un nuovo collegio di Priori; i personaggi che compongono il collegio non hanno caratteristiche particolari rispetto a molti altri dello stesso periodo, ma il Gonfaloniere di Giustizia, Bernardo di Vieri Guadagni, è notoriamente un uomo di Rinaldo degli Albizi, il quale ritiene così di approfittare del momento propizio per compiere il passo decisivo contro Cosimo.
Subito dopo l’entrata in ufficio dei nuovi priori questi convocano una Pratica di otto cittadini per consultarsi con loro, e includono Cosimo stesso tra i suoi membri. Mentre Cosimo si trova nella sala apposita a discutere con gli altri della Pratica, la guardia dei Priori giunge a prelevarlo e lo fa rinchiudere in una delle stanze di sicurezza del Palazzo. Nel mettere Cosimo agli arresti la Signoria ha emesso un bollettino, una sorta di denuncia esecutiva presentata alle autorità giudiziarie.
Il bollettino non è una sentenza giudiziaria ma una sorta di ordine di polizia politica, con il quale si affida agli ufficiali giudiziari, in questo caso il Capitano del popolo, di eseguire un mandato penale contro una persona senza che si svolga un vero e proprio processo. Il 9 settembre Cosimo è quindi assegnato al confino per un anno a Padova. Il giorno 11 si tiene poi il Parlamento, l’assemblea di piazza delle grandi occasioni. Il Parlamento culmina come consueto con la nomina di una Balía, dotata di pieni poteri per provvedere sia a situazioni di emergenza sia alle materie meno impellenti ma altrettanto importanti.
Nel corso dei lavori della Balía vengono precisandosi i contorni della condanna dei Medici. Il provvedimento restrittivo a Cosimo è prolungato l’11 settembre a cinque anni, poi il giorno 29 a dieci, di nuovo con Padova come sede di Confino; il fratello Lorenzo è confinato per soli cinque anni a Venezia, mentre il cugino Averardo a Napoli. Su entrambi cade però la confisca di tutti i beni, l’esclusione da ogni ufficio politico e la condanna allo stato di magnati, che esclude, anche allo scadere della pena, la possibilità di accedere alle cariche maggiori.
La sera del 3 ottobre Cosimo viene fatto uscire dal carcere per prendere la via di Pistoia e inizia il suo lento viaggio verso il confino. Il percorso è rallentato non solo dalle incertezze di un contesto ancora molto pericoloso, ma anche dalle soste che l’ex prigioniero vuole fare per confortare gli amici, rassicurare gli alleati e prendere accordi con tutti gli interlocutori. Qualche settimana più tardi, mentre a Firenze è entrato in carica un nuovo Gonfaloniere di Giustizia con nuovi priori, meno maldisposti, il condannato può vedere i frutti della sua condotta rispettosa delle regole; quindi, chiede e ottiene che il confino si intendesse valido in tutto il territorio della Repubblica di Venezia.
Il 1° settembre 1434 avviene a Firenze un fatto che avrebbe rovesciato le sorti politiche di Cosimo. Nella periodica rotazione degli incarichi attraverso il meccanismo della tratta, capita che gran parte dei priori e lo stesso Gonfaloniere di Giustizia siano uomini vicini ai Medici. Intesa immediatamente l’opportunità, Cosimo fa arrivare a Firenze Antonio Martelli per sondare la disponibilità della Signoria a consentire il ritorno dei confinati.
A fine settembre è chiaro che l’operazione è possibile, e quindi Cosimo si appresta al rientro. Il giorno 25 la Signoria convoca per il 29 il Parlamento, nel quale la cancellazione del confino contro Cosimo e Lorenzo è stata pronunciata solennemente. In tutto questo i nemici della famiglia Medici rimangono sorprendentemente spiazzati dagli eventi, quasi che non avessero previsto neanche la possibilità di una situazione simile.
Il 6 ottobre la carovana medicea fa rientro alla villa di Careggi, ma soltanto in serata, in modo da non dare adito a disordini o manifestazioni pericolose, Cosimo entra in città, recandosi innanzitutto a visitare i priori in modo da dare al suo rientro una veste perfettamente legale. Nei primi mesi dopo il rientro in città, dal 1° gennaio 1435, Cosimo entra in carica come Gonfaloniere di Giustizia, il ruolo perfetto per poter dirigere la transizione ad un nuovo regime.
I rapporti di Cosimo de Medici con il papa
I primi anni della vita politica fiorentina dopo il ritorno dei Medici in patria sono strettamente intrecciati con la storia della residenza di papa Eugenio IV in città. Il papa arriva a Firenze nel 1434 e vi si trattiene fino all’aprile 1436, quando decide di spostarsi a Bologna. Il pontefice fa ritorno in città alla fine di gennaio del 1439 e vi rimane fino al 1443.
Cosimo non ha bisogno di incarichi ufficiali per essere un interlocutore privilegiato del papa, la quotidiana attività del Banco come tesoreria della Curia, la familiarità con i vari cardinali e i rapporti personali con i vari membri della Curia, sono già ragioni sufficienti perché Cosimo sia al cuore di quel complesso di persone e uffici che si è insediato a Firenze.
Avere per quasi dieci anni il papa e la Curia a Firenze, e soprattutto tenere quotidianamente le redini della gestione delle finanze pontificie, da a Cosimo un vantaggio strategico eccezionale. Per chiedere la concessione di un beneficio ecclesiastico o una promozione in ambito religioso, per ottenere dispense, grazie o privilegi, per vedersi attribuire incarichi amministrativi nello Stato pontificio o in generale per domandare l’intervento della Curia nei più disparati contesti di controversie, una delle vie più ambite ed efficaci è proprio scrivere a Cosimo. Il Medici guadagna così uno stuolo di postulanti soddisfatti e grati, che a seconda dei casi si sarebbero tramutati in alleati e amici, soci in affari.
La politica estera di Cosimo
In politica estera, Cosimo continua la tradizionale politica d’alleanza con Venezia contro Milano, governata dalla famiglia Visconti. In quel momento è duca Filippo Maria Visconti (1414-1447) il quale rinnova la guerra contro Firenze. Il Duca, nel 1435, invia l’esercito guidato da Niccolò Piccinino in soccorso di Lucca. Firenze, estremamente debole dal punto di vista militare è salvata dall’intervento di Francesco Sforza, all’epoca al soldo dei Veneziani, nella battaglia di Barga del 1437.
È però solo a fine giugno del 1440 che si giunge allo scontro decisivo: l’esercito milanese è battuto nella battaglia di Anghiari. I sette anni successivi vedono un progressivo avanzamento della lega veneto-fiorentina: l’indebolimento dei Visconti ha permesso a Venezia di assoggettare Ravenna nel 1441, mentre i Fiorentini ottengono la dedizione della città di Sansepolcro, acquistata da papa Eugenio IV.
Gli anni seguenti alla morte di Filippo Maria Visconti sono stati decisivi per l’ulteriore rafforzamento di Cosimo all’interno di Firenze. Il Medici da un lato entra in rotta con Venezia per questioni di carattere commerciale e finanziario e, dall’altro, ha la necessità di un potente alleato che venga in soccorso alla famiglia qualora sia in pericolo. La vittoria di Francesco Sforza e la sua proclamazione a duca di Milano permette al capofamiglia mediceo di ottenere un importante alleato.
Estremamente importante per il rafforzamento del prestigio di Cosimo all’interno e all’esterno di Firenze è il Concilio Ecumenico che si tiene a Firenze nel 1439. In quell’anno Cosimo riesce a convincere papa Eugenio IV a spostare il Concilio di Ferrara a Firenze. La presenza di delegati ecclesiastici cattolici e ortodossi nella città toscana non è soltanto fonte di prestigio per la piccola Repubblica e, di conseguenza, per Cosimo, ma anche per la stessa economia: la presenza di un evento di importanza mondiale rivolge gli sguardi dei sovrani italiani ed europei su Firenze.
Gli ultimi anni di Cosimo il Vecchio
Le vicende innescate dall’alleanza con Milano e l’avvio della seconda guerra con Alfonso di Napoli, offrono l’opportunità per un tentativo di consolidamento del regime poiché una situazione di emergenza militare facilita l’adozione di provvedimenti eccezionali per la libertà o la sicurezza del regime; quindi, può fornire il contesto adatto per modalità di governo straordinarie.
È così che nell’estate del 1452 emerge l’opportunità di istituire una nuova Balía alla quale sono conferiti poteri superiori a quelli che gli statuti attribuiscono al consiglio del comune e del popolo, ivi compresa l’elezione a mano della Signoria. La storia della Balía è comunque molto stentata e davvero soltanto l’emergenza dei pericoli che gravavano sulla città può giustificarne l’esistenza agli occhi di un certo tipo di ceto politico diviso e insoddisfatto.
All’indomani della pace di Lodi (1454), e soprattutto della firma della Lega italica del 1455, quella situazione di pericolo viene meno e non è più possibile mantenere una gestione straordinaria delle istituzioni. Nel maggio 1454 la Balía viene sciolta e di conseguenza anche l’estrazione a mano della Signoria da parte degli accoppiatori è abolita e le borse vengono chiuse, in un ritorno alle pratiche “ordinarie” di decisione politica e di distribuzione degli uffici.
Nelle vicende degli anni 1452-1455 si può quindi leggere un momento di forte affanno di Cosimo: la difficoltà nell’assicurare a Francesco Sforza i contributi finanziari necessari era in fondo proprio il segnale di quanto è complicato portare avanti una linea politica come quella cosimiana all’interno delle strutture costituzionali della Repubblica.
Nonostante tutto la posizione di Cosimo non è certo quella di un anziano leader in disarmo. Prendendo atto di quello che stava accadendo, il banchiere ha due vie: o tentare un colpo di mano per ripristinare quel regime di controllo che aveva avuto in passato oppure può sperare che gli uomini della parte più interna del regime, in una situazione di ripristino dell’ordinarietà, si accorgano che erano loro stessi i più danneggiati dal nuovo stato delle cose. Tra le due opzioni Cosimo ha la freddezza e l’intelligenza di scegliere la seconda, almeno nel breve periodo, e come al solito ha ragione.
Al traguardo dei settant’ anni, Cosimo può sicuramente guardare con soddisfazione alla posizione politica della sua famiglia, l’aver messo al sicuro i meccanismi interni dell’attribuzione delle cariche in città da una prospettiva di durata al ruolo di egemonia delle istituzioni cittadine. Si tratta di un’egemonia di reggimento, nel senso che il primato di Cosimo si basa innanzitutto sul rapporto di reciproco interesse con i diversi soggetti del ceto dirigente, che alimenta la tradizione di vicinanza ai Medici degli ufficiali al governo. La raffica di risultati d’immagine nella comunicazione pubblica ha enormemente amplificato il prestigio della famiglia e la sua attrattiva nei confronti dei diversi attori del panorama cittadino.
La morte di Cosimo de Medici detto il Vecchio
Nel 1463, dopo alcuni anni di malattia, muore Giovanni, il dolore in famiglia per la scomparsa del figlio è terribile. Cosimo ne parla anche col papa, perché Pio II ha la delicatezza di mandare una lettera ufficiale di condoglianze. Alla sofferenza personale si aggiunge la percezione di una perdita irrecuperabile sul piano politico per la famiglia. Morto Giovanni le sorti della consorteria Medici restano in mano di Piero, ma questi è già da tempo afflitto dalla gotta. In questa prospettiva Cosimo nel 1463 vede con pessimismo il futuro della sua famiglia.
Anche di fronte ai lutti e alle sofferenze personali Cosimo cerca comunque di condurre le imprese della casa e della politica con l’energia e la vitalità che gli sono proprie. Le sue iniziative sembrano assumere un tono più concentrato e pensoso, quasi alla ricerca di una giusta risposta al senso di precarietà del padre di famiglia anziano e sofferente.
La morte di Cosimo arriva il 1 agosto del 1464. Il suo corpo è portato nella chiesa parrocchiale di casa Medici, San Lorenzo. Nei mesi seguenti prese forma l’iniziativa delle magistrature della Repubblica di conferire alla memoria di Cosimo un titolo speciale. L’atto giunge formalmente il 20 marzo 1465, perché i pericoli di pestilenza hanno a lungo rallentato l’organizzazione di un momento pubblico. I consigli cittadini incaricano una commissione di Dieci cittadini per occuparsi delle cerimonie.
Il titolo di Padre della Patria è così assegnato solennemente alla memoria di Cosimo, e iscritto nella tomba realizzata nella sagrestia vecchia di San Lorenzo. È un titolo che evidentemente va ben oltre il riconoscimento alla persona, perché costituisce un primo tassello per la costruzione di una continuità politica della famiglia, ora guidata da Piero, in testa al governo fiorentino. Il titolo di Padre della Patria è inteso in maniera diversa da Piero e dai collaboratori di Cosimo: il primo spera di farne un fattore di continuità con il passato; per i secondi celebrare Cosimo significa sottolineare l’eccezionalità della sua figura e quindi l’impossibilità di replicarla.
Bibliografia:
- Tanzini L., Cosimo de’ Medici. Il banchiere statista padre del Rinascimento fiorentino, Roma, Salerno Editrice, 2022.
- De’ Medici A., Cosimo de’ Medici, il fondatore di una dinastia, in Storica, 2020, https://www.storicang.it/a/cosimo-de-medici-il-fondatore-di-dinastia_14877.
- Kent D., Medici, Cosimo, in Dizionario Bibliografico deli italiani, 73, Roma, 2009, pp.36-43.
- Black R., Humanism and education in Medieval and Renaissance Italy. Tradition and innovation in Latin schools from twelfth to fifteenth century, Cambridge, CUP, 2001, pp. 29 e seguenti.
- Alberti L.B, I Libri di famiglia, a cura di Romano R e Teneti A., nuova ed. a cura di Furlan F., Torino, Enaudi, 1994, pp. 20-21.
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- Tanzini L., Cosimo de’ Medici. Il banchiere statista padre del Rinascimento fiorentino, Roma, Salerno Editrice, 2022.
- Claudia Tripodi, I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia, DIARKOS, 2020.