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Sputnik: il compagno di viaggio che dà avvio all’Era spaziale
È la notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1957 quando una palla meccanica, al canto di un flebile bip bip, viene lanciata in orbita terrestre alla velocità di 8 Km/s. È lo Sputnik _ in russo compagno di viaggio _ il primo satellite artificiale, progettato dalla sovietica RKK Ẻnergija. Ha inizio l’era spaziale.
In un mondo bipolare, dominato dalle due superpotenze in lotta per la supremazia planetaria e fondato sull’equilibrio del terrore atomico, quella piccola sfera in alluminio, magnesio e titanio suscita negli americani inquietudine e impotenza e il presagio che il nemico abbia, andando oltre l’atmosfera, ottenuto un primo sinistro vantaggio, forse definitivo.
Uno smacco che viene sottolineato con decisione dall’intervento di un senatore democratico del Texas, il quale accusa l’amministrazione Eisenhower di snobbare la conquista dello Spazio. Il nome del senatore è Lyndon B. Johnson, che a Capitol Hill lancia come un razzo la sua accusa: “Primi nello Spazio significa primi in tutto! Gli Stati Uniti sono vittima di un’altra Pearl Harbor.”
Segue a distanza di un mese, a riprova che l’Urss è partita forte, un altro Sputnik con a bordo la cagnolina Laika, la prima eroina e martire dello Spazio, lasciata morire ‘dolcemente’ con una dose di veleno. Alla fine, il presidente Eisenhower decide che è arrivato il momento di creare una vera e propria agenzia spaziale, la NASA, con il preciso scopo di far fronte ai roboanti successi sovietici.
Così, la lotta per il primato mondiale si va spostando – oltre che sul terreno politico, economico, ideologico e militare – su quello collaterale e volatile dello Spazio: la luna, dunque, come sublimazione della Terza guerra mondiale. Luna che viene raggiunta e toccata dalla sonda sovietica Lunik 2, con tanto di gagliardetto falce e martello.
Il primo uomo nello Spazio
Nonostante l’impegno della NASA, Mosca manda in orbita altri cani le simpaticissime Belka e Strelka, che torneranno sane e salve sulla Terra, insieme a un esercito di topolini, mosche e funghi. Gli Stati uniti rispondono lanciando anche loro il primo essere vivente _ che non è nemmeno americano, essendo nato e cresciuto in Camerun _ lo scimpanzè Ham, il quale, dopo una terrificante accelerazione a 17 g a bordo di un missile Mercury-Redstone, non riesce però a raggiungere l’orbita terrestre.
In seguito a questo e altri fallimenti, nasce il programma Mercury, per il quale vengono reclutati sette astronauti tra i migliori piloti collaudatori della Nazione: sono i magnifici sette, che nelle loro fantascientifiche tute argentee, hanno il compito di colmare il ritardo dai sovietici.
Il motivo di questo gap tuttavia è da spiegarsi con un paradosso, ossia la superiorità tecnologica degli Stati Uniti. Tutti i veicoli spaziali sono infatti sostanzialmente missili balistici intercontinentali per il trasporto delle testate nucleari che, nel caso degli americani, sono più avanzate, più piccole e più leggere e che non necessitano di lanciatori particolarmente potenti. Le testate atomiche sovietiche, invece, più rudimentali e pesanti, hanno bisogno di lanciatori con maggior potenza, caratteristica che permette di montare sulla testa del razzo una capsula spaziale.
Così, con questo virtuoso deficit, i russi riescono a lanciare nello Spazio il primo uomo, Jurij Alekseeviç Gagarin che, girando intorno alla Terra e osservando in un susseguirsi rapido di albe e tramonti dalla sua Vostok 1, a conferma della superiorità sovietica, rimarca il granitico ateismo di Stato con una frase potente quanto il missile Semyorka che l’ha portato in orbita: “Da qua non vedo nessun Dio!”
Pochi giorni dopo la NASA risponde con Alan Shepard, il primo americano nello Spazio, ma il suo lancio è un successo a metà, non riuscendo a raggiungere l’orbita terrestre e confermando il ritardo degli Stati Uniti.
A settembre del 1962 alla Rice University di Houston, il presidente J. F. Kennedy, desideroso di riscattarsi dopo i fallimenti spaziali e il disastro della Baia dei porci con la mancata invasione di Cuba, annuncia la volontà di portare un uomo sulla Luna entro la fine del decennio. E così, forte di questo discorso, il maggiore dei marines John Glenn diventa, all’inizio dell’anno successivo, il primo americano in orbita, a bordo della navicella Friendship 7.
Gemini e Apollo: il sorpasso americano
Il progetto Mercury si conclude bene, ma ancora meglio quello sovietico Vostok, che stabilisce un altro primato, con la prima donna nello Spazio, la cosmonauta Valentina Tereshkova. È il 1963, ad autunno JFK viene assassinato a Dallas e la Nazione sprofonda in uno clima di sgomento e sfiducia, che però non impedisce al nuovo presidente Lyndon Johnson di annunciare un nuovo ambizioso programma spaziale, onorando la promessa di Kennedy di andare sulla Luna entro il decennio.
Il nuovo programma Gemini si inserisce in un contesto di recrudescenza della Guerra fredda, inasprita a seguito all’uscita di scena _ nonostante la crisi dei missili a Cuba _ dei principali attori attori della distensione, Kennedy e Nikita Kruscev, il cui posto viene preso da Leonid Breznev, con sommo sconcerto dei cosmonauti della Voskod 1 che trovarono lui al posto del vecchio segretario a congratularsi per il successo della missione.
Gemini ha dunque lo scopo di portare in orbita terrestre una serie di navicelle con due astronauti a bordo con il compito di effettuare cambi di orbita, orientare le capsule, stabilizzarle e frenarle, in una parola: pilotarle. Azione che i sovietici ancora non riesco a fare, essendo le loro navicelle telecomandate dalla Terra. Differenze tecnologiche e riflesso dei modelli sociali proposti dai due blocchi: da una parte la promozione della libertà individuale, dall’altra l’etica esattamente opposta e la pianificazione centralizzata.
Nonostante il nuovo primato sovietico della prima passeggiata spaziale, effettuata da Aleksej Leonov nel 1965, Gemini segna il sorpasso americano e punta decisamente al successivo programma spaziale Apollo, per portare gli americani sulla Luna.
Tuttavia, il 1967 è segnato da due gravi tragedie spaziali che colpiscono americani e sovietici: i primi subiscono la perdita di tre astronauti, Grissom, White e Chaffee a causa di un incendio durante una simulazione sulla rampa di lancio, i secondi con Vladimir Komarov, che muore schiantandosi a terra a bordo di una Sojuz.
Entrambi i programmi hanno un arresto, ma dopo una serie di collaudi e revisioni, ripartono, Gli Stati Uniti con la missione dell’Apollo 7 in orbita terrestre; l’Urss con il programma Sojuz – che muta il nome in Zond _ con il preciso intento di arrivare sulla Luna entro il 1968, anno terribile per gli Stati Uniti, che subiscono l’offensiva vietnamita durante il Capodanno del Têt e gli attentati a Martin Luther King e Bob Kennedy.
In particolare a preoccupare la CIA c’è la misteriosa Zond 5, lanciata verso il satellite con a bordo tartarughe, mosche, vermi e il manichino di un cosmonauta. Prove generali di un imminente allunaggio sovietico? Gli americani sembrano esserne certi e decidono di anticipare la prima missione con equipaggio in orbita lunare. “Gli Usa preparano un lancio verso la Luna a dicembre!” titola il New York Times. Gli fa eco il Washington Post: “L’Apollo 8 è pronto a circumnavigare la Luna!”
Il 21 dicembre 1968 gli astronauti Frank Borman, JIm Lovell e Bill Anders partono a bordo del razzo Saturno 5 progettato dall’ingegnere di origine tedesca Werner von Braun. Un mostro di 110 metri di altezza che, alla velocità di 40.000 Km/h, spinge l’equipaggio verso il primo viaggio nello spazio profondo, il primo dell’uomo verso un altro pianeta: non più una missione in orbita terrestre, ma un lancio a quattrocentomila chilometri di distanza.
L’Apollo 8 arriva in orbita lunare la Vigilia di Natale, durante la quale gli astronauti in collegamento con la Terra leggono alcuni passi della Genesi: “L’equipaggio dell’Apollo 8” conclude il comandante Borman, “augura buona sera, buona fortuna, buon Natale. E che Dio vi benedica, tutti voi che siete sulla Terra.” È la netta risposta al secolarizzante “Da qua non vedo nessun Dio” di Gagarin.
Sulla Luna!
L’anno che segue vede sempre di più l’avvicinamento degli americani alla Luna e una sorta di oblio dei sovietici. Due successive missioni Apollo completano i test per l’allunaggio, tra queste l’Apollo 10, che si toglie il ‘vezzo’ di battezzare i suoi due moduli con i nomi di Charlie Brown e Snoopy e di scendere con il LEM a pochi chilometri dalla superficie del satellite.
In quel 1969 i Creedence Clearwater Revival cantano Bad Moon rising: una luna cattiva che sorge e illumina le notti negli altipiani centrali del Vietnam, esponendo i soldati americani agli attacchi dei Vietcong. “Un’altra notte, un’altra imboscata” racconta il soldato James Gregory “e ti dicevano che un uomo stava camminando sulla Luna.”
Quell’uomo è Neil Armstrong da Wapakoneta, Ohio, comandante dell’Apollo 11 che, insieme al suo compagno di passeggiata Buzz Aldrin, arriva con Eagle nel Mare della tranquillità, mentre il modulo di comando pilotato da Michael Collins rimane in orbita ad aspettarli.
La promessa di Kennedy di mandare un uomo sulla Luna e la promessa di onorare i suoi intenti sono state mantenute. Mentre i primi uomini camminano per la prima volta su un altro pianeta, Lyndon Johnson non c’è più: logorato dalla guerra in Vietnam, rinuncia a candidarsi alla Casa Bianca per un altro mandato. Al suo posto c’è il repubblicano Richard Nixon. Ed è lui a fare la prima telefonata Terra-Luna con gli astronauti.
Seguono altre sei missioni Apollo e relativi allunaggi, tranne il 13 che a causa di un guasto deve rinunciare. Dodici uomini: Armstrong, Aldrin, Conrad, Bean, Shepard Mitchell, Scott, Irwin, Young, Duke, Cernan e Schmitt camminano così a un sesto della gravità terrestre tra i mari e le montagne del satellite, percorrendo decine di chilometri a bordo della Rover lunare, fino a quando, nel dicembre del 1972, il comandante dell’Apollo 17, Gene Cernan, con la medaglietta della Madonna di Loreto al collo, protettrice degli aviatori, diventa the last man on the Moon.
La fine di un’era
Le missioni prevedono di arrivare all’Apollo 20, ma le esorbitanti spese sostenute in Vietnam costringono a un drastico taglio. La vittoria americana nella conquista dello Spazio è tuttavia acclarata. Seguono un paio di anni durante i quali, tanto gli Stati Uniti, quanto l’Unione Sovietica si riposizionano con nuovi e più contenuti programmi spaziali.
Allo scopo vengono riciclati i razzi Saturno e convertiti in laboratori spaziali in orbita terrestre, gli Skylab, mentre i sovietici iniziano la costruzione della stazione spaziale orbitante Saljut. Tutto sembra volgere verso una pax spaziale imposta dalle circostanze, segnata però da una spettacolare missione in cui l’ascia smussata della Guerra fredda viene sotterrata.
Nel luglio del 1975, a pochi mesi dalla caduta di Saigon e la sconfitta degli Stati Uniti in Vietnam, parte la missione congiunta russo-americana Apollo-Soyuz Test Project. Una missione che va in direzione di una nuova distensione: già nel 1972 era stato infatti firmato un accordo di cooperazione per l’esplorazione dello Spazio per scopi pacifici tra la NASA e l’Accademia delle scienze sovietica.
L’Apollo-Soyuz Test Project sembra negare dunque tutte le energie profuse dal propellente rappresentato dalla corsa allo Spazio iniziata con lo Sputnik diciotto anni prima. In orbita terrestre le capsule delle due superpotenze si incontrano effettuando il docking, un aggancio che permette ai due equipaggi di passare da una navicella all’altra e scambiarsi abbracci e regali.
La conquista dello Spazio, nella sua prima eroica fase novecentesca, si può dunque dire felicemente conclusa con una join-venture tra Usa e Urss. A rimarcare l’happy end è il comandante dell’Apollo Tom Stafford che, trovandosi davanti i cosmonauti sovietici, li saluta in russi con il suo forte accento dell’Oklahoma.
Sitografia:
https://www.nasa.gov/history/explore-nasas-history/
Consigli:
Documentario in inglese sulla missione dell’Apollo 8, la prima con equipaggio umano verso la Luna, seconda per importanza solo a quella dell’Apollo – https://www.youtube.com/watch?v=UhsB13gYbvA
Documentario della NASA sulla missione Apollo 11 e il primo allunaggio – https://www.youtube.com/watch?v=S9HdPi9Ikhk
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Walter Cunningham, I ragazzi della Luna, Mursia, Milano, 2009.
- Eugene Cernan e Don Davis, L’ultimo uomo sulla Luna, Cartabianca, Bologna, 2009.
- James Hansen, First man, Rizzoli, Milano, 2018.