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La Controriforma: gli antefatti
31 ottobre 1517: Martin Lutero affigge sulle porte del castello di Wittenberg le sue 95 tesi. Quello che doveva essere solo un dibattito accademico-filosofico diviene una rivoluzione di portata smisurata. Le sue idee mettono in crisi l’equilibrio dell’Europa del XVI secolo in maniera irrimediabile, e non soltanto per motivi religiosi. Se da un lato infatti il popolo appoggia senza riserve Lutero, stanco tra le altre cose di dover pagare annualmente una decima per una chiesa che non li soddisfa come un tempo; quello ideologico non è l’unico motivo che spinge l’aristocrazia tedesca (e non solo) ad appoggiarlo.
Grande protettore della chiesa di Roma è il neo eletto imperatore Carlo V, in quel momento l’uomo più potente della terra: l’unico modo per opporsi efficacemente al suo potere, se non con la forza, era appoggiare l’ideologia protestante, trasformando la religione in uno strumento della politica.
La reazione della Chiesa cattolica alla riforma luterana
La reazione alla riforma luterana da parte della chiesa non tarda certo ad arrivare: nel 1520 papa Leone X pubblica la bolla “Exsurge domine” (“Sorgi, oh Signore”) in cui concede a Lutero 60 giorni per ritrattare le sue tesi minacciando in caso contrario la condanna per eresia. Ma tra l’entusiasmo dei suoi sostenitori, e certo dell’appoggio del suo più grande protettore (Federico di Sassonia) Lutero brucia pubblicamente la suddetta bolla, insieme al Corpus Iuris Canonici.
Il papa non esita a reagire, e pubblica un’altra bolla intitolata “Decet romanum Pontificem” (“conviene al romano Pontefice”) , in cui scomunica ufficialmente Martin Lutero. Questo permette a chiunque di ucciderlo senza subire ripercussioni, e lo rende di fatto un perseguitato. Spetta all’imperatore arrestarlo e consegnarlo alla Santa Sede; ma Carlo V, anche per non provocare una reazione da parte dei potenti principi tedeschi, sceglie una via più diplomatica: e così, nel 1521, viene convocata una dieta a Worms.
Con grande sorpresa, il riformatore è preda di un momento di debolezza, e chiede un giorno di tempo per riflettere, tempo che l’imperatore gli concederà fiducioso. Ma la speranza di Carlo di risolvere pacificamente la questione sfuma quando, sostenuto e persuaso da Federico di Sassonia, il frate tedesco rifiuta di ritrattare con queste parole: “[…]non credo né al papa né ai concili da soli, essendo evidente che hanno spesso errato – io sono vinto dalla mia coscienza e prigioniero della parola di Dio a motivo dei passi della Sacra Scrittura che ho addotto. Perciò non posso né voglio ritrattarmi, poiché non è sicuro né salutare agire contro la propria coscienza. Dio mi aiuti. Amen». L’imperatore reagisce in maniera ambivalente al fatto: se da un lato infatti concede e rispetta un salvacondotto al frate per allontanarsi, dall’altro promette di prendere provvedimenti contro di lui.
Cosa si intende per Controriforma
Sicuramente la più importante reazione alla riforma protestante è quella che conosciamo come Controriforma o Riforma Cattolica. Prendendo in considerazione quel lasso di tempo che va dal concilio di Trento alla pace di Vestfalia, quello della Controriforma è un periodo di rigenerazione spirituale e morale che la Chiesa di Roma visse a seguito della riforma protestante.
Col nome di controriforma, o restaurazione cattolica, si designa tutta la varia e multiforme opera svolta dalla Chiesa per porre argine al dilagare della Riforma protestante, e riconquistare le vaste cerchie di popolazione che questa aveva strappate alla cattolicità. – Enciclopedia Italiana Treccani
Il Concilio di Trento
L’opera della Controriforma si concentra soprattutto nel concilio di Trento, fortemente auspicato da Carlo V e convocato dopo moltissime peripezie. L’imperatore infatti sostiene che sia fondamentale per la pacificazione politica e religiosa della Germania, ma deve attendere anni prima che abbia finalmente luogo a Trento. Il concilio viene interrotto da ben tre pause, e dura 18 lunghi anni.
La città viene scelta, oltre perché situata nel territorio imperiale, per favorire la presenza dei protestanti, in un tentativo di riconciliazione; ma essi non partecipano, non riconoscendo l’autorità del papa. Durante il concilio viene di fatto riaffermata la dottrina cattolica, rispondendo ad ognuna delle obiezioni che Lutero aveva rivolto a Roma, tenendo tuttavia conto delle carenze della Chiesa che la riforma aveva di fatto evidenziato.
Anzitutto, si riafferma la validità e l’importanza delle opere al fine della salvezza, contro il principio protestante di “sola fide“, che tra l’altro non teneva neanche conto della lettera di S. Giacomo, contenuta nel Nuovo Testamento e che sosteneva la necessità di sostenere la propria fede con le opere.
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.-Gc 2; 14-17
Gli uomini infatti, al contrario di quanto era stato sostenuto dai riformati, sono in grado di cogliere la differenza e scegliere tra il bene e il male, perché creati liberi e a immagine e somiglianza di Dio; ed è dunque determinante agli occhi del Signore se preferiscano compiere il bene o il male. Per ciò che concerne la Scrittura, la Santa Sede vieta la traduzione in volgare, lingua da non utilizzarsi nemmeno durante le funzioni religiose, opponendosi così all’opera di traduzione già cominciata da Lutero e imponendo la Vulgata Geronimiana come unica versione valida della Bibbia.
Alla pretesa dei luterani di interpretare da sé le sacre scritture (principio del sacerdotium universale), la Chiesa risponde riaffermando che le Sacre scritture possono e devono essere interpretate esclusivamente dal clero, sempre tenendo conto della Traditio Ecclesiae (che i protestanti rifiutavano). Si riafferma la validità di tutti e sette i sacramenti, in quanto strumenti di grazia istituiti da Gesù Cristo; e non solo il Battesimo e l’Eucarestia. Questa è da interpretarsi come mutamento del pane in corpo di Cristo e del vino in Sangue di Cristo (transustanziazione).
Gli accidenti (l’aspetto esteriore, il pane e il vino) rimangono sì invariati, ma è l’essenza a cambiare con la consacrazione. Ciò è in netta contrapposizione con ciò che sosteneva la dottrina luterana (consustanziazione): infatti i protestanti non attribuivano alcuna importanza al pane e al vino consacrati, che terminata la funzione tornavano ad essere tali e non rimanevano corpo e sangue di Cristo, proprio come il ferro che acquista nuove proprietà immerso nel fuoco ma torna alla sua condizione iniziale una volta raffreddatosi.
Una riforma dall’interno: il concilio di Trento
Alcuni decreti stabiliti dal concilio di Trento vanno di fatto ad affrontare problemi che l’esperienza della riforma protestante aveva messo in evidenza, riformando la Chiesa dall’interno. Per evitare che i prelati potessero limitarsi a percepire le rendite derivanti dai benefici senza curarsi dei compiti spirituali, si stabilisce che i vescovi e i parroci fossero obbligati a risiedere nelle località in cui erano stati assegnati. I vescovi poi avrebbero dovuto visitare annualmente le parrocchie delle loro diocesi, per vigilare personalmente sulla moralità e sulla fedeltà dei parroci e delle comunità parrocchiali.
Forme di vita scandalose del clero, come la simonia e il concubinato, vengono apertamente condannate, e l’impegno fondamentale è quello di moralizzare nuovamente la vita religiosa. A questo scopo, oltre che per porre fine alla confusione teologica e formare alla vera dottrina i futuri sacerdoti, viene un seminario per ogni diocesi. Si costituisce poi una commissione, che avrebbe redatto il catechismo romano per esporre in modo chiaro e semplice la dottrina cattolica, anche per difenderla dall’eresia. Quella della moralità è una questione molto cara alla Chiesa della controriforma: a questo scopo nascono anche nuovi ordini religiosi, come la Compagnia di Gesù, fondata dal santo spagnolo Ignazio di Loyola.
L’inquisizione: tra realtà e leggenda
Ma se durante il periodo della Controriforma la Chiesa è caratterizzata da un atteggiamento più benigno verso le debolezze e le inclinazioni umane, ciò non significa che la lotta all’eresia non sia forte. Per difendersi dagli eretici riprende forza (si trattava infatti di un’istituzione preesistente) il Tribunale dell’inquisizione: in particolare, gli storici distinguono tra Inquisizione Romana e Spagnola. E c’è un motivo molto semplice che porta alla nascita di un tribunale distinto nella penisola iberica, ed è da ricercarsi nelle condizioni uniche dei regni spagnoli del XV secolo.
I re cattolici Fernando d’Aragona e Isabella di Castiglia si trovano infatti a dover affrontare problematiche che coinvolgono unicamente i loro regni, e che sono da un lato la presenza dei Mori, che facevano pressioni dal Sud del paese e costituivano una minaccia concreta all’ordine alla sicurezza; e dall’altro la necessità di verificare la “Limpieza de Sangre” dei “conversos“. Indicati con questo nome, essi erano gli ebrei del paese convertitisi al cattolicesimo.
Con i decreti di Granada del 1492 infatti i re cattolici avevano espulso gli Ebrei dalla penisola iberica, ma di fatto permettevano loro di rimanere e mantenere tutti i loro beni qualora si fossero convertiti al cattolicesimo. Spettava all’inquisizione, tra gli altri compiti, occuparsi di verificare che si trattasse di una conversione autentica, e che gli ex ebrei non giudaizzassero (ovvero non continuassero a praticare il loro culto in segreto o che la loro fede non fosse “contaminata” da usanze ebraiche come l’astensione dalla carne suina o dal lavoro il sabato).
L’inquisizione spagnola è meno dura di quella Romana: le torture devono essere svolte esclusivamente sotto la supervisione del medico, e per non più del tempo prestabilito e accuratamente misurato. Non potevano essere processati tutti coloro che aderissero apertamente ad un’altra fede, ma solo coloro che si professassero cattolici, e l’Inquisizione non operava nei Vice Regni e tutti i procedimenti venivano verbalizzati (ancora oggi è possibile consultare questo tipo di documenti nella loro copia originale).
I provvedimenti del tribunale dell’inquisizione di Roma erano sicuramente più incisivi rispetto a quelli dei “colleghi” spagnoli, soprattutto perché la Riforma Protestante aveva avuto un impatto più forte su quello che era il vero e proprio cuore della fede cattolica, ma non è comunque corretto affidarsi a stereotipi per descriverne l’azione: essa offriva le stesse garanzie di quella spagnola, e proprio come nella penisola iberica tutte le accuse dovevano essere confutate prima di portare avanti il processo. È a questo scopo che si svolgevano indagini, per lo più nella più totale segretezza.
In caso di abiura poi, l’imputato non sarebbe incorso in alcuna sanzione proprio in virtù del suo pentimento: questo era il vero scopo dell’inquisizione, il pentimento, e non bruciare al rogo gli eretici. Quest’ultima opzione costituiva quasi un vero e proprio fallimento per l’inquisitore, che non era riuscito a far ravvedere l’imputato.
Controriforma e arte
Anche in ambito artistico la controriforma ha le sue conseguenze, e Roma assume un atteggiamento più rigido nei confronti delle arti figurative, seppur ribadendone la liceità e affidandone il controllo agli ecclesiastici. Più che altro, era di fondamentale importanza insistere sull’aderenza ai fatti della storia cristiana, e rispettare nelle rappresentazioni le verità teologiche.
Inoltre la Chiesa procede a verificare che tutte le opere prodotte siano conformi al buon costume ( è per questo motivo che, ad esempio, il “Giudizio Universale” che Michelangelo dipinse nella Cappella Sistina suscito notevoli e gravi polemiche). In musica si ha cura che i testi dei canti siano comprensibili ai fedeli, e furono eliminati tutti quei superflui virtuosismi che avevano “contaminato” la musica sacra.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- E. Bonora, La Controriforma, Laterza, Bari, 2001.
- E. Iserloh, J. Glazik, H. Jedin, Riforma e Controriforma, Jaka book, 1993.
- Ronnie Po-chia Hsia, La Controriforma. Il mondo del rinnovamento cattolico, Il Mulino, 2009.