CONTENUTO
Il 29 settembre 1938 nell’estremo tentativo di trovare un accordo sulle sorti della Cecoslovacchia, senza ricorrere necessariamente alla guerra, si svolge la Conferenza di Monaco alla quale prendono parte Germania, Italia, Francia e Inghilterra. Alla fine della giornata, nella quale Benito Mussolini ricopre il ruolo di mediatore tra le parti, Francia e Inghilterra si piegano alla volontà di Adolf Hitler acconsentendo alla cessione della regione dei Sudeti da parte della Cecoslovacchia alla Germania. Gli abitanti di nazionalità ceca che abitano in quei territori sono costretti ad abbandonare la regione che viene integrata al Terzo Reich.
I tentativi di mediazione di Chamberlain
L’annessione dell’Austria alla Germania avvenuta il 12 marzo 1938 attraverso l’Anschluss non sazia gli appetiti di espansione di Hitler che rende pubblica nei mesi seguenti una nuova rivendicazione territoriale, fondata anche essa su motivi etnici e sulla sua teoria della conquista dello spazio vitale (Lebensraum) per la Germania. Si tratta dei Sudeti, ovvero di quella regione interna alla Cecoslovacchia dove vivono oltre tre milioni di tedeschi.
Anche in questa circostanza, come è già avvenuto per l’Austria, il dittatore agisce inizialmente mobilitando i nazisti che si trovano nella regione i quali si attivano formulando richieste sempre più pressanti al governo ceco per ottenere maggiori autonomie per la comunità tedesca. Tutto ciò però non basta ad accontentare Hitler che il 12 settembre 1938 annuncia al congresso del Partito Nazionalsocialista a Norimberga la volontà di risolvere una volta per tutte la questione dei Sudeti.
Il discorso allarma Francia e Inghilterra e il giorno seguente il settantenne primo ministro britannico Arthur Neville Chamberlain, maggior sostenitore della politica di appeasement, invia un messaggio a Hitler chiedendo un incontro immediato per discutere della questione nell’intento di trovare una soluzione pacifica. Così il 15 settembre Chamberlain si reca nella tana del lupo a Berchtesgaden dove viene frastornato dal monologo del Fuhrer che afferma di non volere la dissoluzione della Cecoslovacchia ma soltanto far rientrare nella madrepatria i tanti tedeschi che popolano quelle zone.
Al rientro a Londra Chamberlain convince il proprio gabinetto della necessità di accontentare Hitler per salvare la pace. Ottenuto l’assenso nel proprio paese e da parte del governo francese il primo ministro inglese riparte per la Germania dove ha un secondo incontro con Hitler a Godesberg, sul fiume Reno. Qui spiega al dittatore come al termine di laboriose trattative il governo di Praga abbia accettato di cedere alla Germania il territorio dei Sudeti. Hitler però, avendo compreso che Parigi e Londra non sono disposte a impegnarsi in una guerra generale, moltiplica le proprie richieste esigendo che entro il 1 ottobre 1938 le zone abitate in maggioranza da tedeschi siano sgomberate dalle popolazioni e dalle truppe cecoslovacche alle quali subentreranno immediatamente quelle tedesche e che, nel giro di qualche settimana, siano indetti plebisciti in tutte le zone dove risiedono minoranze tedesche per decidere l’annessione al Reich.
A Chamberlain, che tenta in tutti i modi ma inutilmente di ammorbidire la posizione del suo interlocutore, non resta che rientrare in patria da sconfitto. L’Europa sembra in quel momento sull’orlo della guerra. La Cecoslovacchia ordina la mobilitazione generale, il premier francese Édouard Daladier annuncia il rinforzo delle guarnigioni lungo la linea Maginot, mentre l’ammiragliato britannico si prepara a mobilitare la flotta. Hitler risponde alla sua maniera annunciando che la Germania comincerà l’invasione della Cecoslovacchia se il governo di Praga non accetta le sue proposte entro le ore 14 del 28 settembre.
La Conferenza di Monaco del 1938
E’ a questo punto che entra in gioco l’Italia che è rimasta sostanzialmente passiva nelle settimane precedenti. Il Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano ha assunto una posizione prudente sulla vicenda, mostrando di essere sostanzialmente d’accordo con le rivendicazioni tedesche ma sostenendo anche l’importanza di raggiungere una soluzione integrale della questione cecoslovacca.
La mattina del 28 settembre alle 10, quando oramai la situazione è disperata quattro ore prima che le ostilità abbiano inizio, Sir Eric Drummond lord Perth, ambasciatore inglese a Roma, telefona a Ciano chiedendo udienza. Viene ricevuto immediatamente e informa l’interlocutore che Chamberlain chiede l’intervento di Mussolini per una mediazione politica tra le parti. Il duce appoggia la richiesta inglese e contatta il Fuhrer il quale acconsente alla proposta di incontrarsi in una Conferenza ponendo come unica condizione la sua presenza all’incontro.
Mussolini e Ciano partono la sera stessa da Roma; arrivati a Kufstein sono raggiunti da Hitler con il quale riprendono il viaggio fino a Monaco, la città dove si tiene la Conferenza. I rappresentanti di Germania, Italia, Francia e Inghilterra si incontrano il 29 settembre, dopo mezzogiorno, in una sala del Fuhrerhaus, edificio da poco costruito. L’ambasciatore francese a Berlino Francois Poncet annota nel suo diario l’aspetto dei protagonisti della Conferenza:
“Mussolini, tozzo, stretto nella sua uniforme, la maschera cesariana, con aria di protezione e molto a suo agio, come a casa sua, fiancheggiato da Ciano grosso giovanotto vigoroso sempre intorno al suo padrone, ufficiale di ordinanza più che Ministro degli Affari Esteri; Chamberlain, un poco grigio, curvo, le sopracciglia folte, un tipo di vecchio uomo di legge britannico; Hitler amabile, nonostante la sua voce burbera e contadina, ma turbato, agitato, assai pallido, e del resto impossibilitato a parlare con i suoi invitati dato che ignora l’inglese, il francese, l’italiano e i suoi ospiti non capiscono il tedesco salvo Mussolini, che il Fuhrer non abbandona un istante”.
Per alcune ore la discussione si trascina faticosamente in un clima dove a regnare è l’incertezza e la diffidenza reciproca. A parlare sono sopratutto Édouard Daladier e Chamberlain che affrontano il nodo decisivo della vicenda tentando di capire se la cessione dei Sudeti comporterà anche la dissoluzione della Cecoslovacchia; Mussolini, però, li rassicura sulle reali intenzioni di Hitler ed è proprio lui a sbloccare la situazione nel tardo pomeriggio tirando fuori dalla tasca un foglio dove sono scritti degli appunti. Il duce lo presenta abilmente come un progetto originale italiano, ma in realtà non sono altro che le condizioni già preparate dai tedeschi che prevedono l’annessione dell’intero territorio dei Sudeti con lo sgombero della regione della popolazione ceca.
In questi momenti decisivi per il buon esito della Conferenza di Monaco del 1938 Francois Poncet è abile nel cogliere il particolare feeling che lega Hitler al capo del fascismo:
“In piedi accanto a lui Hitler lo cova con lo sguardo, ne subisce l’attrazione, è come affascinato, ipnotizzato; quando il Duce ride egli ride; se il Duce si acciglia, egli si acciglia; è un vero spettacolo di mimetismo che doveva lasciarmi un’impressione duratura e farmi credere che il Duce esercitasse sul Fuhrer un ascendente ben stabilito. Effettivamente quel giorno lo esercitava”.
Il patto di Monaco del 1938
La trattativa si avvia alla conclusione con la stipula del patto di Monaco con il quale viene riconosciuta l’annessione dei Sudeti alla Germania mentre l’esistenza e la sovranità della Cecoslovacchia rimangono per il momento salve, almeno sulla carta. Firmando l’accordo, infatti, e riconoscendo il principio dello smembramento, sarà molto semplice per Hitler procedere successivamente all’occupazione totale del paese.
Il patto di Monaco viene raggiunto senza la presenza dei delegati cechi alla conferenza nella quale si è deciso le sorti del loro paese. Soltanto dopo le nove di quella fatidica giornata alcuni membri della delegazione francese e inglese incontrano i rappresentanti della Cecoslovacchia per informali della decisione presa. La notte la radio diffonde la notizia dell’accordo raggiunto non evidenziando ovviamente che il reale vincitore dell’incontro è Hitler, ma soffermandosi, invece, sul fatto che la pace è stata salvata.
Chamberlain, Daladier e Mussolini sono accolti al rientro nelle rispettive nazioni da imponenti manifestazioni di entusiasmo popolare e acclamati come i salvatori della pace. Nonostante le esaltazioni propagandistiche, però, quella che si salva a Monaco è una pace precaria e assai fragile e oltretutto strappata a caro prezzo. Sottomettendosi alla volontà di Hitler, Francia e Inghilterra distruggono la loro credibilità aprendo la strada a nuove possibili aggressioni tedesche.
Chamberlain è invece convinto del fatto che la sua politica di appeasement abbia ottenuto un importante successo; atterrato a Londra pronuncia una frase rimasta famosa: “E’ la pace per la nostra era“. Non manifesta lo stesso entusiasmo Winston Churchill che commenta amaramente: “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra“.
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- Richard J. Overy, Crisi tra le due guerre mondiali (1919-1939), Il Mulino, 2009.