CONTENUTO
Antefatti: il Secondo Impero di Napoleone III
Nel 1851 il Presidente della Seconda Repubblica, Luigi Bonaparte, nipote di Napoleone, sostenuto dai conservatori, dall’esercito e da una parte dei contadini, scioglie l’Assemblea Legislativa e, per mezzo di un plebiscito, viene proclamato imperatore con il nome di Napoleone III: è il Secondo Impero.
Durante gli anni bonapartisti la Francia conosce un notevole sviluppo economico grazie anche alle espansioni coloniali. I francesi stabiliscono il proprio controllo sull’Algeria, Senegal, Cambogia e parte del Vietnam. Nel 1855, durante l’Esposizione Universale di Parigi, la Francia celebra la grande industria e gli sviluppi dell’economia liberista ottenuti sotto il governo di Napoleone III: crescita della produzione del ferro e del carbone; miglioramento della rete ferroviaria; aumento del commercio estero.
In questo periodo inoltre viene dato un nuovo volto urbanistico alla metropoli parigina con le demolizioni e la nascita dei sontuosi boulevard. I boulevard vengono realizzati nei quartieri centrali della città e si inquadrano in quel progetto di ricostruzione e riconversione attuata da Haussmann. Essi hanno anche una funzione militare in quanto sono strade molto ampie, di trenta metri, che rendono molto difficile la creazione di barricate in occasione di possibili ribellioni popolari.
Questo sviluppo è pagato però a caro prezzo dalle classi più povere. La ristrutturazione urbanistica operata da Haussmann non interessa infatti tutta la città ma si concentra unicamente nei quartieri centrali nei quali gli affitti aumentano considerevolmente portando le famiglie più povere a migrare verso la periferia dove, separati nettamente rispetto al resto della città, nascono i quartieri operai. Questi si popolano anche di tutti coloro che, richiamati proprio dalla possibilità di un impiego in seguito ai lavori urbanistici di Haussmann, si spostano dalle campagne verso la città ingrossando così la componente operaia parigina.
La politica estera sotto l’Impero di Napoleone III
In occasione della Seconda Guerra d’Indipendenza italiana contro l’Austria che porterà all’unificazione d’Italia nel 1860, la Francia sotto Napoleone III si allea con Cavour e Vittorio Emanuele II. Il conflitto è sostenuto anche dalla Prussia che sta prendendo, in quegli anni, il posto dell’Impero Asburgico nel ruolo di primo piano all’interno della Confederazione degli Stati germanici.
L’Austria, infatti, sta attraversando un periodo di forte difficoltà in seguito ai continui e numerosi contrasti fra i diversi gruppi nazionali in essa presenti, ciascuno con la propria aspirazione all’autonomia, mentre la Prussia, guidata dal cancelliere Otto Von Bismarck e dal re Guglielmo I, ha dato avvio ad un imponente sviluppo industriale e bellico, mostrandosi quindi forte e con l’ambizione di creare un potente Stato tedesco. Questo progetto prussiano ha come primo ostacolo l’Austria.
Il contrasto austro-prussiano si acuisce nel 1864-65 in seguito anche all’amministrazione di alcuni ducati danesi in cui vivevano anche popolazioni tedesche, e ciò porta allo scoppio della guerra che si conclude nel 1866 con la pace di Praga e la vittoria prussiana. La Danimarca è costretta a cedere i territori contesi con il conseguente allargamento della Confederazione germanica.
La Prussia sconfigge duramente l’Austria nella battaglia di Sadowa dimostrando la sua potenza militare, ottenendo maggiori consensi nella Confederazione degli Stati tedeschi ed affermando il suo ruolo egemone di guida del mondo germanico, estromettendo così l’Impero asburgico da questa sua tradizionale posizione di privilegio. Nel 1866 Bismarck fonda la Confederazione Germanica del Nord comprendente tutti gli Stati tedeschi a nord del fiume Meno che vengono posti sotto la direzione prussiana; l’Austria ne è estromessa.
La Prussia, intenzionata a proseguire il suo progetto di creazione di un grande Reich tedesco sotto la corona degli Hohenzollern, si volge dunque contro la potenza francese per riprendersi i territori germanici dati alla Francia con i trattati di pace di Westfalia del 1648 siglati dopo la guerra dei trent’anni.
Il casus belli è dato dalla questione dinastica del trono spagnolo poiché i prussiani spingono affinché venga affidato a Leopoldo di Hohenzollern, parente del re di Prussia, scatenando cosi la reazione del governo francese.
La Francia dichiara pertanto guerra alla Prussia il 19 luglio 1870 ma viene duramente sconfitta. L’esercito francese si dimostra impreparato e debole davanti al ben organizzato esercito tedesco, il più potente d’Europa, e mentre una metà è costretto ad arrestarsi nella fortezza di Metz, a nord-est della Francia, l’altra metà viene accerchiata a Sedan, presso il confine con il Belgio. Il 2 settembre, dopo tre giorni di combattimenti, l’imperatore Napoleone III è costretto alla resa e fatto prigioniero. Il 18 gennaio 1871, nella reggia di Versailles, luogo simbolo della potenza dei re francesi, Guglielmo I viene incoronato imperatore tedesco. Le condizioni di pace imposte alla Francia da Bismarck col trattato di Francoforte del 10 maggio 1871, sono durissime:
- una pesante indennità di guerra;
- mantenimento delle truppe d’occupazione tedesche nel proprio territorio fino al completo pagamento di questa indennità;
- cessione dell’Alsazia e della Lorena, due province di confine di estrema importanza economica e strategica.
Per la Francia si tratta di una vera e propria umiliazione.
La proclamazione della Comune di Parigi
Dopo la sconfitta di Sedan, mentre il governo francese sta ancora negoziando la pace con la Prussia, il popolo della capitale insorge e sancisce la fine del Secondo Impero. Sono sciolti il Senato e l’Assemblea Nazionale, ed è nominata una Guardia Nazionale. L’armata prussiana giunge a Parigi il 19 settembre 1870 ma le forze popolari rifiutano di arrendersi e cedere la città. Inizia così un lungo assedio.
Ad insorgere non è tutto il popolo francese ma solo quello della capitale che vede nella caduta di Napoleone l’occasione per ribellarsi ad un governo che non è riuscito a sanare le tensioni politiche e sociali che avevano dato origine alle ribellioni del 1848 ma, al contrario, ha accentuato le disparità sociali attraverso una politica economica sfavorevole per le classi più povere.
La popolazione delle campagne e dei centri minori limitrofi, stremata dalla guerra, vuole invece la pace e la fine del conflitto. Questa frattura tra mondo contadino e città condiziona le elezioni della nuova Assemblea Nazionale che si tengono l’8 febbraio 1871. Dalle urne, grazie al voto delle campagne, sale al potere una maggioranza moderata e conservatrice presieduta da Adolphe Thiers che forma un governo così composto: il generale Trochu, monarchico e clericale, prende l’incarico di comandante militare; Jules Favré al Ministero degli Esteri; Léon Gambetta all’Interno; Ernest Picard alle Finanze.
Il nuovo governo ha come compito principale quello di continuare la guerra contro la Prussia e resistere all’invasione nemica ma, in realtà, i Ministri spingono per accettare la pace poiché dubitano delle possibilità di poter resistere ancora all’esercito prussiano. L’Assemblea Nazionale si sposta a Versailles, e i reparti dell’esercito così come i funzionari governativi sono ritirati dalla capitale. Parigi è abbandonata a se stessa, guidata unicamente dalla Guardia Nazionale in cui sono presenti elementi della sinistra più accesa ed operai.
Il 18 marzo 1871 il governo francese ordina la consegna delle armi, tra cui i cannoni di Montmatre che il popolo parigino aveva acquistato attraverso una sottoscrizione pubblica alla quale aveva partecipato, tra gli altri, anche Victor Hugo. Il comando della Guardia Nazionale rifiuta però di obbedire e proclama la Comune. I soldati, mandati dal governo francese, fraternizzano con il popolo e fucilano i loro generali. Sono occupate caserme, prefetture e la sede del Municipio.
Ogni quartiere elegge il proprio comitato di vigilanza, ogni battaglione della Guardia Nazionale sceglie i suoi delegati. Sono messi sotto accusa i membri del governo che hanno accettato la pace con la Prussia con condizioni che umiliano la Francia.
La Comune di Parigi
La Comune è proclamata da 85 delegati di quartiere, sostenuti dall’entusiasmo popolare, ed appartenenti a diverse correnti politiche: la maggioranza sono giacobini, ma vi sono anche rivoluzionari indipendenti, radicali e membri della sezione francese dell’Associazione internazionale dei lavoratori. Gli obiettivi di questo nuovo governo sono:
- realizzare il federalismo con la creazione di uno Stato fatto di città e villaggi autonomi su cui la Comune avrebbe avuto una posizione di preminenza;
- il decentramento dei poteri;
- la democrazia diretta;
- l’abolizione dello Stato, così come quella dei ministri, dei poliziotti e dell’esercito permanente.
Inoltre si vuole un miglioramento delle condizioni lavorative e una maggior centralità del movimento operaio da ottenere con:
- l’imposizione di salari più equi;
- l’abolizione dello sfruttamento dei lavoratori attraverso l’auto-organizzazione operaia e l’appropriazione dei mezzi di produzione;
- il favorire dell’unione tra lavoratori e la nascita di Associazioni operaie;
- la riduzione dell’orario di lavoro, lasciando così maggior tempo da dedicare all’istruzione e alla famiglia.
I beni ecclesiastici sono confiscati ma la libertà di culto è garantita. L’istruzione é resa gratuita e accessibile a tutti. Si afferma la libertà di parola e di stampa, fioriscono i giornali e i club dove si svolgono riunioni in cui chiunque può prendere la parola, anche le donne. Quest’ultime hanno un ruolo centrale nell’esperienza rivoluzionaria. Nascono infatti anche Comitati e club femminili, sono creati dei laboratori per dare lavoro alle donne e diffusi argomenti che torneranno nel Novecento come l’uguaglianza di genere sul piano sociale, la parità di salari e la possibilità di voto. Tra le maggiori esponenti di questo movimento femminile ricordiamo Louise Michel.
Tuttavia non viene creato un nuovo sistema economico e questo sarà uno dei problemi della Comune perché la Banca andrà a finanziare i controrivoluzionari e i fedeli di Thiers. Altra criticità sarà l’incapacità dei comunardi di coinvolgere altri comuni espandendo la ribellione ad un territorio più ampio di quello unicamente parigino.
La fine della Comune di Parigi
Nel maggio 1871 l’armata di Versailles accerchia Parigi. Già da due mesi Thiers preparava la repressione e grazie all’aiuto tedesco – lo stesso Bismarck gli restituisce numerosi prigionieri (130 mila) per domare la rivoluzione – riesce a mettere fine alla Comune. Il 21 maggio l’esercito, guidato dal generale Mac-Mahon ed entrato dalla porta di Saint Cloud, invade i quartieri ricchi e nella mattina si riversa nella città; sebbene venga bloccato dalle barricate di Tuileries, un terzo di Parigi è già perso dai comunardi.
I combattimenti continuano per molti giorni e sono violentissimi causando numerosissimi morti. Anche le donne partecipano agli scontri e si battono al fianco degli uomini ma tutto ciò non è sufficiente. Il 28 maggio 1871 viene posta fine all’esperienza rivoluzionaria della Comune; decine di migliaia sono le condanne e le deportazioni e molti parigini scappano all’estero.
La Comune è stata la prima creazione di uno Stato socialista nella storia e Lenin vi dedicherà una raccolta di scritti tra il 1904 e il 1919. Il rivoluzionario russo analizza attentamente l’esperienza parigina, vista come una prima organizzazione autonoma della classe operaia che si sostituisce all’apparato statale esistente, considerandola un’importante lezione e interessante oggetto di studio per l’organizzazione della rivoluzione bolscevica.
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- Karl Marx – La guerra civile in Francia
- Giuliana Pistoso – La Comune di Parigi
- Kristin Ross – Lusso comune. L’immaginario politico della Comune di Parigi
- Prosper-Olivier Lissagaray – Gli ultimi giorni della Comune
- P. M. Kergentsev – La Comune di Parigi