CONTENUTO
di Michele Coccoli
La vita di un avventuriero della seconda metà dell’800′ che si immola in diverse cause, inserendosi sia in conflitti armati e politici e che grazie alla sua arguzia riesce a cogliere al meglio le potenzialità della modernità sfruttando giornali e telegrafi per portare dalla propria parte potenziali investitori e regnanti.
Le origini di Cesare Celso Moreno
Cesare Celso Moreno nasce il 5 marzo 1831 a Dogliani, paese contadino che però da tempo non era più una comunità chiusa. Ondate di travolgimenti politici, militari ed economici avevano investito la piccola comunità situata nella provincia di Cuneo nel circondario di Mondovì, zone all’epoca situate sotto il Regno di Sardegna.
Moreno cresce nella famiglia dei Moreni, essi non sono aristocratici ma tuttavia sono dei solidi benestanti dato che per generazioni hanno potuto godere ed amministrare diverse proprietà terriere. Grazie a questo loro ceto Celso riesce ad evitare il lavoro nei campi anche se non è da escludere la sua occasionale partecipazione a questi lavori.
Il giovane e futuro avventuriero già da piccolo mostra i tratti del suo carattere, come le sue qualità naturali da leader e l’avversione alla arroganza aristocratica. Celso negli studi si mostra uno studente precoce formandosi dalla scuola secondaria di Dogliani o presso il collegio di Carcare fino ad arrivare a diplomarsi all’università di Genova come “Genio civile in Sardegna”, oltre a guadagnarsi il titolo di capitano marittimo e a frequentare la “Real Accademia navale di Genova”.
Inoltre in questi anni tra i diversi studi si immola in diverse azioni militari, dal quale ne uscirà sempre ferito come a Goito nel 1848 e nella battaglia della Cernaja nel 1855. In questo stesso anno mentre lavora come “misuratore”, ossia come persona in grado di eseguire progetti di costruzioni, acquista una nave con fondi forse ricavati da una grossa partita di legname rubata da un suo antenato.
Cesare Celso Moreno ad Aceh
Ora in possesso di una nave e spinto dai resoconti delle tradizioni nautiche che raccontano di navi piene di merci esotiche decide di partire per mare. Inizialmente forse Cesare si occupa di tratte mercantili tra il Mediterraneo, il Mar Rosso, per infine arrivare ad una navigazione di cabotaggio sulle coste dell’India.
Nel 1859 si trasferisce a Calcutta per un breve periodo venendo citato per azioni poco onorevoli come il mancato pagamento di alloggi e il farsi mantenere da una donna del luogo facendosi spacciare per il Conte Melina, patrizio veneto. Ma ben più significativo in questo subcontinente è l’incontro con Nana Sahib, il principe che si era posto alla guida della rivolta dei Sepoy tra il 1857-1858, con il quale condivide un sentimento anti-britannico.
Nel frattempo Celso in cerca di fortuna si reca in Birmania presso la corte del re Mindon Min a Mandalay per dedicarsi al commercio, attività tramite la quale scopre l’isola di Sumatra. In breve tempo Celso si stabilisce nella parte Nord a kutaraja capitale del sultanato di Aceh, riuscendo a stabilire buoni rapporti con il Siri-Sultan-Aladin-Sardar-Monshor-Scander Shàà, che gli dà la figlia Fatima Fatigia in sposa.
Ora Celso si trova nei panni di un ricco mercante forestiero, ricoprendo dei ruoli di governo e venendo soprannominato “Mustafà Vizir”. In questa nuova avventura riesce ad integrarsi con i costumi e le religioni delle popolazioni locali, vivendoci forse tre anni fino al 1862. Tuttavia per questo piccolo sultanato i pericoli sono frequenti e rappresentati principalmente dagli olandesi che mirano all’intera conquista dell’isola di Sumatra.
Stando ai resoconti di Celso sembra che egli abbia guidato ad Aceh una resistenza insieme ad esuli come Mahomet Ali di Muscat, Sheik Abdullah di Aden ed altri “Subadars”. Nonostante l’esperienza e il suo grado di Luogotenente di marina Celso non riesce ad evitare la sconfitta ma riesce a salvarsi imbarcandosi su una nave francese diretta a Shangai, dove si ritrova coinvolto nella rivolta dei Taiping.
1864: il ritorno in Italia di Cesare Celso Moreno
Corre l’anno 1864 e Celso dalla Cina decide di tornare in Italia. Al suo arrivo l’Italia si è unificata sotto alla guida dei Savoia. Ora che l’Italia è unita, entrando nel giro delle grandi potenze, ed il sentimento di nazionalismo sta crescendo, si iniziano ad alimentare le velleità di conquiste coloniali.
Intuendo il momento storico ed il sentimento nazionalista Celso non perde tempo e si reca a Firenze dal re Vittorio Emanuele II per proporgli la fondazione di una colonia sull’isola di Sumatra, in modo da alleggerire la pressione olandese sul sultanato di Aceh. Tra il regnante e l’alter ego del Rajah, ossia Celso, nasce subito una grande intesa e il secondo non perde tempo e cerca di invogliare ulteriormente l’Italia a stabilirsi a Sumatra elencando i vantaggi ed i guadagni che il Paese ne avrebbe ottenuto.
La prossima apertura del canale di Suez nel 1869, che avrebbe collegato il Mar Rosso al Mediterraneo, aveva messo l’Italia di fronte alla possibilità di acquistare la baia di Assab e la zona proposta da Celso.
Nonostante la capacità pubblicistica dell’alter ego del Rajah la sua proposta viene scartata, trovandosi davanti due oppositori. Uno è Giuseppe Sapeto il quale era di Carcare e veniva considerato il più esperto nelle questioni d’Africa, mentre il secondo è il garibaldino Nino Bixio che accusa Celso di non esserci mai stato sull’isola di Sumatra.
Tuttavia la tempra testarda di Celso lo conduce direttamente in Francia nell’autunno del 1867, a Parigi, dove tenta di vendere l’isola nientemeno che all’imperatore Napoleone III aiutandosi con l’uso della stampa. Azione questa che gli consente di ottenere due ben due appuntamenti con l’imperatore di Francia. Ma anche questa volta vede in breve tempo le sue offerte bocciate, dato che la Francia vuole evitare possibili tensioni con l’Olanda.
Nonostante ciò Celso riesce a guadagnare il rango di cavaliere della Legion d’Onore, oltre all’affidamento di una missione in Cocincina.
Dal Pacifico alla America del Nord
Dopo la breve esperienza per conto della Francia Celso nel maggio del 1868 sbarca a San Francisco per poi recarsi a New York su invito dell’onorevole William H. Seward, allora segretario di Stato.
Chiamato sempre per la contrattazione “dell’isola di Moreno” nell’arcipelago malese, al suo arrivo Celso non passa inosservato e attira su di sé subito le critiche della stampa. Ma la risposta dell’avventuriero non tarda ad arrivare e nel 1869 pubblica “American interests in Asia”, nel quale sostiene e descrive la ricchezza e la laboriosità di alcuni popoli come i cinesi.
Nella sua opera Celso afferma che l’occidente deve sfruttare il telegrafo, le navi a vapore e la ferrovia per imporsi pacificamente e penetrare le terre asiatiche, usando anche la tolleranza ed il buon esempio. Tramite le sue argomentazioni riesce ad ottenere l’appoggio dei capitalisti e ad essere acclamato dal “Times” e “dall’Express”.
Infine con un onnipresente sentimento anti-britannico lancia il progetto di posare un cavo telegrafico tra Cina e America, lungo settemila miglia di lunghezza, ottenendo l’appoggio della American, Japan e China Telegraph Company. Celso con l’idea del cavo telegrafico mira a interrompere il monopolio inglese delle comunicazioni con l’oriente. Ma i suoi piani sono destinati a fallire e solo nel 1902 verrà messo un primo tratto fino ad Honolulu.
Nel frattempo in una fredda sera di febbraio del 1871 Celso si imbatte in una scena di bambini musicanti italiani, venendo a scoprire dello sfruttamento della schiavitù infantile italiana, pratica che è diffusa in quegli anni non solo in America ma anche a Parigi, Londra, Napoli, Genova e Roma. Fin dagli anni ’60 dell’800 questo fenomeno si era diffuso suscitando scandalo e scalpore. Celso di fronte a questo spettacolo non rimane impassibile e presto si fa loro portavoce e paladino per portare questo fenomeno di fronte al parlamento degli Stati Uniti con l’obiettivo di farlo sradicare tramite apposite leggi.
Tramite il suo impegno anche in prima linea, offrendosi di accompagnare gli stessi reporter nel quartiere di Five Points a New York, località dove risiedevano la maggioranza degli italiani poveri, Celso inizia quindi una battaglia che durerà trent’anni durante la quale non risparmierà nessuno, accusando apertamente lo stesso ambasciatore italiano Ferdinando De Luca di permettere questo indecente traffico.
Infine grazie alla sua capacità di intessere legami ed amicizie il 23 giugno del 1874 dopo tre anni di lotta riesce a far approvare una legge per proteggere tutte le persone di nascita straniera da costrizioni forzate o servitù. Tuttavia questa piaga continuerà nonostante la nuova normativa approvata dal parlamento americano.
L’arrivo di Cesare Celso Moreno alle Hawaii
Appena cinque anni dopo l’approvazione della legge “Moreno bill” Celso sbarca sulle isole Hawaii ad Honolulu, dove viene accolto in maniera calorosa. All’epoca del suo sbarco le Hawaii erano un regno indipendente che tuttavia oltre alla esigua popolazione locale ospitava già da diversi anni missionari, avventurieri del continente europeo ed occidentale.
Proprio su questi immigrati gli abitanti indigeni dell’isola facevano sempre più appoggio dato che la popolazione locale era in continua diminuzione. La manodopera era usata principalmente per le coltivazioni di canna da zucchero.
Gli Stati Uniti non erano gli unici interessati a queste isole dato che vi erano presenti interessi tedeschi, britannici e giapponesi, ma grazie ad una saggia politica questo arcipelago formato da otto isole era riuscito a mantenersi indipendente, trattando e stipulando commerci con diverse potenze tra cui figurava anche un trattato con l’Italia stessa (1863).
In questo contesto conteso Celso si avvicina sempre di più al re Kalākaua: i due si erano già incontrati a San Francisco nel 1874. Il re e l’avventuriero in breve tempo stringono una solida amicizia, complice il fatto che il re sia duttile, elastico, stravagante e che sia cresciuto con una duplice cultura europea e Kanaka.
Inoltre, entrambi condividono l’amore per le grandi idee, specialmente Celso che propone all’alleato la creazione di un impero del pacifico unificando tutti i popoli polinesiani. Il rapporto tra il re e Celso vale a quest’ultimo la nomina nel 1880 di primo ministro e ministro degli esteri.
Ma la nuova posizione conquistata da Celso non dura molto poiché dal parlamento arrivano lamentele dai maggiori partiti dello Stato che chiedono la sua rimozione dagli incarichi assunti. Il re allora si vede costretto a costringere il suo amico italiano a dare le dimissioni. Ad entrambi manca l’appoggio di una flotta e di un esercito moderno per poter realizzare i propri piani.
Appena cinque giorni dopo l’incarico e le seguenti dimissioni Celso si imbarca sulla Zealandia per recarsi a San Francisco con un documento firmato dal re che lo nomina ambasciatore in Italia e ministro plenipotenziario con possibilità di negoziare con i governi occidentali. A Moreno il sovrano affida anche tre giovani Hawaiani, Robert Boyd, James Booth e Robert Wilcox, con lo scopo di formarli nelle diverse accademie militari d’Europa tra cui la Nunziatella e quella di Torino.
Fine del regno delle Hawaii e di Celso Moreno
Dopo la partenza avvenuta nel 1880 da Honolulu Celso Moreno insieme ad i tre giovani Hawaiani girano l’intera Europa fino ad arrivare all’Italia dove vengono dallo stesso Kalākaua, il quale sta compiendo un giro intorno al mondo. Nella sua madrepatria Celso viene scaricato dal re hawaiano il quale continua a vederlo immischiarsi negli affari interni dello Stato grazie alla carica di ambasciatore.
Da qui in poi Celso tenta una carriera nella politica italiana, avventura che si rivelerà fallimentare per via degli esigui voti che raccoglie. A quel punto decide di tornare negli Stati Uniti dove si batterà ancora per la questione italiana.
Nel frattempo il re Kalākaua si affida sempre più a personaggi loschi e non affidabili come Gibson e l’imprenditore tedesco Spreckels che diventano i pilastri del regno. La posizione del re si indebolisce; egli deve sempre più affidarsi alle nazioni straniere per garantire la sicurezza all’interno del proprio Stato. Una di queste nazioni sono gli Stati Uniti, che grazie ad un accordo si aggiudicano il monopolio della stazione di rifornimento e riparazione dei vascelli di Pearl Harbour.
Di fronte a questa situazione nemmeno il sottotenente Wilcox e Robert Boyd riescono a raddrizzare la situazione. Sul finire del XIX l’avventuriero italiano cade in disgrazia ma in qualche modo riesce a rimanere una figura conosciuta e caratteristica, tanto da aggiudicarsi ancora qualche copertina su qualche settimanale afro-americano, riuscendo ad intervenire ancora in qualche dibattito e facendo ancora delle proposte come quella di munire con un badge tutti i fruttivendoli autorizzati della città di Washington.
Moreno rappresenta un punto di riferimento per la comunità italiana negli USA, mettendosi al servizio degli emigrati come interprete. Tra le sue ultime azioni vale la pena ricordare la sua partecipazione alla campagna elettorale per l’elezione del nuovo governatore delle Hawaii, ormai sottomesse al governo degli Stati Uniti dal 1893; in questa avventura Moreno affianca l’ormai adulto Wilcox per poi abbandonarlo in piena campagna elettorale.
Il capitano di Dogliani che ha girato il mondo e conosciuto numerosi personaggi potenti gettandosi a capofitto in numerose avventure muore il 10 marzo del 1901. Il suo funerale viene pagato dalla comunità italiana di Washington, incoraggiata da Francesco Sanfilippo, ossia il presidente “dell’unione fratellanza italiana” e da Angelo Chica presidente della “Victor Emanuel Society”. La sua morte non passò inosservata e subito molti giornali si misero a pubblicare articoli sulla sua vita così singolare e animata.
I libri consigliati da Fatti per la Storia
Hai voglia di approfondire l’argomento e vorresti un consiglio? Scopri i libri consigliati dalla redazione di Fatti per la Storia su “Cesare Celso Moreno”, clicca sul titolo del libro e acquista la tua copia su Amazon!
- Rudolph J. Vecoli, Francesco Durante, Oh Capitano! La vita favolosa di Celso Cesare Moreno in quattro continenti, 1831-1901, Venezia, Marsilio Editori, 2014.
- Marco Cuzzi, Gian Carlo Pagliasco, Storie straordinarie di italiani nel Pacifico, Odoya, 2016. ( Solo per la parentesi Hawaiana di C.C.M.)