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Cesare Borgia: un personaggio da rivalutare
Il ritratto di Cesare Borgia non è tra i più fortunati dell’Età Moderna. La storiografia che lo ha tracciato risulta ancora benpensante, incapace di collocare fino in fondo le personalità politiche nel loro contesto storico, in cui le logiche di attacco e di difesa non possono, per forza di cose, collimare con le nostre.
La vita nel Rinascimento è contrassegnata da valori diversi da quelli attuali, che la pubblica morale dell’epoca esalta e consente. Non si parla solo di virtù cavalleresche, di coraggio, onore sul campo di battaglia ed etica verso i propri pari, quanto di profondo spregio per chi è da meno. (1)
In questo contesto Cesare è un tetragono di personalità. Fino a quando calca il cappello prelatizio, i cronisti ce lo descrivono solare, gioviale, scherzoso, dedito all’esercizio fisico con quella costanza che avrebbe poi forgiato la sua leggendaria forza erculea. Dopo, un’ombra: Cesare diventa silenzioso, meditabondo, algido, calcolatore. Pedina politica nelle mani del padre? Forse sarebbe più corretto parlare di diarchia padre-figlio.
Arrivista, progettista politico senza scrupoli, irrefrenabile, sanguinario, assetato di potere e sprezzante di ogni ingiunzione: tutti contrassegni giusti, tenendo a mente che le morti provocate dal Valentino furono sempre e solo a scopo politico o per punire traditori. Ma anche un gentiluomo, un cavaliere, signore elegantissimo, conversatore raffinato, grande corteggiatore dai modi pacati e dalla straordinaria bellezza, restituita molto probabilmente dal ritratto di Altobello Melone del 1513.
Le origini di Cesare Borgia: la famiglia e i primi passi nel mondo ecclesiastico
Cesare Borgia nasce a Subiaco il 13 o il 14 settembre 1475 da Rodrigo Borgia, futuro pontefice originario di Xàtiva, presso Valencia, e da Vannozza Cattanei, mantovana. Rodrigo, il futuro papa Alessandro VI, non sarà il primo papa Borgia: prima di lui papa Callisto III nel 1455, promotore di una portentosa politica di nepotismo. Assieme ai suoi fratelli, Juan, Jofrè e Lucrezia, e al suo fratellastro Pedro Luis – primogenito assoluto di Rodrigo nato da una donna sconosciuta- Cesare cresce in un contesto amorale ma che non scandalizza: figlio di un esponente del clero, come lo erano stati e come lo saranno tanti altri (lo stesso Giuliano Della Rovere, futuro papa Giulio II, non molto più tardi avrà da Lucrezia Normanni una figlia, Felice).
Come secondogenito, Rodrigo lo avvia alla carriera ecclesiastica in Spagna, che Cesare subisce come una condanna. Nel marzo 1482, a soli otto anni, è protonotario apostolico, il 10 luglio dello stesso anno ottiene la prebenda e il canonicato sulla cattedrale di Valencia. Il mese successivo è arcidiacono di Jàtiva e rettore di Gandìa. Nel 1483 è fatto prevosto. L’anno successivo è tesoriere della cattedrale di Cartagena, e ottiene una prebenda sulla cattedrale di Majorca, poi arcidiacono della cattedrale di Terragona e canonico della cattedrale di Lerida.
Qualche anno più tardi sarà vescovo di Pamplona e poi di Valencia: da qui, il titolo di Valentino. Nel 1488 muore il primogenito di Rodrigo, Pedro Luis, primo duca di Gandìa. Erediterà il titolo il fratello minore di Cesare, Juan, giovane libertino e inetto, legato a Cesare da un rapporto difficile e astioso, non dissimile dalla rivalità alla base di molti rapporti fraterni.
Tra il 1489 e il 1491 studia all’università di Perugia, dove conosce i Baglioni, Ramiro de Lorqua e Michelotto Corella, suo fedelissimo compagno e boia, l’unico su cui davvero Cesare potrà contare per tutta la vita, e che non lo tradirà mai neanche sotto il peso di atroci torture fisiche. Poi si laurea in diritto a Pisa, dove studia con il figlio di Lorenzo de’ Medici, Giovanni, futuro papa Leone X.
Nell’agosto del 1492 Rodrigo viene eletto papa con il nome di Alessandro VI. Da questo momento in poi, il reticolato politico si infittisce e tutti i figli del pontefice dovranno svolgere un ruolo ben preciso. Lucrezia viene data in sposa a soli tredici anni al signore di Pesaro, Giovanni Sforza. Juan parte per la Spagna come secondo duca di Gandìa e qualche anno dopo sarà nominato Gonfaloniere della Chiesa e capitano generale dell’esercito papale.
Jofrè si legherà al regno di Napoli sposando la figlia illegittima del re Alfonso II, Sancia, per scongiurare la possibilità che Carlo VIII re di Francia conquisti il napoletano, che rivendica come eredità angioina, e minacci il potere temporale della Chiesa. A Cesare spetta invece il cardinalato, duramente imposto tra il settembre e l’ottobre del 1493.
I rapporti di Cesare Borgia con Juan e Lucrezia
Il nome della famiglia Borgia è entrato nella letteratura come sinonimo di perversione e deviazione morale. Il 16 giugno 1497 viene ripescato il corpo di Juan Borgia nel Tevere, all’altezza di S. Maria del Popolo, con 30 ducati d’oro intatti ancora nel borsellino. Il giovane aveva lasciato la casa della madre due sere prima, in S. Maria in Selce, senza scorta.
Dopo più di mezzo millennio, l’omicidio resta ancora avvolto dal mistero. Le ipotesi che iniziano a circolare al Vaticano recitano i nomi delle personalità più vicine a Juan: il fratello Jofré, geloso della pubblica relazione della moglie Sancia con il fratello, Giovanni Sforza, oppure Cesare, il cui nome come mandante salta fuori solo qualche mese dopo l’omicidio di Juan.
Nel gennaio dello stesso anno, Juan conduce l’esercito papale contro la potente famiglia degli Orsini, ma viene respinto a Soriano nel Cimino. L’inettitudine del giovane duca di Gandìa è sotto gli occhi di tutta l’Italia, e l’appetito di suo fratello maggiore per il titolo di Gonfaloniere della Chiesa è ben noto.
Tuttavia, in mancanza di una documentazione che affermi o neghi la colpevolezza di Cesare, molti storici scagionano il Valentino, adducendo come giustificazione l’illogicità di una simile manovra: sebbene la rivalità tra fratelli, una guerra interna alla famiglia avrebbe troppo scoperto il fianco dei Borgia, soli in mezzo ai riottosi potentati italiani, e sarebbe equivalsa a un suicidio. (2)
L’attrazione singolare della letteratura e del cinema per i Borgia è legata però ad un altro rapporto, destinato a rimanere per sempre adombrato da interrogativi, ovvero quello tra Lucrezia e Cesare. La giovane Borgia è una donna fragile, vulnerabile, con un’energia femminea soffocata dalle manipolazioni politiche del padre e del fratello.
Lucrezia sarà infatti tra le carte migliori da scoprire sul tavolo delle alleanze dei Borgia: prima data in sposa a Giovanni Sforza, signore di Pesaro, poi ad Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie e principe di Salerno, per coronare il legame con gli spagnoli d’Italia; infine, ad Alfonso d’Este duca di Ferrara, per assicurare un avamposto protettivo per le future conquiste di Cesare in Romagna.
La famiglia è affiatata e certamente l’Italia del tempo non riesce a comprendere le motivazioni di legami tanto morbosi, se non vedendovi in controluce l’ombra di un probabile incesto. Eppure, all’epoca, i rapporti tra consanguinei erano molto frequenti, se pensiamo che gli stessi reali, fino alla fine dell’Ottocento, si sposavano tra cugini. Recentemente si è scoperto che le famose cinture di castità servivano per dimostrare al futuro marito che la giovane sposa non era stata abusata dai familiari. (3)
La leggenda della relazione incestuosa tra Cesare e Lucrezia viene alimentata dalle voci di Giovanni Sforza, marito di lei accusato di impotenza dalla famiglia Borgia per giustificare la richiesta di annullamento di matrimonio. Poco prima di ufficializzare il divorzio con lo Sforza, Lucrezia si ritira nel convento di San Sisto e qui rimane incinta, probabilmente del messaggero paterno Pedro Calderon, che sarà fatto uccidere nel febbraio del 1498 da Cesare. Il figlio dello scandalo passerà alla storia dietro il titolo anonimo di “Infante Romano” e nelle successive bolle papali, Alessandro VI lo dichiara prima figlio naturale di Cesare, poi addirittura proprio.
Considerato il momento complesso in cui sarebbe avvenuto il concepimento, mentre le accuse scabrose di incesto all’interno della famiglia circolano in tutte le corti italiane, c’è chi non ritiene improbabile che l’Infante Romano sia il frutto di un avvicinamento tra Cesare e Lucrezia. La stessa sorte di Pedro Calderon toccherà anche al secondo marito di Lucrezia, Alfonso duca di Bisceglie che sarà strangolato da Michelotto, fedele sicario di Cesare, nell’agosto del 1500.
La deposizione della porpora cardinalizia e l’alleanza con la Francia
Il 17 agosto 1498 Cesare diventa il primo cardinale nella storia della Chiesa a deporre la porpora, e lo stesso giorno riceve dal barone Louis di Villeneuve de Trans la patente di duca di Valentinois e conte di Diois, due terre del delfinato francese.
“Ma quello che più gli dava piacere, era sapere che il suo ingresso nella vita secolare aveva fatto tremare tutti i potenti. Si poteva affermare con sicurezza che il suo nome, non più legato alla dignità ecclesiastica, aveva già fatto impensierire tutte le casate dominanti. Soprattutto i reali Cattolici di Spagna. Questi avevano mandato ambasciatori al papa, urlando e sbraitando per quel voltafaccia in favore dei francesi e Alessandro VI aveva cercato di rabbonirli assicurando che i titoli già appartenuti a Cesare sarebbero passati a prelati spagnoli.” (4)
Nel luglio del 1495 re Carlo VIII di Francia era stato sconfitto dalle truppe di Francesco Gonzaga, che aveva costretto il Valois a tornare nei territori d’oltralpe, dopo una effimera conquista del rivendicato trono di Napoli, su cui erano potuti ritornare gli aragonesi. Nel 1498, alla morte senza eredi di Carlo VIII d’Angiò, gli succede Luigi XII, che subito manifesta la ferma volontà di rivendicare anche il ducato di Milano, ora in mano agli Sforza, in virtù di alcune clausole contenute in un vecchio testamento visconteo.
Luigi vuole, inoltre, chiedere l’annullamento del suo matrimonio con la moglie Giovanna, deforme, per sposare la vedova di Carlo VIII. È un’occasione appetitosa per il pontefice, che subito vi intravede gloriose opportunità per il figlio Cesare. L’alleanza viene cementata nel 1499 dalla concessione della dispensa papale per il divorzio tra Luigi e Giovanna e dal matrimonio di Cesare con Charlotte d’Albret, cugina del sovrano e sorella del re di Navarra.
Luigi XII avrebbe aperto la campagna d’Italia, promettendo di sostenere Cesare nelle sue future conquiste, che credeva sarebbero state localizzate. Non sapeva ancora che quell’ex cardinale di soli ventiquattro anni sarebbe stato il precursore del sogno – benché impugnato da una casata straniera- di un’Italia unita.
La conquista di Cesare Borgia di Romagna e Marche
Nel 1278, per ottenere l’incoronazione imperiale, Rodolfo I d’Asburgo aveva accettato di cedere la Romagna al papato, ma le simpatie ghibelline facevano del territorio una posta in gioco difficile per le ambizioni temporali del Vaticano, soprattutto dopo il temporaneo spostamento della sede pontificia ad Avignone nel XIV secolo. La Romagna, sotto le famiglie vicariali locali, si caratterizzava per spirito di indipendenza, autonomia e spiccata riottosità.
“Ridurre all’obbedienza i territori sui quali la Chiesa accampava reali diritti? Certo, la scusa era quella, per tutti: ma quei territori, una volta tolti ai tiranni che li dominavano, sarebbero diventati il suo stato dal quale sarebbe partito alla conquista di tutta la penisola.” (5)
Dopo aver dichiarato decaduti dai loro feudi i signori romagnoli, il 15 novembre 1499 Cesare è a Modena, pronto a muovere guerra ai rivoltosi signori. Tra il dicembre 1499 e il gennaio 1500, si arrendono le città di Imola e di Forlì, quest’ultima dopo una tenace resistenza di Caterina Sforza, che tentò senza successo di catturare il Valentino, ma venne imprigionata a Castel Sant’Angelo.
Cesare crea governatore di Imola e Forlì il suo fido Ramiro de Lorqua (che farà decapitare qualche anno più tardi con l’accusa di corruzione), e a Roma viene accolto trionfalmente come un novello Giulio Cesare, diventando il mattatore del carnevale di Piazza Navona ed esibendosi come torero in Piazza San Pietro.
A marzo Cesare è nominato Gonfaloniere e Capitano Generale delle truppe pontificie, e gli è conferita anche la Rosa d’Oro, un distintivo d’onore che i papi consegnano ai regnanti che si sono distinti con le loro azioni in favore della Chiesa. Nasce il ducato di Romagna, di cui Cesena, consegnatasi spontaneamente ai Borgia, diventa capitale.
Nell’estate Rodrigo e Cesare decidono di sbarazzarsi del secondo marito di Lucrezia, Alfonso, figlio illegittimo del re di Napoli. Non mancherà molto perché i francesi tornino alla ribalta per la riconquista del sud Italia, che appartiene a un casato aragonese oramai agonizzante. Più filofrancese Rodrigo, stranamente meno Cesare, che non avrebbe problemi a legarsi alla Spagna qualora gli fosse utile per consolidare il suo principato italiano. (6)
Nell’ottobre del 1500, ha ufficialmente inizio la seconda spedizione. Dopo aver saccheggiato Fossalto di Vico, Cesare prende Pesaro, poi Rimini, evacuata da Pandolfo Malatesta. Sarà poi la volta di Faenza, governata dalla tenace dinastia dei Manfredi, che resiste impavidamente per quattro lunghi mesi invernali, fino a quando non capitola il 25 aprile 1501 per la fame e la sete.
Rinunciando alle sue mire su Bologna, protetta dalla Francia, Cesare si accontenta della cittadina di Castel Bolognese, che gli viene ceduta dai Bentivoglio. Fa abbattere le mura (quando solitamente si innalzano), perché probabilmente il toponimo stesso della cittadina lo infastidisce: Castel Bolognese cambia infatti nome e diventa Villa Cesarina.
Assicurata la Romagna, il Valentino giunge a molestare anche la Repubblica di Firenze. Incaricato da suo padre di punire gli indisciplinati signori di Piombino, gli Appiani, Cesare fa passare le sue truppe poco lontano da Firenze. Con la città ha un conto in sospeso uno dei comandanti migliori di Cesare, Vitellozzo Vitelli.
Piombino si arrende il 1° settembre, ma la manovra ha lo scopo di mettere in guardia i fiorentini, da cui Cesare richiede vettovaglie e il ritorno dei Medici. Spesso Cesare si invaghisce di condottieri, personalità e uomini saggi che militano in un campo avverso o comunque non propriamente alleato: dal territorio fiorentino preleva l’ingegneria tattica di Leonardo da Vinci e l’ammirazione senza eguali di Niccolò Machiavelli.
Nel frattempo, a Granada era stato stipulato un accordo (effimero) tra la Francia e la Spagna per un’equa spartizione del regno di Napoli. Dopo la deposizione del re aragonese Federico I, Cesare convince Capua a trattare la resa, promettendo pace senza mettere a ferro e fuoco la città, per poi invece sottoporla a un massacrante saccheggio: una finzione, uno dei numerosi tranelli dei Borgia, che non utilizzano la fides del bellum iustum romano, ma l’astuzia di Annibale. (6)
Approfittando della situazione di stallo, Alessandro VI riesce ad annettere tutte le terre e i castelli romani dei Colonna, dei Savelli e dei Caetani, portando le fortune borgiane all’apice. Alla metà del 1502, il Valentino ha già conquistato Camerino, e ad ottobre riesce ad eliminare con un tranello l’ex signore della città, Giulio Cesare da Varano, strangolandolo a Pergola, e la stessa sorte toccherà ai suoi tre figli a Cattolica. Intanto Arezzo e la Val di Chiana si sono ribellate a Firenze e il 10 giugno Pisa eleva Cesare a suo signore.
Richiamando il suo sottoposto all’ordine, Luigi XII convoca un incontro a Milano alla presenza di tutti gli stati italiani filofrancesi: l’accordo con la Spagna per la spartizione del Meridione è già naufragato, e Luigi ha bisogno dell’appoggio del luogotenente borgiano, che coglie l’occasione per ottenere dal francese il consenso a strappare Bologna ai Bentivoglio.
I tentativi di Luigi XII di legare a sé il giovane stratega non fanno però altro che promettere potenziamenti ai domini del Valentino: a lui infatti la Francia affidato il governo del centro Italia, ma i condottieri stessi di Cesare, titolari di signorie cittadine e rurali tra Marche, Umbria e Lazio, cominciano a storcere il naso davanti allo strapotere dei Borgia, così abili a barcamenarsi imprevedibilmente tra sponde diverse pur di ottenere forti benefici territoriali.
Vitellozzo Vitelli, Giampaolo Baglioni, Oliverotto da Fermo, Paolo e Francesco Orsini e Antonio Giordano, tra i migliori fidi di Cesare, insieme ai rappresentanti di Pandolfo Petrucci signore di Siena, dei Bentivoglio di Bologna e di Guidobaldo da Montefeltro, iniziano a intavolare trattative per eliminare il figlio del papa. (7)
Dalla congiura di Magione alla perdita della Romagna
Il 9 ottobre 1502 i congiurati si riuniscono presso Magione, dove c’è un castello appartenente al cardinale Giovanni Battista Orsini, mentre a Urbino e Camerino, insorte contro i funzionari borgiani, sono reinsediati gli antichi signori. Ma la “Lega dei condottieri” si scontra con un algido Cesare che non si fa prendere dal panico: si dirige verso Rimini per fermare l’avanzata dei suoi nemici, contando sull’appoggio francese. Sorpresi da tale rapidità, i congiurati non tentano la fortuna affrontando il potente nemico d’oltralpe, bensì trattano la pace con Cesare, restituendogli Urbino e Camerino.
Cesare accetta, dissimulando pietà e vocazione al perdono, ma il tradimento è per lui intollerabile. A fine dicembre ordina agli ex ribelli di conquistare Senigallia, che viene presa dalle truppe di Oliverotto da Fermo.
Quando il 31 dicembre il Valentino incontra i condottieri davanti alle mura senigalliesi, il piano per sbarazzarsi dei traditori è già stato accuratamente delineato assieme a Michelotto Corella, e quello che passerà alla storia come il <<bellissimo inganno di Senigallia>> consacrerà Cesare a modello supremo di principe rinascimentale nella famosa opera del Machiavelli. Quella notte stessa vengono strangolati Vitellozzo e Oliverotto; Paolo e Francesco Orsini saranno uccisi quindici giorni più tardi a Castel della Pieve, sempre dal Corella.
I primi giorni del 1503 sono segnati dalla presa di Perugia. Subito dopo, Cesare vorrebbe mettere le mani su Siena, ma il papa lo richiama a Roma per contrastare la ribalta degli Orsini, che in seguito ai fatti di Senigallia stanno marciando su Roma. Il Borgia assedia il cuore dei territori degli Orsini, Ceri, che si arrende in aprile.
Mentre Rodrigo e Cesare ripensano alle loro alleanze, valutando possibili alternative (la Spagna ha infatti appena vinto a Cerignola contro la Francia, e Venezia rifiuta un’alleanza con il pontefice), sia padre che figlio si ammalano in agosto, probabilmente di malaria o per una banale intossicazione alimentare. I sintomi del pontefice sono ben più gravi, e Alessandro VI si spegne la sera del 18 agosto 1503.
Nonostante la rapida capacità mentale di riorganizzazione, Cesare è costretto a Roma dall’infermità, mentre le guarnigioni di Venezia minacciano i suoi possedimenti in Romagna e i signorotti nemici dei Borgia diventano ora più che mai una seria minaccia.
Dopo la brevissima parentesi di papa Pio III, che riconferma Cesare nel suo ruolo, il Valentino cede agli inganni dell’abile Giuliano della Rovere (fratello del recentemente scomparso duca di Senigallia), che gli promette la conservazione delle sue cariche in cambio dell’appoggio alla nomina papale. Il 1° novembre 1503, il Della Rovere diventa papa con il nome di Giulio II, ma a Cesare conferma solamente il vicariato romagnolo, lasciando il titolo di Gonfaloniere a Guidobaldo da Montefeltro, fratello della duchessa di Senigallia.
Intanto in Romagna, la Serenissima inizia a ottenere il controllo di Faenza, Fano, Rimini, Cesena, Forlimpopoli e Bertinoro. Dopo aver vanamente anelato l’aiuto di Firenze, Cesare accondiscende alle richieste di Giulio II di consegnargli i contrassegni e svelargli le parole d’ordine che aprono le porte delle fortezze romagnole, sperando di poter recuperare le sue terre grazie alla strenua resistenza di Forlì, che però capitola nell’agosto del 1504, decretando la fine del ducato di Romagna. Dopo una breve incarcerazione a Castel Nuovo, Cesare viene imbarcato per la Spagna, dove sconterà una lunghissima prigionia di due anni.
La prigionia in Spagna, la rocambolesca fuga e la morte di Cesare Borgia
Dall’agosto del 1504 all’ottobre del 1506, il Valentino, abbandonato anche dal re di Francia, è prigioniero della Spagna, prima a Chinchilla de Monte-Aragón, poi nel castello de La Mota di Medina del Campo. Il 25 ottobre 1506, aiutato dal conte Benavente, riesce a calarsi dalla finestra della sua cella, ospitata nella parte più alta della torre, che si erge per oltre 40 metri.
La sua rocambolesca evasione sarà presa ad esempio anche da Benvenuto Cellini nella sua fuga da Castel Sant’Angelo. Ma Cesare viene intercettato, e le guardie della fortezza tagliano la sua corda di fortuna, facendolo cadere rovinosamente al suolo. Zoppicante ma vivo, Cesare fugge attraverso la Spagna mentre gli penzola una taglia sulla testa, e a dicembre riesce a raggiungere suo cognato Giovanni III di Navarra a Pamplona.
Re Giovanni accoglie con gioia l’arrivo del cognato, e pone Cesare a comando delle truppe che devono affrontare dei vassalli ribelli, tra cui Louis de Beaumont conte di Lerín. Alla fine di febbraio 1507 il Valentino pone l’assedio al castello di Viana, caposaldo del Lerín, ma mentre il 12 marzo sta attaccando dei ribelli fuoriusciti per tentare di reperire approvvigionamenti, l’oscurità e la conformazione del terreno isolano Cesare dai suoi uomini.
Solo, in un sentiero impervio che rimane nascosto, viene attaccato da un gruppo di nemici. Colpito da una lancia, cade di sella, continuando a difendersi appiedato come un ossesso, ma i nemici sono troppo numerosi, e l’ex duca di Romagna muore trafitto da ventitré colpi di picca. Ventitré, proprio come il suo omonimo Giulio Cesare, mentre la Romagna male accoglie la notizia della morte del suo signore, una Romagna che con Cesare ha conosciuto un dominio stabile, un governo giusto e burocraticamente efficiente ed una corretta amministrazione della giustizia.
Note:
(1): Postfazione de Il condottiero, M.G.L. Valentini, Valentini Books, 1990.
(2), (3): Ibidem.
(4): Il condottiero, M.G.L. Valentini, Valentini Books, 1990, pag. 103.
(5): Ibidem, pag. 115.
(6): Cesare Borgia, le campagne militari del cardinale che divenne principe, Andrea Santangelo, Salerno Editrice, 2017, pag. 64.
(7): Le guerre d’Italia 1494 – 1530, Marco Pellegrini, Il Mulino, Bologna, 2009, pag. 99-100.
I libri consigliati da Fatti per la Storia su Cesare Borgia!
- A. Santangelo, Cesare Borgia, le campagne militari del cardinale che divenne principe, Salerno Editrice, 2017.
- N. Machiavelli, Il Principe, Mondadori, 2016.
- A. Spinosa, La saga dei Borgia. Delitti e santità, Mondadori, Milano, 1999.
- T. Tomasi, La vita del duca Valentino, Macerata, 1655.