Catilina. Una rivoluzione mancata
“Dal rientro di Silla dall’Asia culminato nella sua dittatura (82-79) la vicenda politica romana appare come una corsa inarrestabile verso il superamento della libertas repubblicana e l’affermazione del potere personale. L’episodio catilinario (63-62 a.C.) costituisce il momento in cui le varie e contrapposte aspirazioni al comando si sono incrociate e scontrate.”
Luciano Canfora con questo recente volume pubblicato da Editori Laterza dal titolo “Catilina. Una rivoluzione mancata” ricostruisce, attraverso una chiave di lettura originale e sorprendente, l’intera vicenda di una delle congiure più celebri della Roma antica, quella di Lucio Sergio Catilina. Nato a Roma nel 108 a.C. dalla famiglia aristocratica e decaduta dei Sergii, Catilina è mosso nella sua attività pubblica principalmente dal desiderio di riportate in auge il nome della famiglia.
In quest’ottica l’obiettivo ultimo al quale aspira Catilina è quello di raggiungere il consolato e la sua azione volta alla conquista del potere si divide essenzialmente in due fasi: “quella politica fino alla sconfitta elettorale (fine ottobre del 63 a.C.) e quella militare culminata nella morte, sua e dei suoi seguaci, in battaglia, nei pressi di Pistoia, nel gennaio del 62”.
Nel corso dei secoli sulla vicenda di Catilina si è andata formando una vasta letteratura, anche drammaturgica, che si è richiamata alle due principali fonti dell’epoca dei fatti, i resoconti autentici ma deformanti di due figure di rilievo in quegli anni: Marco Tullio Cicerone e Gaio Sallustio Crispo.
Tuttavia nonostante l’evento goda di uno status privilegiato nel quadro della storia antica per quel che riguarda la presenza di diverse fonti storiche rimangono alcuni punti oscuri sulla congiura di Catilina, come ad esempio la reale dimensione o la durata effettiva dell’operazione sovversiva.
La ricostruzione storica di Luciano Canfora
L’entusiasmante e dettagliata ricostruzione storica di Canfora ha il principale merito di illustrare nei minimi dettagli la complessità politica di quegli anni nei quali la Repubblica romana inizia a mostrare segni di cedimento non irrilevanti.
L’autore ci svela tutti i retroscena dell’intera vicenda dimostrando in maniera quasi inconfutabile come “più che mai risulta chiaro che la congiura catilinaria fu solo un tassello della lotta in corso tra figure più pesanti per la conquista di un ruolo preminente nello Stato. Una lotta in cui i giocatori sono stati numerosi”.
Intorno al microcosmo oligarchico del potere romano gravitano figure di rilievo quali il condottiero Gneo Pompeo Magno impegnato nella campagna militare contro il nemico Mitridate, Caio Giulio Cesare (il più giovane di tutti e pontefice massimo all’epoca dei fatti) cliente politico di Pompeo al quale si allea per convenienza personale, Marco Licinio Crasso finanziatore della campagna elettorale di Catilina.
Questi tre personaggi (che nel 60 sigleranno l’accordo politico di natura privata passato alla storia come “primo triunvirato“) rimangono, però, prevalentemente sullo sfondo perché la scena se la prende colui che il filologo classico tedesco Eduard Schwartz ha definito “l’uomo moderno che difendeva una Repubblica morente”.
Ci si riferisce, ovviamente, a Cicerone, grande intellettuale, teorico dell’oratoria, divulgatore del pensiero greco, abilissimo politico e console in quell’anno fatidico del 63 a. C.. “Fino a che punto, Catilina, abuserai della nostra pazienza?” (Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?), così esordisce in Senato Cicerone per smascherare il nemico nella Catilinaria che lo ha reso celebre per la forza e l’efficacia dell’invettiva.
Anche attraverso questo noto interrogativo retorico, che molti sicuramente ricordano per averlo studiato a scuola, si è tramandata nei secoli un’immagine prevalentemente positiva di Cicerone, considerato come il vero artefice della salvezza della Repubblica contro l’ambizioso piano sovversivo di Catilina. In realtà le cose non sembrano essere andate proprio così.
Canfora, infatti, sottoponendo ad un certosino vaglio critico tutte le fonti a disposizione, tratteggia un ritratto inedito dell’evento storico dal quale Catilina sembra uscirne quasi riabilitato. Quella che si presenta al lettore è un’aspra lotta politica combattuta con ogni mezzo tra uomini ambizioni e pronti a tutto pur di raggiungere il vertice del potere e, una volta ottenuto, mantenerlo il più possibile.
Mano a mano che si procede nella lettura del libro il vero protagonista dell’intera vicenda risulta essere proprio l’intrigante e astuto Cicerone (l’homo novus vittima della sua stessa autoesaltazione) che, come sottolinea più volte Canfora nella sua ricostruzione, non si fa scrupoli nel varcare i confini della legalità e spinge il Senato ad un colpo di mano per liquidare Catilina, a lui avverso anche per il suo progetto politico volto a cancellare gli indebitamenti, pur non possedendo materialmente prove inconfutabili sulla sua reale cospirazione ai danni dello Stato repubblicano e alla sua persona.
“Non deve sfuggire quanto radicata fosse in Cicerone la mania omicida verso gli avversari politici, costantemente alimentata, nella sua mente, dal modello di Scipione Nasica che salva la Repubblica ammazzando Tiberio Gracco“.
Un ingarbugliato e complesso episodio della storia romana, dunque, nel quale si intrecciano strettamente le singole vicende di personaggi maggiori, minori e minimi tra cui spie maschili e femminili, profittatori e informatori al soldo.
Un ulteriore aspetto che vale la pena sottolineare è il magistrale impiego delle fonti antiche di Canfora durante l’intera narrazione. Fonti della storiografia romana che lo storico non si crea problemi nel definire come “la prosecuzione della politica con altri mezzi“. Oltre a citarle frequentemente l’autore interroga le fonti di continuo evidenziando di volta in volta le incongruenze e gli aspetti più compositi che emergono dalla loro analisi, mostrando, in tal modo, tutte le insidie che gli storici sono costretti a fronteggiare quando devono affrontare temi legati al passato antico.
Proprio questa, infatti, è stata a detta dell’illustre filologo e storico la principale sfida affrontata: “Esperienza interessante quella di cimentarsi con una tradizione storiografica che parla della lotta politica senza esclusione di colpi attraverso lenti deformanti. Una sfida alla quale non ho saputo sottrarmi”.
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