CONTENUTO
L’Europa prima della campagna d’Egitto di Napoleone
Concentriamo tutta la nostra attività dalla parte della marina e distruggiamo l’Inghilterra: ciò fatto, l’Europa è ai nostri piedi.
Questo è ciò che Napoleone Bonaparte scrive in una lettera al Direttorio riguardo all’acerrimo nemico dei francesi, la Gran Bretagna. In Europa le cosiddette guerre rivoluzionarie – una serie di combattimenti a carattere ideologico e patriottico che vedono contrapposte la Francia repubblicana a una coalizione di monarchie rappresentanti l’Ancien Régime – proseguono dal 1792.
Tali guerre hanno garantito alla Francia una sfera d’influenza sull’Europa centrale e meridionale, tuttavia lo scontro fra i principi rivoluzionari e i regimi di vecchio stampo andrà avanti fino alla Restaurazione seguita al Congresso di Vienna (1814-1815).
Dopo i successi raggiunti nei primi anni di guerra, che permettono alla Francia di ottenere il controllo dell’Italia settentrionale nonché una tregua con l’Austria, il principale avversario rimasto in campo è rappresentato dalla Gran Bretagna del primo ministro William Pitt. A questo proposito, nel 1798 il governo del Direttorio e il generale Bonaparte – solitamente in contrasto fra loro – si trovano d’accordo in merito alla pianificazione di un’invasione diretta del suolo britannico.
Il piano però salta, sia perché i costi sono proibitivi sia perché il successo dell’operazione richiederebbe il controllo della Manica; ma la Royal Navy rimane ancora la padrona dei mari e per questi motivi si pensa a un altro modo per indebolire la Gran Bretagna.
Così viene progettata una campagna in Oriente allo scopo di occupare l’Egitto; il fine ultimo è quello di ostacolare gli scambi commerciali con le colonie asiatiche e portare al declino gli affari britannici, specie con l’India. Al contrario di quanto può sembrare, i costi stimati della spedizione sarebbero più contenuti e i vantaggi potenziali sarebbero molteplici.
Quali sono gli incentivi a favore della campagna d’Egitto di Napoleone? Sfruttando i porti italiani come basi di partenza, l’idea è quella di approfittare della crisi dell’autorità ottomana sulle province dell’Impero. I francesi pensano, inoltre, che la resistenza opposta dai Mamelucchi sarà scarsa e disorganizzata; in tal modo la Francia avrebbe la possibilità di stabilire una propria colonia, tenendo conto della posizione strategica dell’Egitto sulle rotte commerciali fra Africa, Asia ed Europa.
Si considera a questo proposito di progettare anche lo scavo di un canale attraverso l’istmo di Suez. Da un altro punto di vista, il rischio più grande è che l’operazione possa accelerare la formazione di una coalizione anti-francese nel Mediterraneo orientale fra Impero ottomano, Russia e Gran Bretagna.
Per quanto riguarda gli obiettivi personali di Napoleone, la possibilità di essere a capo dell’impresa che potrebbe dare il colpo di grazia sia all’Impero ottomano che ai britannici è sicuramente coerente con le sue ambizioni di potere. Napoleone non ha mai perso di vista le sue mire politiche: “L’Europa è una tana di talpe. Tutte le grandi personalità vengono dall’Oriente“, afferma.
Inizio della campagna d’Egitto di Napoleone: un inseguimento attraverso il Mediterraneo
Il generale Bonaparte lascia il porto di Tolone il 19 maggio 1798 con un primo gruppo di navi, a cui se ne aggiungono altre partite da diverse basi lungo la rotta mediterranea – Genova, Civitavecchia, Ajaccio. Si contano circa 38.000 uomini su 300 imbarcazioni. La spedizione deve fare in fretta poiché vi è il rischio d’imbattersi nelle navi della Royal Navy.
Nei mesi precedenti alla partenza il governo francese ha cercato di confondere le idee all’intelligence britannica, facendo pensare a un’imminente invasione sulle coste dell’Inghilterra – un’iniziativa che fino all’ultimo non è stata smentita. Tuttavia, le spie britanniche vengono a sapere della nuova destinazione finale dei nemici: Alessandria d’Egitto. A quel punto le navi del contrammiraglio Horatio Nelson fanno il loro ingresso nel Mediterraneo.
Prende il via una sorta d’inseguimento marittimo durante il quale la fortuna sembra sorridere al generale Bonaparte. Per una serie di coincidenze – fra cui incidenti di percorso che rallentano i britannici, velocità e depistaggi – la flotta francese procede indisturbata fino a Malta. L’arcipelago maltese, allora controllato dai Cavalieri Ospitalieri, si arrende senza opporre resistenza.
Nel frattempo a fine giugno la flotta britannica arriva ad Alessandria convinta di sorprendere i francesi; non trovando nessuno, questa lascia il porto egiziano, ma le prime navi di Napoleone vi giungeranno qualche ora dopo! L’inseguimento britannico non è andato a buon fine per un soffio.
La Royal Navy avrà la possibilità d’infliggere un duro colpo ai francesi un mese dopo il loro arrivo in Egitto, quando durante la notte del 1° agosto, nella cosiddetta battaglia del Nilo o battaglia della baia d’Abukir, le navi francesi vengono distrutte e affondate. La vittoria di Horatio Nelson non ostacola il procedere della campagna di Napoleone, le cui truppe hanno già lasciato l’area per occuparsi del resto del paese, ma di fatto taglia i ponti con la madrepatria: l’esercito francese ha perso gran parte delle sue navi e si trova praticamente bloccato in terra egiziana.
Il contesto egiziano e l’accoglienza dei francesi
Nel 1798 l’Egitto è formalmente parte dell’Impero ottomano anche se si dimostra una provincia difficile da controllare. Il potere è di fatto detenuto dalla casta militare dei Mamelucchi, ufficialmente al soldo del sultano di Costantinopoli anche se con una grande autonomia nell’amministrazione del territorio. In particolare, Ibrahim e Murad Bey – i due governatori d’Egitto – sono i protagonisti delle azioni contro le truppe di Napoleone. La ricchezza è concentrata nelle mani delle famiglie più influenti – militari, ricchi mercanti, religiosi – mentre la maggioranza degli egiziani è costituita da contadini e ha avuto pochi contatti con gli europei.
Secondo i piani iniziali di Napoleone l’Egitto deve diventare una colonia francese e a tal proposito egli cerca di guadagnarsi l’appoggio della popolazione locale. Emana un proclama in cui ribadisce che i francesi vogliono mostrarsi rispettosi verso l’Islam e che il loro fine è quello di liberare gli egiziani dal giogo dei Mamelucchi.
Napoleone vuole dimostrare la sua sincera amicizia nei confronti del sultano ottomano perciò ordina che in ogni villaggio venga issata la bandiera ottomana, accanto a quella francese. Chiunque osi ribellarsi alle sue truppe subirà una dura punizione. In seguito vengono creati degli organi governativi locali – e uno centrale al Cairo – chiamati diwan.
Tuttavia, i francesi non incontrano il favore della popolazione che, istigata dai capi religiosi nonché dal sultano, si dimostra insofferente. Durante la campagna in Egitto e Siria le truppe napoleoniche saranno spesso vittime di agguati e ribellioni. Prima della battaglia delle piramidi si dice che Ibrahim Bey abbia descritto così gli “infedeli” francesi: “Hanno enormi bocche e occhi feroci. Sono dei selvaggi posseduti dal Diavolo, e si gettano in battaglia uniti da catene”.
Da Alessandria al Cairo: le prime battaglie vittoriose dei francesi nella campagna d’Egitto
Poco dopo lo sbarco, il 1° luglio 1798 Alessandria d’Egitto è già sotto controllo francese. Le truppe quindi cominciano a dirigersi verso Il Cairo, seguendo il corso del Nilo. Le divisioni dell’esercito avanzano attraverso il deserto, non senza problemi: la sete e la fatica rendono il morale delle truppe estremamente basso e quasi portano a un ammutinamento; le malattie, come la dissenteria e la peste bubbonica, saranno presenti in tutte le fasi della campagna d’Egitto. Ciò nonostante, la marcia prosegue a ritmi serrati e un primo scontro fra le forze di Napoleone e i Mamelucchi avviene a Shubra Khit. Le truppe locali vengono sconfitte.
I francesi ottengono un’altra vittoria nei pressi delle piramidi di Giza. Il 21 luglio 1798 si tiene la cosiddetta battaglia delle piramidi, in cui la moderna artiglieria e le tattiche dei francesi sbaragliano le antiquate forze dei Mamelucchi – guidate da Murad e Ibrahim Bey. La disparità numerica e tecnologica fra gli schieramenti in campo è decisiva. Il giorno dopo Il Cairo si arrende e Napoleone può fare il suo ingresso trionfale nella capitale.
Campagna d’Egitto: Napoleone verso la Siria
Il 9 settembre 1798 il sultano ottomano Selim III dichiara una guerra santa contro la Francia al fine di riprendersi la sua provincia, sconvolgendo così i piani del generale Bonaparte, il quale vorrebbe allacciare delle relazioni diplomatiche con il sultano. Quest’ultimo è a conoscenza del fatto che la flotta francese è stata distrutta dalla marina britannica e quindi pensa sia giunto il momento di contrattaccare e infliggere la sconfitta finale a Napoleone. L’incubo francese di una coalizione fra Impero ottomano, Gran Bretagna e Russia comincia a concretizzarsi.
Il 21 ottobre la popolazione del Cairo insorge esortata dai suoi capi religiosi. Ci vogliono due giorni per placare gli scontri: un altro segno che, nonostante le loro pretese di benevolenza, i francesi non sono i benvenuti. Ricevute notizie secondo cui i turchi, appoggiati dalla marina britannica, hanno intenzione d’invadere l’Egitto per riappropriarsi del loro territorio, il generale Bonaparte decide di far marciare le sue truppe attraverso il deserto del Sinai e la Palestina. Napoleone pensa che una rapida avanzata verso la Siria possa far cambiare idea al sultano.
Nel frattempo il peggioramento della situazione politica in Europa è al centro dell’attenzione del Direttorio, che sembra aver perso interesse riguardo alle sorti dell’armata d’Egitto e a quelle di uno scomodo comandante militare. Le speranze di poter ricevere supporto dalla madrepatria si affievoliscono. Comincia a essere chiaro agli occhi di Napoleone che la campagna d’Egitto non raggiungerà gli obiettivi prefissati.
Un primo ostacolo si materializza a El-Arish, dove una guarnigione turca oppone una resistenza tale da far ritardare l’avanzata francese di undici giorni rispetto alla tabella di marcia. Un ritardo inaspettato che si dimostrerà in seguito decisivo. Agli inizi di marzo 1799 i francesi occupano Giaffa, dove avviene un massacro gratuito e difficile da giustificare: cessati gli scontri, 3.000 soldati turchi e circa 1.000 prigionieri sopravvissuti vengono giustiziati nella cittadella.
Quasi a rappresentare una ritorsione per il massacro appena avvenuto, le truppe di Napoleone vengono colpite da una nuova e severa epidemia di peste, giusto prima dell’assedio alla fortezza di San Giovanni d’Acri.
L’assedio di San Giovanni d’Acri durerà per due mesi circa, da marzo a maggio del 1799, e sarà un fallimento. A causa del ritardo accumulato lungo il cammino, le navi della Royal Navy anticipano i francesi e si posizionano al largo della fortezza. Inoltre, le imbarcazioni britanniche hanno intercettato un trasporto marittimo di armi d’artiglieria pesante francesi, indispensabili per un assedio ma ormai andate perdute.
Napoleone si trova così ad assediare le fortificazioni con metà dell’artiglieria inizialmente prevista e con le navi britanniche che attaccano le sue divisioni dal mare. Nonostante le difficoltà legate all’assedio, una parte delle truppe francesi viene inviata più a est e respinge con successo un’offensiva dell’esercito di Damasco, inclusi 25.000 cavalieri, nei pressi del monte Tabor.
La situazione ad San Giovanni d’Acri non migliora e il 21 maggio i francesi interrompono l’assedio. Comincia una difficile ritirata verso l’Egitto. Ciò nonostante, al suo rientro al Cairo Napoleone inscena un ingresso trionfale – un chiaro esempio di propaganda, poiché in realtà il generale sta già pensando di lasciare il paese.
Non solo guerra: la missione dei “savants”
La spedizione in Egitto è guidata dai principi illuministi, secondo i quali la Francia è responsabile di esportare il progresso e la civilizzazione nella società egiziana, tradizionale e arretrata. Una visione, per dirla con Edward Said, tipica di un certo Orientalismo. Probabilmente l’unica iniziativa veramente di successo della campagna napoleonica è la fondazione dell’Institut d’Égypte.
Alla spedizione militare, infatti, vengono affiancati numerosi scienziati ed esperti di diverse discipline – i “savants” – affinché effettuino ricerche scientifiche sul campo. L’istituto è formato da quattro sezioni: matematica, fisica e storia naturale, politica economica, letteratura e arte. Il prodotto finale di queste ricerche viene pubblicato tra il 1809 e il 1829 con il titolo “Descrizione dell’Egitto“, un’opera monumentale in cui si descrive scientificamente la storia antica e moderna del paese, nonché la geografia e la storia naturale.
Alla campagna d’Egitto possiamo associare la nascita dell’egittologia quale disciplina scientifica. Nel 1799 viene ritrovata la stele di Rosetta, le cui iscrizioni in geroglifico, demotico e greco antico hanno aperto le porte allo studio della civiltà dei faraoni. Negli anni seguenti alla spedizione lo studioso francese Jean-François Champollion riesce a decifrare l’iscrizione geroglifica confrontandola con la porzione di testo scritta in greco, e servendosi anche della sua conoscenza del copto, lingua strettamente relazionata all’antico egizio.
La fine della campagna d’Egitto di Napoleone
Il 22 agosto 1799 Napoleone Bonaparte abbandona l’Egitto in gran segreto, dopo aver lasciato il comando dell’armata d’Oriente al generale Jean-Baptiste Kléber. Per le truppe rimaste seguono altri due anni di negoziati difficili e ostilità: nel 1800 i francesi respingono un attacco ottomano a Eliopoli e sopprimono una nuova rivolta al Cairo. Nell’agosto del 1801 sono i britannici a far capitolare l’avversario ad Alessandria. Solo a questo punto i soldati francesi possono essere finalmente rimpatriati.
Preoccupato dall’evolversi degli eventi in Francia e in Europa, nonché desideroso di esserne protagonista, Napoleone abbandona una campagna militare destinata al fallimento: nessun obiettivo iniziale è stato raggiunto e l’accoglienza riservata ai francesi non ha mai permesso di mantenere un controllo fermo sul territorio egiziano. L’opposizione anti-francese nel Mediterraneo orientale ne è uscita rafforzata e ovviamente i piani per indebolire la Gran Bretagna colpendo i suoi affari in Asia sono falliti.
Una nota positiva è rappresentata dall’impulso dato ai vari ambiti di ricerca scientifica. Se da un lato la spedizione militare non ha avuto successo, dall’altro la missione dei “savants” ha apportato degli sviluppi tecnologici e sanitari a molte comunità egiziane. Non da meno, le scoperte archeologiche avvenute durante quel periodo hanno portato alla luce reperti sepolti da millenni, facendo conoscere a un pubblico più ampio i tesori della civiltà faraonica.
I 4 libri consigliati da Fatti per la Storia
Hai voglia di approfondire l’argomento e vorresti un consiglio? Scopri i 4 libri consigliati dalla redazione di Fatti per la Storia sulla campagna d’Egitto, clicca sul titolo del libro e acquista la tua copia su Amazon!
- David G. Chandler, Le campagne di Napoleone, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1992.
- Paul Strathern, Napoleon in Egypt, Vintage, 2008.
- Al-Jabarti, Napoleon in Egypt: Al Jabarti’s chronicle of the French occupation 1798, Markus Wiener Pub., 2005.
- Charles C. Gillispie, L’importanza scientifica della campagna d’Egitto, in “Le Scienze”, n.315, novembre 1994, pp.76-84.