CONTENUTO
Caduta di Costantinopoli, antefatti
Il 31 ottobre del 1448 muore, dopo una lunga malattia, l’imperatore Giovanni VIII Paleologo che non lascia eredi diretti; così a succedergli è il fratello Costantino, despota della Morea, che in precedenza ha assunto per due volte la reggenza della capitale in assenza del Basileus, recatosi in Occidente nella speranza di risolvere la spinosa questione religiosa con la Chiesa Cattolica.
Acclamato dal suo esercito e incoronato il 6 gennaio del 1449 egli si insedia ufficialmente a Costantinopoli il 12 marzo. Tuttavia né la sua tenacia, né la sua abilità politica, sono sufficienti per salvare l’impero dall’inevitabile crollo.
Maometto II sale al trono
Sul fronte turco, invece, alla morte di Murad II, il 5 febbraio 1451, sale sul trono il figlio Maometto II il quale viene proclamato sultano il 18 febbraio ad Adrianopoli, la capitale dell’impero turco. Dopo aver sedato una piccola ribellione ed essere rientrato ad Adrianopoli, Maometto II, per rinsaldare ulteriormente il suo potere, ancora troppo debole agli occhi di molti, inizia a meditare su una possibile conquista di Costantinopoli.
Questo ambizioso quanto audace progetto assorbe totalmente il giovane sultano; egli passa le notti a pianificare l’impresa con meticolosa accuratezza, valutando le diverse strategie possibili da poter attuare.
Costantinopoli è stata precedentemente assediata ben due volte dagli ottomani: la prima volta nel 1394 dal sultano Bayazid e la seconda da Murad II nel 1422. Maometto II analizza con molta attenzione gli assedi condotti dai suoi predecessori ed individua la ragione principale per cui hanno fallito: in entrambi i casi le forze che hanno cinto le mura dal lato della terraferma non sono state sostenute da un’adeguata forza navale che avrebbe dovuto bloccare la città dalla parte del mare.
Ragion per cui il sultano da l’ordine di iniziare a costruire una grande flotta e contemporaneamente prende la decisione di innalzare una munita fortezza sul Bosforo, nelle immediate vicinanze della capitale, per bloccare l’accesso al Mar Nero alle navi provenienti dall’Europa.
I rinforzi europei
Vista la situazione sempre più disperata, l’imperatore Costantino invia altri ambasciatori a Venezia e Roma per informare il Doge ed il pontefice sul drammatizzarsi degli eventi e per chiedere nuovamente un aiuto militare. Qualcosa si muove e il 16 ottobre arrivano a Costantinopoli il Cardinale greco Isidoro, in passato metropolita di Kiev ed ora legato pontificio, e l’arcivescovo di Militene, Leonardo di Chio, insieme a circa duecento uomini.
Il contributo militare più significativo per la causa bizantina non viene offerto dai potenti regnanti occidentali, ma da un soldato di ventura genovese, Giovanni Giustiniani, il quale sbarca nella capitale il 16 gennaio 1453 con due navi e circa 400 o 700 uomini.
Nominato immediatamente “protostrator” dall’imperatore, Giustiniani organizza nel migliore dei modi la difesa della città: vengono effettuati lavori di rafforzamento delle mura terrestri, ripuliti e scavati nuovi fossati e all’ingresso del Corno D’Oro viene tesa una pesante catena di ferro che di fatto avrebbe sbarrato l’accesso al porto alla flotta ottomana.
L’assedio di Costantinopoli del 1453
L’esercito di Maometto giunge nei pressi di Costantinopoli il 4 aprile 1453, con al seguito un’enorme bombarda trainata da un tiro che conta tra i 60 ed i 150 buoi (si pensi che il trasporto dell’enorme bombarda richiese circa 2 mesi). I soldati bizantini si distribuiscono lungo tutta l’estensione delle mura terrestri e in misura minore lungo quelle marittime; il tratto più vulnerabile è senza dubbio quello compreso tra la porta di Adrianopoli e quella di San Romano; questo il Basileus e Giovanni Giustiniani lo sanno bene, così come sono consapevoli del fatto che Maometto avrebbe concentrato in quel punto il grosso dell’artiglieria, ragion per cui si posizionano lì con gli uomini migliori di cui dispongono.
Sul numero complessivo dei difensori della città si hanno dati contrastanti nelle fonti: c’è chi parla di 4.973 uomini, chi di 5000 e 7000, il grosso composto da greci ed il resto da latini. Anche le stime dell’esercito turco variano tantissimo: si va dai 160 mila ai 700 mila combattenti.
Il 12 aprile i cannoni iniziarono a tuonare:
“Per prima cosa vi fu un tremendo ruggito, e la terra tremò per un lunghissimo tratto, e non si era mai udito prima un rumore come quello. Poi, con un boato stupefacente e uno schianto agghiacciante e una fiammata che incendiò tutto quello che si trovava lì intorno, lasciandolo annerito, la canna, animata al proprio interno da un’esplosione di aria calda e secca, mise con violenza in moto la pietra e la sputò fuori”. (Nicolò Barbaro, Giornale dell’assedio di Costantinopoli)
In poco tempo le bombarde dimostrano di essere ben altra cosa rispetto alle armi meno efficaci utilizzate da Murad II nell’assedio del 1422. Con il passare delle ore e dei giorni le palle di cannone che si vanno a schiantare contro le mura terrestri iniziano a far sbriciolare interi tratti murari.
Per quanto spettacolari siano queste demolizioni, il danno arrecato, tuttavia, non è determinante per chiudere subito la questione. Danneggiare seriamente le possenti mura di Costantinopoli richiede tempo e ciò consente a Giovanni Giustiniani di prendere efficaci contromisure: egli fa riempire i varchi che si aprono nelle mura con sacchi di lana e barili ricoperti da cumuli di terra per attutire i colpi.
Con il trascorrere dei giorni e delle settimane, sotto gli incessanti bombardamenti ed i continui scontri, senza più la speranza di essere soccorsi dagli europei, la tensione e la frustrazione iniziano a serpeggiare tra i difensori, tanto che Giovanni Giustiniani e il Megadux Luca Notara giungono quasi alle mani per un futile motivo.
Il 26 maggio Maometto fa cessare i combattimenti e proclama un digiuno solenne di tre giorni; ordina, inoltre, alle sue truppe di accendere in tutto l’accampamento falò votivi e di invocare con le preghiere l’aiuto divino in vista dell’assalto finale da lui pianificato.
In città, nel frattempo, si approfitta della breve tregua per erigere delle barricate nei punti in cui si sono create delle falle e per riorganizzare la difesa; l’imperatore pronuncia un lungo discorso ai suoi soldati nel tentativo di infondere ulteriore coraggio e determinazione, ma la situazione è ormai disperata.
29 maggio 1453: l’attacco di Maometto II
Alle 3 di mattina del 29 maggio ha inizio l’attacco turco che si svolge in tre ondate successive: nella prima sono impiegate dal sultano le truppe di minore valore, composte prevalentemente da cristiani che prestano servizio nel suo esercito per adempiere al dovere di vassallaggio dei loro sovrani nei confronti degli ottomani; la seconda ondata, invece, si compone di soldati provenienti dall’Anatolia e sicuramente più motivati.
Nel tentativo di scalare le mura, queste truppe ausiliarie subiscono numerosissime perdite senza riuscire a sfondare, ma realizzano comunque l’obiettivo di Maometto: fiaccare la resistenza dei bizantini. A questo punto scendono in campo i giannizzeri che costituiscono il corpo d’élite dell’esercito ottomano.
Nonostante lo smisurato vantaggio numerico dei turchi, le difese continuano a reggere fino a quando non si verifica un fatto che quasi tutte le fonti individuano come la causa principale della disfatta:
“Quando il favore della fortuna cominciò a passare nelle mani dei turchi, Dio tolse dal centro dello schieramento bizantino il grande comandante Giovanni Giustiniani, un vero gigante, un uomo forte e bellicoso. Infatti, quando era ancor buio, fu colpito da una palla di piombo alla mano del braccio che impugnava lo scudo e poiché la palla gli aveva lacerato la cotta di ferro non potè più continuare a rimanere a causa della ferita. (Ducas, Storia Turco-Bizantina).
Giovanni Giustiniani, ferito gravemente, abbandona la zona dei combattimenti e viene portato su una nave ormeggiata nel porto per essere medicato, ma nel putiferio della battaglia nessuno pensa di nominare un comandante che sia in grado di sostituirlo e quando i soldati notano la sua assenza iniziano inconsciamente ad arretrare.
Contemporaneamente uno sparuto gruppo di soldati ottomani scopre fortuitamente un passaggio nella muraglia interna, vicino la porta di San Romano, riuscendo così a penetrare al di là delle barricate. E’ da quel momento che la difesa comincia a cedere e l’esercito ottomano non trova più nessun ostacolo al suo riversarsi in città.
La morte dell’imperatore Costantino
Quando anche i bizantini che stanno continuando a battersi lungo le mura marittime si trovano i nemici alle spalle il panico e il disorientamento si diffonde tra i difensori; molti soldati rinunciano immediatamente a combattere arrendendosi agli invasori, altri fuggono verso casa nella speranza di mettersi in salvo con i familiari.
Durante lo sfondamento turco perde la vita anche l’imperatore Costantino XI e i resoconti sulle modalità della sua morte divergono notevolmente: alcuni hanno scritto che muore trafitto da una moltitudine di frecce mentre combatte eroicamente; altri che viene decapitato mentre tenta ignobilmente di fuggire; altri ancora che si toglie la vita per la disperazione gettandosi dalle mura.
Sta di fatto che l’unica cosa di cui abbiamo certezza è che l’ultimo imperatore Paleologo muore in quella giornata.
La caduta di Costantinopoli
Gli ottomani dilagano verso il centro saccheggiando e prendendo in ostaggio tutte le persone che trovano lungo le strade e all’interno delle abitazioni. Buona parte della popolazione di Costantinopoli si rifugia nella basilica di Santa Sofia confidando in un’antica profezia secondo la quale, se mai dei nemici avessero invaso la città, dal Paradiso sarebbe disceso un angelo che non gli avrebbe consentito di entrare nella cattedrale. Purtroppo non si compie alcun miracolo e tutte le persone che lì si radunano vengono fatte prigioniere.
Stando a calcoli attendibili, soltanto 16 navi, con a bordo circa 6.000 persone, riescono a fuggire, su una popolazione che conta tra i 50 ed i 60 mila abitanti. Maometto II, che da quel momento viene ricordato come il Conquistatore per questa sua impresa nella quale molti suoi predecessori hanno fallito, fa il suo ingresso in città solo nel primo pomeriggio, accompagnato dai suoi visir e comandanti. Una volta giunto all’interno di Santa Sofia non rinuncia a ringraziare Allah.
Per il comandante genovese Giovanni Giustiniani, invece, non c’è niente da fare, muore durante la fuga in mare per la grave ferita riportata durante la battaglia. Tra i superstiti vi è invece il cardinale Isidoro di Kiev che il 6 luglio invia dall’isola di Creta un appello rivolto a tutti i popoli cristiani con il quale li invita a mettere da parte ogni diatriba e unire le forze per combattere insieme contro la minaccia turca:
“Udite voi popoli tutti, prestate orecchio voi tutti che abitate la terra. Sia noto a tutti voi, miei signori e fedelissimi cristiani, che ormai è alle porte il precursore dell’Anticristo, il principe e il signore dei turchi, il cui nome è Maometto. Un nemico tale della fede cristiana non ci fu mai, e non c’è uno simile a lui, né alcun uomo vide mai né vedrà tra il popolo cristiano. Questi è colui che ha espugnato e distrutto la città di Costantinopoli, un tempo la più felice tra le città ed ora purtroppo la più infelice e la più misera. Non lasciarono in vita un solo abitante all’interno della città. Costantinopoli è morta e non c’è più in essa alcun segno di vita. (…) Io supplico, prego e esorto voi tutti o cristiani di fare innanzi tutto la pace tra di voi e di unirvi, di bandire ogni meschinità e ogni sentimento di debolezza. Preparatevi ad essere coraggiosi, tenaci e generosi per potervi gettare sui nemici e infedeli con animo virile”.
Nel giro di qualche settimana la notizia della caduta della capitale dell’impero bizantino raggiunge Venezia e da lì si diffonde negli altri stati della penisola e in Europa suscitando ovunque sgomento e terrore. Nonostante ciò nessuna guerra viene organizzata contro i turchi e Costantinopoli diventa da quel momento la capitale dell’Impero ottomano.
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- Georg Ostrogorsky – Storia dell’impero bizantino
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Agostino Pertusi – La caduta di Costantinopoli