CONTENUTO
di Giuseppe Gabutti
Il triunvirato della Bürgerbräukeller
La sera dell’8 novembre 1923, alle ore 20,15, nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco di Baviera, Gustav von Kahr comincia ad esporre il suo programma politico davanti ad un numeroso gruppo di civili presenti. Von Kahr non è da solo; nel locale vi sono anche il generale dell’esercito Otto von Lossow e il colonnello Hans von Seisser, capo della polizia bavarese.
La scelta della birreria Bürgerbräukeller non è casuale; il locale, di proprietà della Löwenbräu, situato in un quartiere del centro di Monaco, è dotato di una grande sala rettangolare in grado di ospitare fino a tremila persone: è quindi perfettamente adatto per tenere un comizio pubblico. E’ tradizione tipicamente tedesca parlare di politica o tenere dibattiti nelle birrerie: forse aveva ragione lo storico romano Tacito quando aveva scritto che i popoli germanici amano discutere di cose importanti bevendo birra.
Von Kahr è un politico bavarese e in Baviera è Commissario di Stato, carica che gli conferisce ampi poteri governativi: in tutta la Germania sono molto forti le tensioni sociali e politiche determinate dalla grave crisi economica seguente la sconfitta subita nella Prima guerra mondiale da poco conclusa.
In Baviera alle agitazioni sociali e politiche si sommano mai sopite posizioni indipendentiste: von Kahr è un monarchico che, grazie ai poteri governativi detenuti, pensa di separare la Baviera dal resto della Germania restaurando l’antica dinastia bavarese dei Wittelsbach.
A von Kahr l’esempio arriva dalla Renania: nell’ottobre 1923 Joseph Friedrich Matthes, assieme ai suoi sostenitori, ha proclamato ad Aquisgrana la Repubblica renana, anche se tale iniziativa politica sembra destinata a incerti sviluppi perché priva di vasto sostegno popolare e per di più incoraggiata e sostenuta da due Stati stranieri, la Francia e il Belgio, le cui truppe hanno occupato nel gennaio 1923 la Ruhr, una zona della Renania molto industrializzata; è la risposta franco-belga ad un mancato pagamento di una rata della pesante indennità di guerra imposta alla Germania.
Von Kahr, von Lossow e von Seisser hanno formato una sorta di “triumvirato” pronto a sfidare il potere centrale di Berlino: fra i primi atti del triumvirato vi è il rifiuto di eseguire l’ordine del governo tedesco di chiudere il “Völkischer Beobachter” (Osservatore popolare); è il giornale del partito nazista, molto critico nei confronti del governo della repubblica tedesca nata dopo la sconfitta militare.
Fra i suoi collaboratori vi è il letterato Dietrich Eckart, esponente della Società Thule, un’organizzazione segreta nazionalista e antisemita; Thule ovvero “estremo confine” è il nome, presente negli scritti del navigatore greco Pitea, di una lontana terra dell’Europa settentrionale, considerata dalle popolazioni germaniche come propria zona d’origine.
Il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori
La Società Thule ha sede a Monaco di Baviera, città in quegli anni centro del nazionalismo di destra; vi operano il generale Erich Ludendorff, fra i più noti comandanti militari durante il recente conflitto, e il Partito Tedesco dei Lavoratori, una formazione politica nazionalista e antisemita, fondata nel gennaio 1919 dall’operaio Anton Drexler, alla quale nel settembre dello stesso anno ha aderito il caporale dell’esercito tedesco Adolf Hitler.
E’ su proposta di Hitler che la formazione politica assume il nome di Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori: un partito che associa il nazionalismo con l’idea “sociale”, fondata sulla collaborazione fra capitalisti e lavoratori nel solo interesse del progresso economico della Germania.
Assoluta priorità per Hitler, che nel luglio 1921 è riuscito a strappare la guida del partito a Drexler, è dare al partito stesso una connotazione più fortemente antimarxista, antidemocratica e antisemita, è la costruzione di un glorioso futuro per la Germania, per tutta la Germania unita.
Per Hitler le spinte indipendentiste locali sono da contrastare, anche in modo energico: si ricorda in proposito l’assalto alla birreria Löwenbräukeller di Monaco messo in atto da Hitler e dai suoi sostenitori il 14 settembre 1921 allo scopo di impedire a Otto Ballerstedt di tenere una conferenza.
Ballerstedt è un politico bavarese, fondatore del Bayernbund, un’organizzazione che ha lo scopo di potenziare ulteriormente le già riconosciute autonomie delle varie regioni della Germania previste dalla costituzione della repubblica federale tedesca.
Hitler considera Ballerstedt un separatista e ne teme le capacità oratorie: in quell’occasione arriva anche ad aggredirlo fisicamente; ne segue un processo in cui il leader nazista è condannato a 100 giorni di reclusione e al pagamento di 1000 marchi.
Ora, due anni dopo i fatti della Löwenbräukeller, Hitler teme che von Kahr, von Lossow e von Seisser, forti dei poteri derivanti dalle cariche che ricoprono, intendano realmente separare la Baviera dal resto della Germania; deve prevenirli, ma nello stesso tempo è consapevole di aver bisogno del loro appoggio e delle loro truppe se vuole marciare su Berlino, imitando così la marcia su Roma di Benito Mussolini dell’anno precedente. Nelle intenzioni di Hitler la Baviera, una delle regioni più estese della Germania, deve diventare la base per l’abbattimento della repubblica tedesca.
Pertanto, venuto a conoscenza che la sera dell’8 novembre von Kahr, von Lossow e von Seisser avrebbero tenuto un discorso indipendentista davanti a molte persone nella birreria Burgerbraukeller di Monaco, Hitler decide di agire prima di essere scavalcato dai separatisti.
Il tentativo rivoluzionario di Hitler
Alle ore 20,45, dopo aver fatto circondare l’edificio dai suoi uomini, Hitler irrompe nella birreria con un gruppo di nazisti; è armato, spara un colpo di pistola in aria allo scopo di intimorire i presenti; anche alcuni uomini che lo hanno scortato sono armati e puntano i loro fucili sugli avventori che hanno la via di fuga bloccata da una mitragliatrice posta davanti all’ingresso della birreria.
Hitler prende subito la parola: afferma che la rivoluzione nazionale sotto la sua guida è cominciata e assicura, mentendo, che le forze armate locali sono passate dalla sua parte; quindi si ritira in una stanza con i “triumviri” per convincerli a collaborare alternando minacce a promesse di incarichi in un prossimo governo da lui presieduto.
In sala rimangono un manipolo di nazisti e Hermann Goering, futuro ministro dell’Aviazione della Germania hitleriana; è un uomo conosciuto, ricordato come pilota che ha fatto parte della squadriglia aerea comandata da Manfred von Richtofen, l’asso dell’aviazione tedesca durante la guerra. Goering, di fronte al comprensibile stato di agitazione diffuso fra gli avventori, cerca, senza molto successo, di riportare la calma.
Nel frattempo giunge nel locale il generale Erich Ludendorff, il cui arrivo è di grande aiuto ai nazisti, Ludendorff non intende restare escluso dall’evento storico di cui è a conoscenza: suo primo atto è quello di assumere il ruolo di mediatore fra i nazisti e i “triumviri”.
La presenza del generale, eroe nazionale della Grande guerra, è determinante: dà una sorta di autorevolezza all’iniziativa e finisce per convincere, seppur tiepidamente, von Kahr, von Lossow e von Seisser ad appoggiare il piano dei nazisti. Hitler, tornato nella sala, tiene un violento discorso “contro il governo giudeo di Berlino” e annuncia ai presenti la nascita di un esecutivo nazionale pronto a restituire al Paese il prestigio di un tempo.
Verso le ore 23,30 l’assemblea si scioglie. Hitler passa la notte a preparare la giornata successiva. Von Kahr, von Lossow e von Seisser, invece, si smarcano dall’iniziativa; diffondono un comunicato in cui si dissociano completamente da quanto avvenuto nelle ore precedenti e segue l’ordine di scioglimento immediato del partito nazista.
“Putsch” in lingua tedesca significa “ribellione”, ma il termine è comunemente usato per indicare un “colpo di Stato”; certamente il putsch organizzato da Hitler non è un’operazione studiata e strutturata con rigore. Ne è un esempio l’insufficiente azione messa in atto durante la notte dalle Sturm Abteilung” (reparti d’assalto), la forza paramilitare nazista sorta nel 1921 e conosciuta anche con il nome di “camicie brune” per il colore della loro divisa.
Queste ultime non sono riuscite a bloccare o a porre sotto controllo le comunicazioni fra la Baviera e Berlino, consentendo così ai vertici governativi della capitale di essere informate del putsch e di provvedere a dare risposte immediate alle locali forze armate. È relativamente facile per la polizia e per l’esercito accerchiare quei reparti paramilitari che, sotto la guida di Ernst Röhm, hanno parzialmente occupato il ministero della Guerra.
Nonostante tutto, Hitler e Ludendorff sono comunque decisi a portare avanti l’iniziativa; con l’obiettivo di raggiungere il centro di Monaco di Baviera organizzano una manifestazione per il giorno seguente, il 9 novembre, quinto anniversario della proclamazione della Repubblica. Ludendorff è convinto che la sua presenza sia estremamente importante: quale militare proverebbe a bloccare un corteo guidato da un generale conosciuto e stimato per quanto ha fatto durante il conflitto?
La mattina seguente circa tremila nazisti si muovono verso il centro di Monaco, sventolano bandiere con la svastica, ma si intravede anche qualche bandiera della Germania: non della Germania repubblicana, che poi è quella attuale, ma la bandiera della Germania monarchica con i colori nero, bianco e rosso rispettivamente disposti a strisce orizzontali dall’alto verso il basso.
Forze dell’ordine e forze armate, però, si sono già dispiegate in conformità con le direttive provenienti dal governo centrale: alle ore 12,00 manifestanti da una parte, poliziotti e soldati dall’altra si trovano contrapposti nel centro della città, nei pressi della Feldherrnhalle, nell’Odeonsplatz.
La richiesta degli insorti di abbassare le armi perché nel corteo è presente il generale Ludendorff non ha effetto; è forse il manifestante nazista Julius Streicher, di professione maestro elementare, a sparare il primo colpo; poliziotti e militari rispondono al fuoco: sedici nazisti sono uccisi, altri feriti, altri si gettano in terra per evitare di essere colpiti. Solo il generale Ludendorff impavidamente rimane in piedi ed è fra i primi ad essere arrestato.
Un nutrito gruppo di nazisti inizia a darsi alla fuga, fra questi vi sono Goering e Hitler, entrambi feriti; Hitler è ferito in modo leggero. Perdono la vita anche tre poliziotti. In pratica, intorno alle ore 12,30 il Putsch può dirsi concluso. Polizia ed esercito hanno saldamente il controllo della città; anche Rohm con il suo gruppo di Sturm-Abteilung si è arreso al Ministero della Guerra ed è catturato.
Seguono numerosi arresti fra i partecipanti al putsch: i più noti sono quelli di Hitler, di Dietrich Eckart, poi fatto uscire dal carcere per problemi di salute che lo porteranno alla morte nel mese seguente, di Rudolph Hess, successivamente esponente di spicco del partito nazista, di Alfred Rosenberg, direttore del “Völkischer Beobachter”, in seguito tristemente ricordato come colui che organizzerà i campi di sterminio della popolazione ebraica, e di Julius Streicher, poi direttore del settimanale antisemita “Der Sturmer” e futuro organizzatore del boicottaggio delle attività commerciali ebraiche. Goering riesce invece a riparare in Austria.
I processi si concluderanno con pene relativamente miti, nonostante la pesante accusa di “alto tradimento”. Hitler è condannato a cinque anni di reclusione, ma in carcere resterà solo nove mesi, tutti dedicati alla composizione del “Mein Kampf”, in cui sono esposti i principi e i fini del nazismo nonché il futuro programma politico della Germania hitleriana. Ludendorff è, invece, assolto: troppo popolare per subire una condanna, anche se il suo futuro politico è seriamente compromesso.
I fatti dell’8 e del 9 novembre 1923 avrebbero potuto segnare la fine del nazismo invece l’atteggiamento indulgente delle autorità statali ha consentito che il partito nazista da movimento locale, in pratica bavarese, diventasse punto di attrazione di tutta l’estrema destra tedesca.
D’altronde, nella Germania di quegli anni, al contrario dell’Italia, gran parte della classe dirigente e dei vertici delle forze armate considerano un politico come Hitler un semplice avventuriero e sono convinti di poter difendere i propri interessi senza alcun mutamento istituzionale.