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La mattina del 6 agosto 1945, alle ore 9,30, gli americani sganciano sulla città giapponese di Hiroshima la bomba atomica “Little Boy“. A questa segue, tre giorni dopo, il lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki. Le due bombe atomiche hanno effetti devastanti sulle città e provocano la morte di oltre duecento mila persone. I due bombardamenti hanno come conseguenza la resa del Giappone e la fine della guerra anche in Estremo Oriente.
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Truman alla conferenza di Potsdam
Il presidente americano Harry Truman prende parte, insieme a Winston Churchill e Iosif Stalin, alla Conferenza di Potsdam, i cui lavori si inaugurano il 17 luglio 1945 e si concludono il 2 agosto. Nel corso degli incontri Truman informa, in maniera molto cauta, sia il dittatore sovietico che il primo ministro inglese di voler utilizzare contro il Giappone una nuova bomba distruttiva, molto più forte rispetto a tutte quelle utilizzate fino a quel momento.
La mattina del 16 luglio, infatti, gli americani testano in gran segreto, la bomba atomica presso il poligono di Alamogordo. I risultati del test sono positivi e successivamente uno dei presenti di quel giorno descriverà per il “New York Times” l’evento a cui ha assistito:
“Una luce non di questo mondo, la luce di molti soli in uno. Un’alba che il mondo non ha mai visto, un gran supersole verde che sale in una frazione di secondo fino a toccare le nuvole, accendendo la terra e il cielo tutto intorno di una luminosità abbagliante.”
La scelta di Hiroshima e Nagasaki
Di fronte al rifiuto giapponese di accettare una “resa incondizionata” il presidente Truman pronuncia a inizio agosto un discorso nel quale avverte esplicitamente i propri avversari:
“Il popolo giapponese ha molto sofferto sotto i colpi dei nostri attacchi terrestri, navali ed aerei. Finché il loro governo e le loro forze armate continueranno la guerra, l’intensità dei nostri colpi continuerà ad aumentare. Non cesserà fino al giorno in cui le forze armate giapponesi deporranno le armi arrendendosi incondizionatamente.
Che cosa significa per il popolo giapponese la resa incondizionata delle sue forze armate? Significa la fine della guerra e dell’agonia che il Giappone soffre nella vana speranza di una vittoria.”
Come città cavia da colpire il ministro della guerra americano Henry Stimson sceglie Hiroshima perché ha una dimensione e una localizzazione tali da favorire la distruzione di gran parte della città. L’obiettivo degli americani è, infatti, quello di mettere in ginocchio il paese nipponico, infliggendogli un colpo tremendo per indurre l’imperatore Hirohito e i comandi militari ad accettare la resa.
Il generale Henry Arnold, capo di stato maggiore dell’aviazione, seleziona come secondo obiettivo, dopo Hiroshima, il centro di Nagasaki, per sperimentare la potenza dell’atomica anche in un luogo circondato da monti, oltre che in una zona pianeggiante.
La bomba atomica su Hiroshima, 6 agosto 1945
Il 5 agosto Truman da il via definitivo all’operazione con un breve messaggio: “Procedete come previsto, per il sei corrente“. Così alla mezzanotte gli equipaggi dei bombardieri si preparano per la missione; l’aereo destinato a trasportare la bomba atomica, denominata dagli uomini “Little Boy“, è ribattezzato “Enola Gay“, dal nome della madre del comandante Paul Tibbets.
L’Enola Gay decolla insieme agli altri bombardieri alle 3.20 del mattino e il volo si svolge senza alcun imprevisto tanto che alle 9.00 l’aereo è già nei pressi di Hiroshima. La Little Boy viene sganciata sulla città alle 9,30; l’esplosione, paragonata dai testimoni oculari ad un “immenso lampo fotografico“, rade al suolo il centro abitato della città provocando la morte istantanea di 80 mila persone, alle quali se ne aggiungeranno altre 70 mila nei giorni seguenti.
L’intero centro residenziale viene completamente polverizzato mentre la temperatura al suolo raggiunge i 5 mila gradi. Sganciata la bomba Tibbets porta l’Enola Gay il più lontano possibile dal luogo dell’esplosione, raggiungendo in pochi secondi i 10 mila metri di quota, mentre sotto di lui intravede lo scheletro abbrustolito di Hiroshima.
Dalla testimonianza di un medico miracolosamente sopravvissuto al bombardamento atomico emerge tutta la drammaticità e la disperazione di quei momenti:
“Per le vie non c’erano più che cadaveri. Alcuni pareva che fossero stati irrigiditi dalla morte nell’atto di fuggire; altri erano schiacciati al suolo, come se un gigante ve li avesse scagliati da grande altezza. Hiroshima non era più una città ma una prateria bruciata. Come sembrava piccola Hiroshima adesso che le sue case erano sparite”.
Il giorno seguente il governo di Tokyo dirama via radio il seguente comunicato:
“Hiroshima ha subito dei danni considerevoli in seguito ad un raid eseguito ieri da alcuni bombardieri americani B29. Un’inchiesta è in corso”.
La bomba atomica su Nagasaki, 9 agosto 1945: la resa del Giappone
Il lancio della seconda bomba sul Giappone viene deciso perché diversi politici e capi militari sono convinti che un’altra atomica sia necessaria per spingere definitivamente l’imperatore Hirohito e i suoi consiglieri ad arrendersi alla superiorità americana.
La bomba atomica al plutonio, soprannominata “Fat Man“, viene sganciata su Nagasaki la mattina del 9 agosto, dal bombardiere Boeing B-29 Superfortress. Gli effetti dell’esplosione sono anche qui devastanti: muoiono all’istante circa 30 mila persone e la distruzione della città è totale.
A questo punto per il paese nipponico non rimane altra scelta se non accettare la resa incondizionata. Il 15 agosto i giapponesi ascoltano per la prima volta la voce dell’imperatore Hirohito, che attraverso la radio si rivolge direttamente al suo popolo, annunciando la fine della guerra:
“Continuare la guerra può significare soltanto la distruzione della Nazione intera. Il Giappone deve quindi accettare l’ultimatum degli alleati e sopportare ciò che è sicuramente molto duro.”
Subito dopo il discorso dell’imperatore molte alte personalità militari e civili del Giappone decidono di non sopravvivere al disonore della sconfitta e di ricorrere all’harakiri, un’antica forma di suicidio medievale che consiste nello squarciarsi il ventre con la spada da samurai.
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