Il 30 gennaio 1972, a Derry, in Irlanda del Nord, il 1° Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico aprì il fuoco contro dei manifestanti cattolici per i diritti civili: è la Bloody Sunday, la domenica di sangue.
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30 gennaio 1972, la Bloody Sunday di Derry
La domenica di sangue avvenne nel contesto di una manifestazione per i diritti civili organizzata dalla Northern Ireland Civil Rights Association per protestare contro l’incarceramento di alcuni sospetti membri dell’IRA senza alcuna prova a sostegno. A seguito di alcuni tafferugli esplosi tra alcuni manifestanti e i soldati dell’esercito britannico, gli scontri subirono una rapida escalation di violenza. L’esercito britannico aprì il fuoco sui civili colpendo 26 persone, delle quali ne morirono 14. La maggior parte morirono prima dell’arrivo dei soccorsi, mentre una delle vittime morì quattro mesi dopo a seguito delle ferite riportate.
Le conseguenze della Bloody Sunday
La brutalità di quelle azioni commesse dall’esercito britannico scatenò un’ondata di risentimento in tutta l’Irlanda del Nord, portando ad un aumento vertiginoso delle iscrizioni all’IRA, la Irish Republican Army, Il 2 febbraio, il giorno in cui furono seppellite 12 vittime della domenica di sangue, una enorme ondata di scioperi scosse tutta l’Irlanda, da Dublin a Cork, da Dundalk a Waterford, da Galway a Sligo e Letterkenny, divenendo una delle più grandi manifestazioni sindacali delle storia recente irlandese.
Nel 2010, il governo britannico si pronunciò definitivamente, con il Saville Report, sulla Bloody Sunday di Derry, riconoscendo che nessuna delle vittime fosse una minaccia per i soldati e che le azioni di questi ultimi furono prive di giustificazione alcuna.