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Chi è Pio IX? Un pessimo cristiano e un papa ancor peggiore? Un uomo senza scrupoli o un principe illuminato? «Un rettile incoronato», come descritto dal Gavazzi, «la cancrena d’Italia, metro cubo di letame», come affermato da Garibaldi, «un prete infame», come sostenuto da Carducci, oppure un santo, un grande italiano? Chi è veramente il conte Giovanni Maria Mastai Ferretti salito al soglio di Pietro con il nome di Pio IX?
Viva Pio IX!
Tra i mazziniani che vivono in esilio, a causa delle simpatie repubblicane, c’è il sacerdote Vincenzo Gioberti, il quale, avendo perso ogni fiducia nel credo mazziniano, da Bruxelles, nel 1843, pubblica un libro, diffuso subito in Italia, che suscita enorme interesse, dal titolo: Del primato morale e civile degli Italiani. L’autore sostiene che l’Italia sia superiore a qualsiasi altra nazione in quanto sede del successore di Pietro, perché: «A Roma, ivi risiede il capo che regge, il braccio che muove, la lingua che ammaestra, e il cuore che anima la Cristianità Universale».
Per questo motivo, nel Medioevo, l’Italia è stata guida di tutta Europa e nulla impedisce che ora lo diventi di nuovo, a condizione che gli italiani si rivolgano con fiducia al papa e questi, a sua volta, abbandoni la prudenza e abbracci le idee liberali: sotto una guida così prestigiosa, che nessuna potenza straniera può mettere in discussione, gli italiani tornerebbero uniti. Gioberti propone una confederazione di tutti i sovrani italiani sotto la presidenza del papa regnante: questa avrebbe in Roma la sua capitale e nel Piemonte la sua provincia guerriera.
Il libro suscita l’entusiasmo di molti intellettuali cattolici, tra i quali il lombardo Alessandro Manzoni e il piemontese Massimo D’Azeglio. C’è, tuttavia, chi non crede nella possibilità che il papa (Gregorio XVI, un papa ieratico e conservatore) conceda riforme, tanto meno nella possibilità che l’Austria rinunci alla Val Padana.
Ma ecco la svolta: nel 1846, tre anni dopo la pubblicazione del libro di Gioberti, Gregorio XVI muore. Tra i cardinali che sostenevano un candidato liberale e quelli che ne sostenevano uno gradito all’Austria, si svolge in conclave (l’ultimo al Quirinale) una lunga battaglia che tiene tutta la nazione con il fiato sospeso. Finalmente emerge un nome che mette tutti d’accordo: quello del Cardinale Mastai Ferretti, vescovo di Imola, uomo docile, moderato. La figura del nuovo pontefice attira l’interesse di molti patrioti.
Basta un gesto del tutto consueto (l’amnistia, cioè la liberazione dei detenuti politici, con la quale ogni papa usava inaugurare il pontificato) per suscitare entusiasmi travolgenti e manifestazioni in tutte le piazze italiane al grido di «Viva PioIX!». Persino Pasquino, la statua parlante di Roma, lo saluta con «Sei dotto, Sei buono, Sei Pio…». Il Risorgimento ha un nuovo protagonista!
Biografia di Gianmaria Mastai Ferretti
Giovanni Maria nasce il 13 maggio 1792 a Senigallia dalla nobile famiglia marchigiana dei Mastai Ferretti; all’età di cinque anni, giocando, cade in un torrente e si salva per miracolo: il trauma gli provoca frequenti attacchi di epilessia, dai quali guarirà molti anni più tardi. Nel 1803, viene mandato a studiare presso il nobile collegio di Volterra, diretto dai padri Scolopi; successivamente, prosegue gli studi presso uno zio prete di Roma, ma la bufera napoleonica lo costringe ad un repentino ritorno a Senigallia.
Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, con il ritorno di Pio VII a Roma, riprende gli studi, dedicandosi, nel tempo libero, ai ragazzi di strada ospitati in un edificio in cui si tenta di educarli, istruirli e avviarli a una professione. Il suo grande sogno, però, è diventare guardia nobile: non ci riesce a seguito delle precarie condizioni di salute. Il rammarico è tanto, ma libero da preoccupazioni di carriera militare, studia teologia per avviarsi al sacerdozio: il 10 aprile 1819 è consacrato prete. Si dedica alla vita pastorale cercando di dare attenzione ai più deboli; nella sua Senigallia tiene una missione fra il popolo (si ha testimonianza di un marinaio suo paesano che afferma: «Gianmaria predica… predica come un diavolo»).
Nominato direttore dell’Opera Tata Giovanni, si prodiga con quotidiana intensità nell’educazione dei giovani, i quali, quando apprendono la notizia della sua missione diplomatica in Cile per volere di Pio VII, non nascondono lo sconforto. Il Cile è uno Stato anticlericale e la missione è durissima, al punto che non si riesce a stabilire negoziati ufficiali; la delegazione è costretta, quindi, a far rientro in Italia. A Roma dopo un breve soggiorno di riposo a Senigallia in famiglia, Leone XII gli assegna l’incarico di dirigere l’ospizio di San Michele a Ripa dove si prende cura dei vecchi, delle penitenti, delle fanciulle povere e dei giovani abbandonati.
Il papa, colpito dall’ottimo lavoro di don Gianmaria, lo nomina Arcivescovo di Spoleto: il 25 maggio 1827, a soli 35 anni di età, è consacrato. Subito inizia le visite pastorali nelle parrocchie della sua diocesi applicandovi l’esperienza accumulata negli anni precedenti come direttore del Tata Giovanni: corregge la disciplina del clero diocesano e dei religiosi, promuove esercizi spirituali e incontri per la formazione cristiana. È un pastore mite e caritatevole, al punto da impegnare i suoi mobili per ottenere prestiti per la carità.
Gianmaria Mastai Ferretti: un vescovo liberale
Spoleto è un centro politicamente difficile nel quale occorre essere fermi e capaci e allo stesso tempo mediatore. Durante le sollevazioni preunitarie del 1831, come delegato straordinario, salva le città da inutili spargimenti di sangue convincendo i generali del Pontificio esercito a essere magnanimi con i rivoltosi. A quest’ultimi concede soldi e passaporti per deporre le armi e fuggire.
Il vescovo Gianmaria è un vescovo liberale: non poteva essere altrimenti perché «in casa Mastai – secondo un‘affermazione del cardinal Lambruschini – anche i gatti sono liberali». Il suo episcopato è pieno di gesti che attenuano con intelligenza tensioni politiche altrimenti insostenibili. Si deve a queste capacità, infatti, la promozione alla sede cardinalizia di Imola, zona calda, di frontiera, piena di trabocchetti, in cui assomma l’ordinariato alla guida politica della delegazione territoriale.
A Imola non disdegna le frequentazioni liberali: sono assidui in episcopio Felice Orsini (giovane rivoluzionario che sarà ghigliottinato a Parigi a seguito di un attentato non riuscito alla vita di Napoleone III), Marco Minghetti e Luigi Carlo Farini (futuri presidenti del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia).
Il papa regnante, l’anziano Gregorio XVI, è colpito dalla capacità di questo giovane vescovo e nel 1839, forzando le riserve del collegio cardinalizio in quanto secondo i cardinali il vescovo Gianmaria è troppo liberale, gli impone la berretta cardinalizia.
Habemus Papam: elezione di papa Pio IX
Il 1 giugno del 1846, Gregorio XVI muore dopo quindici anni di papato. Il collegio cardinalizio, composto da cinquantaquattro italiani e otto stranieri tutti europei (nessuno dei quali arrivò in tempo a Roma per partecipare all’elezione del futuro pontefice), dopo soli quattro scrutini, a sorpresa, elegge il cardinale Mastai Ferretti. Il fratello Gabriele, alla notizia, afferma: «Questi sono matti, non sanno che i Mastai vivono molto a lungo». E così è: il suo pontificato è il più lungo, dopo quello di San Pietro, della storia della Chiesa.
Un mese dopo l’elezione, Pio IX promulga un’ampia amnistia: tutti i carcerati sono liberi. Concede la libertà di stampa, una serie di riforme costituzionali, è attivo negli investimenti per potenziare la rete ferroviaria, quella telegrafica e per dare sollievo ai poveri, non solo con la carità, ma con politiche di emancipazione. Il generone è critico, ma la popolazione, entusiasta, è con lui. È il papa della gente, il papa che può dare il là all’unificazione della Penisola, il papa che può concretizzare il progetto di Gioberti.
Addirittura Giuseppe Garibaldi, in una lettera datata 7 agosto 1847, da Montevideo, scrive al Nunzio apostolico in Brasile: «Pio IX è l’uomo giusto che, intendendo i bisogni del secolo, ha saputo favorire le esigenze dei tempi (…) Se ponno queste braccia con qualche uso delle armi riuscire ben accette a Sua Santità noi più volentieri che in Uruguay le adopereremo in vantaggio di Colui che sì bene serve alla Chiesa e alla Patria».
Pellegrino Rossi e Pio IX: due rivoluzionari
Pio IX apre il governo alla partecipazione dei laici, causando irritazione nel clero. L’uomo giusto per guidarlo è Pellegrino Rossi, ambasciatore francese a riposo, che gode di ottima reputazione politica. Chiamato dal papa alla guida del gabinetto ministeriale, chiede carta bianca e assidue preghiere per il difficile incarico. Il papa ne è colpito e affascinato: nasce una collaborazione rivoluzionaria per cancellare i troppi privilegi di cui godono civili ed ecclesiastici della corte papale. Rossi propone di porre i beni ecclesiastici a garanzia di un prestito di quattro milioni di scudi e Pio IX accoglie la proposta, perché vuole diminuire le tasse ai poveri.
Pio IX, appoggiato da Rossi, propone di costituire una lega doganale per iniziare ad abolire le barriere doganali degli stati italiani, primo passo in avanti verso la coesione del popolo italiano per creare un’economia nazionale capace di competere con quella europea.
Le difficoltà non sono poche perché i piemontesi vogliono un ruolo egemone, ma alla fine, il 3 novembre 1847, a Torino, vengono firmati i Preliminari della Lega Doganale tra Stato Pontificio, Regno di Sardegna e Granducato di Toscana con la promessa scritta di convocare, a breve, un congresso destinato a regolamentare gli aspetti tecnici della Lega una volta ottenuta la partecipazione del Ducato di Modena e Reggio Emilia e del Regno delle due Sicilie, essenziali per consentito continuità territoriale all’unione doganale.
Nonostante le trattative sembrino destinate a buon esito, alla fine si concludono con un nulla di fatto: il governo modenese si impegna solamente a non ostacolare l’eventuale commercio di transito, probabilmente a seguito del veto manifestato dall’Austria tramite il suo ambasciatore a Modena.
Il sostanziale fallimento delle trattative, unitamente alle prime agitazioni popolari scoppiate a Napoli che danno il via ai moti rivoluzionari del 1848 e all’assassinio di Pellegrino Rossi avvenuto il 15 novembre 1848 a Roma, fanno naufragare il progetto. Anche se non si realizza concretamente, la Lega patrocinata da Pio IX suscita molto entusiasmo e contribuisce, con forza, alla diffusione generalizzata di quel sentimento nazionale italiano che animerà i successivi eventi del Risorgimento. In particolare è il modello di come si sarebbe realizzato uno Stato federale italiano alternativo al centralismo instauratosi con il Regno d’Italia nel 1861.
Nasce la Repubblica romana: la fuga di Pio IX
Dopo l’assassinio di Pellegrino Rossi, Pio IX si sente solo e abbandonato. È accerchiato dai rivoltosi che chiedono che il governo sia loro affidato. Pio IX è categorico con il suo no. La folla tumultuante urla e minaccia sotto il palazzo del Quirinale. Sono ore d’angoscia. Le Guardie svizzere non riescono a contenere la folla. Il segretario del papa, monsignor Palma viene assassinato. Pio IX, per salvarsi dal linciaggio, non può che scapare. Va in cappella, prende il Santissimo Sacramento e, in una pisside preziosa già utilizzata dal predecessore Pio VI nella prigionia francese, lo porta con sé.
Il papa è vestito da semplice prete e fugge accompagnato dal solo ambasciatore di Baviera. Il sarcasmo, anche in quest’ora tragica, non manca e afferma: «Vestito così sembro proprio un dottore di campagna». In effetti è sereno. Ad accoglierlo, a Gaeta, è Re Ferdinando in persona. Appena si sparge la notizia del suo arrivo, la popolazione esplode in manifestazioni di entusiasmo.
Nel suo esilio prega molto e si comporta come un semplice vescovo: va a celebrare la messa nelle parrocchie più isolate e fa pellegrinaggi nei santuari della zona. Sul piano politico non è minimamente disponibile a fare sconti: è per la linea della fermezza che concretizza attraverso l’appoggio dei francesi. Nel frattempo il 9 febbraio 1849, a Roma, il popolo romano proclama la Repubblica, chiamando a dirigerla un triunvirato composto da Mazzini, Armellini e Saffi.
Pio IX torna a Roma: la restaurazione del potere temporale
Dopo un anno, le notizie da Roma sono confortanti: i francesi stanno riprendendo il possesso della Città eterna, la Repubblica sta smobilitando. Inizio aprile del 1850, Pio IX intraprende il viaggio di ritorno. È a Roma dopo diciassette mesi d’esilio. Fa solenne ingresso da Porta San Giovanni accolto da applausi e fuochi d’artificio. Il popolo di Roma è felice. La situazione dello Stato è peggiorata: il bilancio presenta un debito di ben due milioni di scudi, le finanze sono vicine al dissesto.
Il papa frena la voglia di rivincita e detta direttive ferree: verso coloro che si erano comportati davvero in modo disdicevole attua una amnistia di fatto, concedendo un salvacondotto per l’espatrio, proprio come accade nei confronti di Costantino Brumidi, che si era distinto, durante la Repubblica, per prelievi dalle casse dei cardinali: emigra in America dove avrà l’onore di affrescare il Campidoglio di Washington.
La restaurazione è delegata al cardinale Antonelli, Segretario di Stato, perché Pio IX si allontana sempre più dagli affari temporali del papato dedicandosi ai problemi religiosi, in primis la promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. L’8 dicembre del 1854, con grande gioia, promulga il dogma nella Basilica di San Pietro, dopo una preparazione attenta attraverso consultazioni di università cattoliche, vescovi di tutto il mondo, intellettuali di ogni credo.
Delega gli affari politici ma controlla l’operato dei suoi amministratori, affinché attuino politiche concrete a favore della popolazione più bisognosa. L’amministrazione pontificia riprende il controllo dell’economia, inizia un’opera di risanamento che porta in otto anni al pareggio di bilancio, attraverso un carico fiscale per i cittadini molto basso, ben al di sotto della media europea (fra i 20 e i 22 franchi a persona, mentre in Piemonte è fra i 30 e i 32, in Francia tocca i 40 franchi e in Inghilterra gli 80), il che permette un afflusso di residenti stranieri a Roma.
Biografia di Pio IX: gli Stati della Chiesa dal 1850 al 1860
Lo Stato Pontificio, nel 1853, è il terzo Stato italiano per superficie e il secondo per popolazione (dopo i regni di Napoli e Sardegna). Per volere di Pio IX si realizza il prosciugamento delle paludi di Ferrara e di Ostia; l’ampliamento dei porti di Ravenna, Cesenatico, Senigallia e Ancona; la posa dei fari nei porti di Ancona, Civitavecchia, Anzio e Terracina; l’ammodernamento delle strade con la costruzione di venti importanti viadotti, tra cui spicca quello fra Albano e Ariccia; il completamento della rete telegrafica, con il raggiungimento di tutti i principali centri dello Stato; la realizzazione del primo collegamento ferroviario tra Roma e Frascati, inaugurato il 14 luglio 1856 cui seguono la linea Roma-Civitavecchia nel 1859, l’Ancona-Falconara nel 1861, la Roma-Orte nel 1865 e la Orte-Falconara nel 1866.
Vengono inoltre promulgati un codice penale unificato, una riforma delle carceri e una riforma organica della polizia, che contribuisce a una significativa riduzione della criminalità; sono intrapresi sforzi per aprire scuole per disabili, scuole serali per migliorare l’istruzione della popolazione lavoratrice e per estendere l’orario degli istituti educativi per bambini per garantire così l’accudimento dei figli dei genitori assenti durante l’orario di lavoro.
Pio IX e il bambino Mortara
Nel 1853, nella Bologna pontificia, una domestica di fede cattolica è assunta, violando la legge papale, dalla famiglia di un commerciante ebreo, tale Momolo Mortara. Di sua iniziativa, battezza il piccolo Edgardo, cui i medici avevano dato poche ore di vita. Inaspettatamente, il piccolo si riprende e, sei anni più tardi, la notizia del battesimo furtivo, ma valido secondo il canone, giunge alle autorità, le quali, dopo un’inchiesta rigorosa e dovendo necessariamente rispettare la legge vigente di educare cristianamente i battezzati, ordinano che il piccolo Edgardo, ormai di sette anni, venga accolto in un collegio di Bologna sino alla maggiore età.
I Mortara si oppongono e così facendo la polizia pontificia interviene per portare il piccolo Edgardo a Roma, dove Pio IX lo accoglie e lo assicura. Scoppiano violentissime protesta in tutta Italia e Europa: accanto alle comunità ebraiche d’Europa e d’America, si schierano le logge massoniche, mentre i politici –a cominciare da Cavour – si rallegrano di tutto il clamore che andava a proprio vantaggio per la realizzazione del disegno di far implodere lo Stato della Chiesa.
Pur non godendo di buona salute, fra’ Edgardo Maria Mortara muore novantenne in Belgio, dopo una vita di predicazione in molte lingue, di lavoro apostolico, di penitenza e di preghiera, con il solo rammarico di non essere riuscito a convincere i familiari a convertirsi. Dopo più di un secolo e mezzo, il caso Mortara è ancora vivo. Lo si impugna continuamente come arma polemica contro i cattolici e nel 2000 si cercò di utilizzarlo per impedire a papa Giovanni Paolo II di portare sugli altari Pio IX.
Un papa reazionario: Il Sillabo di Pio IX
Il Sillabo e l’Enciclica Quanta, pubblicati l’8 dicembre 1864, segnano la svolta nel pontificato che da liberale si trasforma in reazionario: in ottanta proposizioni vengono riprovati gli errori del panteismo, del naturalismo, del razionalismo, del socialismo, le società segrete e il liberalismo; riaffermati i principi della morale cristiana; negata ogni possibilità d’intesa tra la Chiesa e la cosiddetta civiltà laica moderna.
Nella chiusa dell’Enciclica Quanta Pio IX scrive: «Tutte le singole opinioni e dottrine perverse quali sono menzionate in questo scritto rifiutiamo, proscriviamo e condanniamo in forza della nostra autorità apostolica, e vogliamo e comandiamo che da tutti i figli della Chiesa cattolica siano considerate come rifiutate, proscritte e condannate». Vari stati cercano d’impedirne pubblicazione e diffusione.
Il 26 giugno 1868, Pio IX promulga la bolla d’indizione del Concilio Vaticano fissandone l’apertura l’8 dicembre dell’anno successivo; l’invito di partecipazione è rivolto anche alle chiese orientali e ai protestanti ma non ai sovrani cattolici. In discussione c’è la promulgazione dell’infallibilità del Romano pontefice quando opera e parla ex cathedra. Le discussioni durante i lavori sono animate, ma la votazione finale dà un risultato clamoroso: 533 sì e 2 no (un vescovo siciliano ed uno nordamericano).
Pio IX e il Regno d’Italia
A mano a mano che la spedizione dei Mille procede, cresce l’imbarazzo di Cavour. Teme l’instaurazione di una repubblica democratica in tutto il meridione. Nonostante la dichiarata fedeltà di Garibaldi a Vittorio Emanuele II, Cavour teme che Garibaldi prosegua fino a Roma. E’ urgente che il re prenda in mano la situazione. Attraverso trattative estenuanti Cavour riesce a convincere Napoleone III che ormai il male minore è che Vittorio Emanuele II stesso invada lo Stato pontificio, prima di Garibaldi.
L’esercito sabaudo occupa i domini del papa, salvo il Lazio e la città di Roma. Garibaldi, bloccato nel napoletano da un perentorio ordine regio, sconfigge definitivamente l’esercito borbonico al fiume Volture e il 26 ottobre 1860 incontra Vittorio Emanuele II a Teano e gli consegna il Regno delle Due Sicilie. Pochi mesi dopo i piemontesi espugnano anche Gaeta, dove si è rifugiato il giovane re Francesco II, che fugge a Roma, ospite del papa.
Il 17 marzo 1861 si riunisce a Torino il primo Parlamento italiano e viene proclamato il Regno d’Italia. La legge che sanziona la nascita del Regno d’Italia si compone di un unico articolo il quale recita: «Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia».
Pio IX: il caso Monti-Tognetti
Il 22 ottobre 1867, avviene un fatto che sarà tra i più discussi dai critici e dagli oppositori di Pio IX al pari del caso Mortara. E’ il caso Monti – Tognetti. Mentre Garibaldi sta marciando su Roma, in città viene proclamato lo stato d’assedio e, come sempre avviene in queste occasioni, entra in vigore il codice di guerra. Nei pressi del Vaticano, nella caserma Serristori, avviene un attacco dinamitardo: esplodono due barili di polvere da sparo collocati nelle fogne. E’ una strage di enormi proporzioni: rimangono uccisi ventitre soldati francesi e quattro popolani romani. I colpevoli di questa strage sono Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti.
Vengono subito catturati e subito confessano il crimine commesso, rivelando anche i retroscena del finanziamento piemontese alle loro azioni. Il processo Monti-Tognetti dura un anno e i due ragazzi poco più che ventenni vengono condannati alla pena capitale. Il papa vorrebbe concedere la grazia, ma non lo fa spinto della durissima protesta dei francesi e dei parenti delle vittime romane. I due terroristi si pentono, sì, del gesto, ma rifiutano essi stessi di presentare la domanda per essere graziati.
Pio IX e la Breccia di Porta Pia
Nel 1862, il nuovo Capo del governo, Urbano Rattazzi, incontra segretamente Garibaldi perché organizzi una spedizione di volontari per liberare Roma, ma quando Napoleone III minaccia di intervenire, lo stesso Rattazzi ordina all’esercito sabaudo di bloccare i garibaldini. Sull’Aspromonte, in Calabria, i garibaldini si trovano improvvisamente di fronte le truppe italiane; alla prima scarica di fanteria, Garibaldi, ferito a un piede, impedisce ai suoi uomini di rispondere al fuoco per non versare altro sangue. Due anni più tardi, nel 1864, la capitale del Regno viene spostata a Firenze. È uno dei tanti passi significativi per avvicinarsi a Roma.
La guerra franco-prussiana segna la fine del potere temporale del papa. Nel settembre 1870, mentre le truppe di Guglielmo I sono in marcia verso Parigi, il Governo italiano, libero da ogni timore che la Francia possa intervenire, ordina alle proprie truppe di impadronirsi di Roma. Il 20 settembre 1870, l’artiglieria italiana dopo aver aperto una breccia nelle mura Aureliane all’altezza di Porta Pia, permette a un reparto di Bersaglieri di entrare in città. Roma è italiana, o meglio piemontese. Il papa si chiuse volontariamente in Vaticano. Italia e Santa Sede sono destinate a “sopportarsi” a vicenda.
Pio IX: la Questione Romana
Nel 1871, il Parlamento italiano approva la legge delle guarentigie, cioè la legge delle garanzie che lo Stato italiano forniva al pontefice: nessun controllo sulle attività morali e spirituali della Chiesa, ma anche nessun intervento della Chiesa nell’attività civile e politica dello Stato; piena sovranità del papa sui palazzi del Vaticano, del Laterano e di Castel Gandolfo.
Pio IX non accetta e scomunica la famiglia Savoia e nel 1874 emana un documento con il quale proibiva a tutti i cattolici italiani di votare o essere votati, cioè di partecipare in qualsiasi forma alla vita politica: è il non expedit. La Questione romana si chiuderà nel 1929 con la firma dei Patti Lateranensi tra l’Italia fascista e la Santa Sede.
La morte di papa Pio IX nel 1878
Pio IX è vecchio e stanco: nell’anno della sua nascita (il 1792) vi erano ancora un Regno di Francia e un Sacro Romano Impero; negli anni giovanili vide sorgere e declinare la fortuna di Napoleone Bonaparte; negli anni del suo servizio diplomatico in Cile (1823-25) assistette all’agonia dell’impero di Spagna nelle Americhe; da Roma a Spoleto vide i disordini francesi e quelli del Belgio, i moti italiani e polacchi.
Nel 1846, quando salì al trono di Pietro credette di poter governare la trasformazione politica della società italiana e sembrò pronto a prendere le redini del sentimento nazionale della penisola: le cose andarono diversamente, ma nei suoi trentadue anni di pontificato amò profondamente la nazione italiana e gl’italiani e in cuor suo era contento dell’unità politica della Penisola.
Le prime notizie allarmanti sulle condizioni del papa malato ormai da alcuni giorni si diffondono il 7 febbraio 1878. Tutti sanno che la morte di Pio IX è, per il Regno, un esame, un passaggio e che il mondo avrebbe giudicato l’Italia dal modo in cui si sarebbe comportata.
Il papa muore il 7 febbraio: la salma viene esposta in San Pietro. Le persone che rendono omaggio al pontefice sono circa trecentomila. Poche, se confrontate ai due milioni che sarebbero giunti a Roma per i funerali di Giovanni Paolo II. Molte, invece, per una città che nel 1870 aveva 200.000 abitanti. E moltissime, un fiume di persone, se si considerano i mezzi di trasporto di allora.
Come afferma Paolo VI molti anni dopo Porta Pia: «Pio IX domina letteralmente la scena del XIX secolo; è una figura davvero eccezionale, destinata a dare il volto alla civiltà moderna e contemporanea. Mentre il mondo già si affaccia sul secolo nuovo (il XX), nel mezzo di una centralità reale e ideale, scorgiamo l’amabile figura di Papa Pio IX, intorno al quale si alternano eventi gloriosi e sofferte tribolazioni».
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Giulio Andreotti, Sotto il segno di Pio IX, Rizzoli, Milano, 2000;
- Giuseppe Cionchi, Il Pio IX nascosto, Ed. Shalom, Camerata Picena (AN), 2000;
- Emanuele Maestri, Il Risorgimento di Pio IX, Linee Infinite Edizioni, Lodi, 2010;
- Luigi Negri, Pio IX. Attualità & profezia, Ed. Ares, Milano, 2006;
- Antonio Socci, La dittatura anticattolica. Il caso don Bosco e l’altra faccia del Risorgimento, Sugarco, Milano, 2004.