CONTENUTO
Un’educazione fallimentare per Federico II
Federico II di Prussia nasce a Berlino il 24 gennaio del 1712, diventando principe ereditario del regno a tredici mesi d’età. Figlio di Federico Guglielmo I, passato alla storia col soprannome di “Re Sergente”, il loro rapporto conflittuale contraddistingue il carattere e la personalità del giovane. Il padre ama la vita semplice senza etichette particolari, disprezza i salotti e l’arte della conversazione ma ancor più il teatro, i filosofi e la musica. Iracondo per natura e con il vizio del bere e del gioco, insulta e minaccia coloro che mettono a dura prova la sua pazienza.
La madre, Sofia Dorotea di Hannover è scialba e succube del marito, una donna terribile, isterica e cattiva. Influenza il figlio con un modello distaccato da quello del padre, quello a corte raffinato e comodo. Parla il francese e protegge gli artisti e le scienze circondandosi di letterati.
Federico odia profondamente il padre per quanto la somiglianza fra i due è innegabile. Sta zitto, ricaccia le lacrime e, in cuor suo, spera che muoia. Per volere del Re impara il mestiere delle armi sin dalla più tenera età e il sapere religioso da buon cristiano di fede riformata. Quando si trova in visita in un’altra corte straniera lo picchia in pubblico e lo considera una femminuccia, un vigliacco e un degenerato.
L’adolescenza di Federico diventa un inferno. Tutto quello che ama lo porta all’isolamento e al condurre una vita privata e nascosta agli occhi del sovrano. Chiede prestiti alle potenze europee per soddisfare i suoi desideri materialisti e lega strettamente con la sorella maggiore Guglielmina con la quale fa concertini per pochi.
Quando è costretto a seguire il padre alle partite di caccia nelle campagne prussiane, Federico si porta il flauto e dopo essersi allontanato dal collegio del tabacco, gruppo di pochi intimi del Re, si nasconde fra la natura e passa il tempo a suonare. Da questo viene descritto come presuntuoso ed intento ad arricciarsi i capelli secondo il gusto dell’epoca.
Questa educazione forzata dura poco e in seguito inizia a non curarsene parlando e scrivendo in francese con totale disinteresse per il tedesco, da lui considerata una lingua barbara, definendosi liberamente amante della filosofia, vestendo gli abiti alla moda d’Oltralpe e delineando quanto fallimentare fosse l’educazione a lui impartita.
Il trauma di Küstrin: la condanna a morte dell’amico di Federico
La svolta decisiva fra l’adolescenza e la vita adulta è l’episodio che gli provoca negli anni a venire, come conseguenza, un trauma da cui il suo carattere ne uscirà danneggiato profondamente. Appena diciottenne Federico decide di voler tagliare i rapporti con il padre e con la corte prussiana, una prigione secondo la sua esperienza. Deciso nel scappare di casa, parla del suo piano con la sorella, sua confidente, la quale cerca di persuaderlo da un’azione potenzialmente sciocca ed immatura.
Nell’estate del 1730, durante un viaggio del Re Sergente in Germania, Federico decide di attuare il piano con l’unico vero amico che avrà in vita sua ovvero il ventiseienne ufficiale di cavalleria von Katte, un giovane libertino il quale ha un rapporto intimo con il principe. Quest’ultimo è spavaldo e risulta affascinante agli occhi del principe ereditario il quale si fa trasportare dall’ufficiale.
Federico, per procurarsi del denaro, stacca dalle sue decorazioni le pietre preziose sostituendole con fondi di bottiglia. Insieme a questi si aggiunge anche il giovane paggio von Keith che, terrorizzato, confessa tutto al sovrano ancor prima della fuga a Parigi. Affronta il giovane principe strappandogli i capelli e colpendolo in faccia con la canna del fucile.
Rientrati in territorio prussiano il Re mette sotto arresto per diserzione Federico lasciandolo privato di tutto in una cella nella lontana Küstrin, sull’Oder, senza servitù e senza alcuno con cui parlare ma soprattutto senza i suoi scritti filosofici con il quale rendere più amena la reclusione. Interrogati i due accusati negano il complotto e Federico, per proteggere l’amico fedele, nega la sua partecipazione alla fuga. Risponde con ambiguità e giri di parole in modo da non compromettere la sua già delicata posizione.
Nel mentre il sovrano suo padre rientra a Berlino minaccia la figlia, la quale sviene, e la colpisce ripetutamente sul viso. È desideroso di scoprire i documenti relativi alla pianificazione di una congiura. Concluse le indagini un tribunale militare non è in grado di giudicare il principe ereditario, raccomandandolo alla misericordia del padre mentre von Katte, per volere del Re, deve essere decapitato sulla pubblica piazza.
Inizialmente costretto alla tortura con tenaglie roventi e squartamento, per riguardo alla famiglia di nobile lignaggio il Re decide alla sola decapitazione con spada. Due ufficiali svegliano alle prime ore del 6 novembre Federico, rivelandogli che il patibolo eretto è per l’amico e che, su ordine del Re suo padre, avrebbe assistito alla sua morte.
“Pardonnez moi, mon cher Katte” grida Federico; “La mort este douce pour un si aimable prince” risponde Katte.
Il boia, infine, alza la spada e Federico sviene senza poter guardare l’amico prima che questo muoia. Non ci è dato a sapere quanto fosse intimo il rapporto fra i due ma sappiamo che l’animo di Federico cambia da quel momento. È difficile immaginare una forma più inumana di violenza di un padre verso un figlio.
Obbligato nell’immediato ad una rieducazione forzata viene liberato dalla fortezza e rimane ai servizi domiciliari ottenendo il diritto di indossare la spada, che gli era stato tolto e che ha forte valenza simbolica per la nobiltà prussiana, ma negandogli l’uniforme dell’esercito. Partecipa alle sedute dell’amministrazione locale diventando, per volere del superiore, una persona seria, un efficiente amministratore e un abile economo. Dopo un anno e mezzo condotto a Küstrin Federico segue tutti i lavori dell’amministrazione, sviluppa una passione per il dettaglio e per l’economia statale tanto da ottenere la riconciliazione con il Re Sergente il 15 agosto 1731.
L’arte della guerra di Federico II di Prussia
A differenza del padre che non combatté neanche una guerra, Federico il Grande non solo ama l’esercito ma passa a combattere gli anni migliori della sua vita e pensare che, ironia della sorte, in tenera età la trovava ripugnante. L’esercito prussiano diventa esempio e sinonimo di efficienza operativa, rapidità di marcia e capacità di manovra dominante. Le manovre annuali diventano simulazione di conflitto e il paese si trasforma in una caserma fatta d’ufficiali.
Nel 1740 muore l’imperatore Carlo VI d’Asburgo e la successione dei domini ereditari vanno nelle mani della figlia ventitreenne Maria Teresa per mezzo della stipula della Prammatica Sanzione del 1713. I trattati hanno per Federico II il valore di pezzi di carta e quindi possono essere infranti per il bene della propria patria. Si dichiara disposto ad aiutare la giovane Maria Teresa d’Aburgo dietro un adeguato compenso.
Dà per scontato che fra i suoi doveri vi sia anche quello di conquistare nuove provincie e di espandere i propri confini, in modo tale da estendere il regno. Vuole invadere la Slesia, provincia dell’Impero, e misogino com’è non si preoccupa della rivale. Spaventati i suoi ministri chiedono una giustificazione legale da presentare alle potenze straniere. Fra le giustificazioni v’è quella di liberazione di un popolo slesiano in prevalenza protestante costretto ad essere subordinato da una monarchia cattolica.
Entra il Breslavia il 3 gennaio 1741 e lascia al maresciallo Schwerin l’incarico di completare la conquista delle piazze rimanenti ottenendo nella sua totalità la provincia in rapidità. Difficile è per Federico mantenere questo possedimento che è, specie negli eventi successivi della vita del protagonista, perno di tutta la politica estera federiciana.
Scosso l’equilibrio e lo status quo durante quella che è nota come Guerra di Successione Austriaca, Federico, criticato per la sua apatia, da fuoco alle polveri e mette in moto forze che non è facile padroneggiare. Verso il concludersi del conflitto bellico, nel 1745 Francesco Stefano di Lorena, consorte di Maria Teresa, diventa Imperatore e con la seconda pace di Dresda la sua autorità viene riconosciuta anche da Federico. La pace di Aquisgrana del 1748 sancisce il definitivo possesso prussiano della ricca e popolata Slesia.
Lo scontro che da però il riconoscimento incontrastato a Federico è la Guerra dei Sette Anni (1756 – 1763) nel quale è in grado di distruggere lo schieramento nemico conducendo le proprie truppe alla vittoria ma anche subendo sconfitte clamorose. Contro l’Austria di Maria Teresa d’Asburgo, la Russia di Elisabetta I Romanov e la Francia di Luigi XV il sovrano ha modo di attuare l’attacco detto ad “ordine obliquo” ovvero una manovra militare atta ad affrontare un corpo doppio del proprio attaccandolo dove questo non se lo aspetta, portandosi rapidamente sul suo fianco e negandogli la possibilità di cambiare formazione.
Per riottenere la Slesia, l’Imperatrice concentra le truppe in Boemia al confine con la Prussia. Vista da Federico II come una possibile minaccia per non soccombere decide di sferrare un colpo d’attacco per primo. La guerra preventiva è per il re prussiano necessaria e attaccando la Sassonia questa sarebbe stata annessa alla Prussia garantendo un accesso alle pianure dell’Impero.
Il 28 agosto l’esercito prussiano raggiunge Dresda e saccheggia le casse del Tesoro. L’invasione senza preventiva dichiarazione di guerra provoca lo sdegno nelle varie corti europee. Francia, Austria, Svezia, Danimarca e Russia si impegnano ad intervenire contro la Prussia. Ad Augusto III di Polonia, rifugiatosi, scrive «Non ho nessuna intenzione malvagia contro di voi, sono stato costretto a prendere le armi per oppormi a una cospirazione rivolta contro il mio regno».
Nell’aprile del 1757 Federico II entra in Boemia pronto ad occupare Praga. L’esercito prussiano ed austriaco si scontrano alle mura. Il 18 giugno 1757 si giunge ad un nuovo scontro nei pressi di Kolin che si conclude con un esercito prussiano vinto e con Federico II che, dopo esser fuggito, è costretto a porre fine all’assedio della città di Praga. Dopo la clamorosa sconfitta a Kolin, i fratelli minori del sovrano non riescono a nascondere la soddisfazione per la vittoria nemica che ha colpito il fratello saccente.
Nella Prussia orientale il 30 agosto 1757 si giunge allo scontro fra le truppe prussiane e quelle russe. I soldati russi danno prova di grande saldezza disponendo di un’artiglieria all’avanguardia e Federico capisce d’aver sottovalutato la tenacia del nemico. Il generale Soubise decide di proseguire con l’offensiva che ha luogo il 5 novembre a Rossbach. La vittoria prussiana diventa un evento mediatico e crea soddisfazione nella lontana Inghilterra.
Una delle più cruenti battaglie è quella di Küstin che avviene il 25 agosto del 1758, dopo ventotto anni dal trauma, tra l’esercito russo e quello prussiano. Le conseguenze sono un dissanguamento delle truppe che vengono decimate, 35 mila morti da entrambi i reggimenti. Il giorno dopo, lo scontro viene ripreso con colpi d’artiglieria e termina nel momento in cui gli eserciti si allontanano l’un l’altro creando un dibattito sull’esito e sulla vittoria.
Il 1759 viene ricordato come l’anno del Miracolo della casa di Brandeburgo e per la grande battaglia di Minden dove gli eserciti franco-austriaci si scontrano contro gli eserciti anglo-hannoveriani. Ferdinando di Brunswick-Wolfenbüttel conduce alla vittoria gli inglesi e gli hannoveriani assicurandosi il controllo sull’elettorato.
A causa della coalizione tra l’esercito russo e quello austriaco, la Prussia si vede costretta a fronteggiare contro un esercito misto a Künersdorf, ad un centinaio di chilometri a est di Berlino, capitale del regno. L’esercito prussiano accetta la sanguinosa disfatta subendo pesanti perdite. Federico II si salva da morte certa grazie alla tabacchiera nella giubba che attutisce il colpo d’un proiettile.
Alla fine del 1760 le popolazioni sui cui territori avvengono i combattimenti chiedono una tregua come anche gli eserciti decimati dalle perdite. Inoltre le finanze che devono garantire spese folli di denaro per il conflitto. L’ultima campagna militare ha luogo nel 1762 quando gli eserciti sono stremati e l’importanza agli occhi dell’opinione pubblica viene meno. L’Inghilterra nega alla Prussia le principali fonti di finanziamento.
La situazione drastica svolta a favore di Federico II quando nel gennaio del 1762 muore la Zarina Elisabetta I Romanov. A succederle è suo nipote Pietro III il quale, profondo estimatore del Re prussiano, decide di cessare il conflitto. Rinuncia a tutte le conquiste russe restituendo la Prussia orientale e si allea con lui tant’è che in breve tempo viene smantellata la politica estera anti prussiana della defunta Zarina.
L’offensiva non prende avvio poiché Pietro III è costretto ad abdicare nei confronti di sua moglie Caterina II di Russia, principessa prussiana, che preferisce uscire definitivamente dal conflitto globale. La notizia della firma della pace a Hubertusburg fra Austria e Prussia viene diffusa per mezzo di campane e messe, giornali locali che provvedono a rendere la fine dell’evento bellico celebrativo a livello mediatico.
La Guerra dei Sette Anni è la più dura in cui si cimenta Federico II durante la sua lunga vita. Diventa momento chiave del mito dell’abile stratega militare che, con un esercito numericamente inferiore ma preparato, sconfigge ripetutamente le grandi potenze europee dell’epoca e la scuola militare prussiana esempio per l’addestramento dell’esercito nei secoli successivi.
Il capriccio del giovane mecenate
Durante l’anno 1736, ancora principe ereditario, avvia una stretta corrispondenza con Voltaire in prosa e in versi. Federico amante della lingua francese, come già detto in precedenza, ha grandi ambizioni di scrittore ed invia i suoi testi al filosofo il quale glieli restituisce corretti, limati ed abbelliti. Fra questi vi è il saggio di confutazione del Machiavelli.
Diventato sovrano nell’autunno del 1740 Federico II chiama a corte a Berlino l’amico con l’entusiasmo di conoscenza ma il primo incontro è una delusione reciproca. Dopo aver saldato un conto spese salato, il Sovrano suggerisce al filosofo di trasferirsi in Prussia e nel 1750 quest’ultimo arriva a Potsdam nel palazzo di Sans-Souci dove resta fino al 1753. Prima di far le valigie Voltaire pone le sue condizioni ovvero l’ordine federiciano per merito, una pensione di ventimila scudi all’anno e il rimborso spese del viaggio.
Voltaire inizia a “regnare” all’interno della reggia prussiana creando disordini etico-morali anche con le alte cariche tant’è che nel 1753 una sua operetta contro il presidente dell’Accademia di Berlino, Maupertuis, viene sequestrata e per ordine del sovrano data alle fiamme pubblicamente. Prima di perdere l’influenza nei confronti di Federico II, Voltaire, insieme alla nipote ed amante Madame Denis, decide di lasciare definitivamente la corte straniera il giorno 27 marzo 1753, dopo debita autorizzazione.
Distanti l’un l’altro, il loro scambio epistolare riprende senza sosta e la loro amicizia di penna, basata sulla stima reciproca, si fortifica scrivendosi fino alla morte del parigino. Questo episodio illustra la figura del “filosofo di Sans-Souci”, uomo capace di affetti e rancori, di cattiverie e delicatezze. Federico II viene analizzato come un libro aperto da Voltaire rappresentandolo a volte perfido e a volte sentimentale. La corte deve soddisfare le sue pretese, specie in giovane età, perché talvolta può essere capriccioso e vendicativo.
Esemplare per spiegare questo dettaglio il caso riguardante la figura di Barbara Campanini, ballerina parmense nata nel 1721, la quale esordisce a Parigi facendo parlare di sé non soltanto per motivi artistici ma anche voluttuosi. Nel 1743 il ministro di Prussia stringe con lei un contratto per una stagione ma al momento di rispettare l’impegno la danzatrice si trova a Venezia con l’innamorato Giacomo Stuart MacKenzie e rifiuta di raggiungere Berlino con il pretesto che non le hanno ancora fissato il compenso.
L’incaricato di Prussia, sotto indicazione del sovrano stesso, chiede alla Repubblica della Serenissima di agire con la forza nei confronti della giovane ma vedendo l’indecisione della corte dogale Federico II sequestra i bagagli dell’ambasciatore veneziano e ne promette la restituzione solo all’arrivo della celebre danzatrice.
Il Doge, vedendosi costretto, la spedisce a Berlino senza possibilità di negazione. Alla corte prussiana riscuote grandi successi e lo stesso sovrano frequenta abitualmente il suo salotto. Si esibisce, viene applaudita, corteggiata e stimata dai dignitari tanto da esser pagata quanto tre dei ministri del regno.
L’amore per le lettere e le arti nell’animo di Federico nascono con la raccolta dei primi quadri della sua collezione fra i quali opere del Watteau o di altri pittori di genere soliti nel raffigurare piquenique sull’erba, lezioni amorose e scene bucoliche. La ricerca di queste opere, considerate frivole dai confidenti D’Argens e Algerotti, viene sostituita nel 1754 con quella della pittura d’Italia ed inizia quindi a cercare opere di Raffaello, Tiziano e Correggio talvolta comprando molti falsi per errore.
Il dispotismo illuminato prussiano di Federico II
Esser Re per Federico significa pensare al benessere del popolo, promuovere le arti e le scienze, essere dotato di benevolenza, virtù e interesse nel coltivare il sapere. La chiave della crescita di una nazione moderna sta nella filosofia illuminista e Federico, razionalista e contro l’oscurantismo religioso, vuole rendere la Prussia un paese invidiabile nell’Europa del Settecento.
Caparbio preferisce agire autonomamente senza il sostegno di consiglieri e collaboratori, negati a suo dire nell’amministrazione di un territorio. Nella politica finanziaria il Re di Prussia non introduce grandi riforme ma presta totale attenzione ai bilanci con l’appalto delle tasse ai privati sul modello francese con impiegati prussiani. L’apparato burocratico imposto dal padre rimane senza alcun cambiamento.
Federico può sembrare a volte un sognatore e un visionario ma anche all’occorrenza pignolo e realista. Spesso scavalca i ministri e nasconde loro decisioni importanti che meritano un confronto. La burocrazia diventa omogenea, laboriosa e sicura sotto il suo controllo diretto. Solido appoggio sono le finanze poiché basate sulla semplicità e sull’ordine. I redditi sono quelli dei domini della corona che coprono un quarto del paese con l’aggiunta dei provenienti di saline, poste e pedaggi. Le imposte dirette gravano sulla terra mentre le indirette sui prodotti.
Gli interventi in campo industriale devono rovinare la concorrenza portando avanti una politica economica bellicosa. Scoraggia l’importazione di merce straniera creando una cartiera e una fabbrica di porcellane a Berlino, aumenta la produzione agricola del regno.
Federico II vede con rispetto la giustizia ma la analizza in modo pratico e concreto. Cerca di limitare la corruzione dei giudici e degli avvocati nelle province aumentandone lo stipendio. In tema di libertà abolisce la tortura e conduce una politica di tolleranza religiosa. Il suo regno deve essere aperto a tutti i perseguitati per ragioni religiose come ad esempio ai gesuiti che vengono accolti in Prussia quando le restanti potenze li caccia dopo la soppressione dell’ordine. Celebre la sua frase contro chi lo critica per l’apertura religiosa:
Io ho accolto i gesuiti e ho costruito per loro delle chiese cattoliche. E se turchi e pagani vorranno venire a lavorare qui e arricchire il paese, io costruirò per loro moschee e templi, perché qui ciascuno deve andare in paradiso alla sua maniera.
Federico II: l’uomo sotto l’armatura
La persona di Federico II risulta complessa e le descrizioni date sono diverse a seconda del periodo storico nelle quali queste si trovano. Viene rappresentato in età adulta come un uomo dall’animo cinico, sleale e ingrato a cui piace umiliare coloro che gli dimostrano sincero affetto poiché da per scontato che tutti siano ipocriti e falsi.
Sposa nel 1733 Elisabetta Cristina di Brunswick con la quale vive separato tanto da dire alla sorella Guglielmina “tra noi non può esservi né amicizia né tantomeno amore“. La storiografia ha spesso ipotizzato ad una segreta omosessualità del sovrano forse dovuta alla mancanza di figli legittimi e favorite. Come raccontato dal filosofo francese Voltaire nelle sue Memorie, ancora giovane Federico II fa venire due o tre ragazzi nel suo gabinetto, beve del caffè e colui che riceve il fazzoletto del principe ereditario rimane in sua compagnia. Non ha eredi dalla odiata moglie, donna timida goffa e maleducata.
Dopo il matrimonio, fra i ventiquattro e i ventotto anni, nel castello di Rheinsberg si sente libero di vivere a suo modo circondandosi di amici, leggendo e scrivendo. Questi sono gli anni felici del Federico non ancora sovrano, in cui, appassionato e curioso, s’interessa d’arte e di collezionismo. Vive fra i soldati e porta avanti le manovre militari, compiendo ispezioni ai domini ed impegnandosi a fondo nel mestiere di colonnello e di erede al trono di Prussia.
Lavora sodo e conscio del valore della disciplina e dell’ordine. Sotto la scorza fine ed elegante si cela una volontà di ferro e un desiderio di grandi imprese. Cambia profondamente nel corso della sua vita, specie con il susseguirsi degli eventi e delle campagne belliche. Pochi mesi prima della morte, nell’autunno del 1785 Federico II sembra, agli occhi del marchese di Lafayette, un vecchio caporale malconcio, sporco, tutto macchiato di tabacco ma i suoi occhi sono i più belli che ha mai visto. E’ capace di aver l’espressione più affascinante e allo stesso tempo dura e minacciosa.
Sempre più solitario se ne sta nella sua corte con i suoi cani che dormono persino a letto con lui. Abita in cinque o sei stanze malandate, suona ancora il flauto lamentandosi delle nuove sinfonie e conclude gli anni finali della sua vita in compagnia dei suoi levrieri che ama e vizia. Tre volte la settimana comanda le esecuzioni reggimentali mentre ad ogni primavera riprende il giro delle province del regno. Dorme da tre a quattro ore in poltrona poiché l’asma lo soffoca. Indossa una vestaglia di velluto cremisi al quanto logora con ad una gamba lo stivale e l’altra avvolta in fasce inumidite utili a dargli sollievo contro il dolore.
Non rinuncia al lavoro e al suo ruolo principale nemmeno poco prima di spirare nel suo letto. Il Re di Prussia da ordine di essere seppellito nel giardino del palazzo di Sans-Souci accanto al suo cavallo e ai suoi cani perché ha vissuto da filosofo e vuole morire come tale.
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- A. Barbero, Federico il Grande, Sellerio editore Palermo, 2007.
- S. Pagano, Le guerre di Federico II. La nascita della potenza prussiana, Res Gestae, 2015.
- E. Canevari, Federico il Grande, Mondadori, 1944.
- M. Füssel, La guerra dei Sette anni, il Mulino, 2016.