Il 19 febbraio 1997 moriva Deng Xiaoping, storico leader della Repubblica Popolare Cinese dal 1978 al 1997, fautore del “socialismo con caratteristiche cinesi”.
Deng Xiaoping e il nuovo socialismo cinese
Sin dagli anni ’50 del Novecento, Deng era stato uno degli uomini politici più influenti della vita politica della Cina comunista. Di differenti vedute rispetto a Mao Zedong, questo costò a Deng l’allontanamento dalle alte sfere del Partito Comunista Cinese, soprattutto durante gli anni della Rivoluzione Culturale. Tornato alla ribalta grazie anche al premier Zhou Enlai, alla morte di Mao, nel 1976, Deng rientrò nuovamente nelle alte file del Partito e della vita politica del paese. Fu nel 1978 che, dopo una lunga battaglia per il controllo del Partito, il successore scelto da Mao, Hua Guofeng, lasciò il posto alla guida del paese a Deng Xiaoping.
Il suo “socialismo con caratteristiche cinesi” fu caratterizzato da una apertura dell’economia agli investimenti esteri, e con ciò anche all’Occidente, e, in generale, dall’adozione di principi propri dell’economia di mercato. Deng, però, non era d’accordo con il fatto che economia di mercato ed economia pianificata fossero i tratti distintivi, rispettivamente, del sistema capitalistico e del socialismo in quanto, sosteneva, entrambi sono mezzi per controllare l’attività economica e se la pianificazione è presente nei paesi capitalisti allora l’economia di mercato può essere adottata nei paesi socialisti.
La sua spinta modernizzatrice non si limitò solamente all’economia ma investì la società cinese nel suo complesso. In particolare, le grandi spinte innovatrici riguardarono quattro settori: agricoltura, industria, scienza e tecnologia ed esercito. Questa vera e propria rivoluzione condusse la Repubblica Popolare Cinese ad una poderosa crescita economica decennale, stimata tra il 9.5 e l’11.5% annuo.
Deng e la repressione di Piazza Tiananmen
La leadership di Deng Xiaoping viene ricordata non solo per la grande spinta riformatrice ma anche per la violenta repressione delle proteste studentesche a Piazza Tiananmen, avvenute tra l’aprile e il giugno 1989. Nate per richiedere maggiori spazi democratici, maggior libertà di stampa e di parola, le manifestazioni furono represse nel sangue quando il premier Li Peng dichiarò la legge marziale, dando il via libera all’esercito per aprire il fuoco sui manifestanti, scatenando così un’ondata di critiche e indignazione da tutto il mondo.