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Venerdì 30 aprile 1993 rimane una delle date più importanti della storia del nostro Paese. In piena Tangentopoli, quel giorno determina la fine (politica) di Bettino Craxi, l’uomo forte della politica nazionale fino a quel momento. Intorno alle 19:30, un nutrito numero di persone si posiziona in piazzale Febo, davanti l’hotel “Raphael”, da sempre residenza romana dell’ex Primo ministro socialista, per contestarlo. La contestazione è molto pesante: centinaia di persone si assembrano ed intonano cori da stadio contro di lui, esponendo anche banconote vibranti al suo indirizzo. Il motivo della rabbia degli astanti è da trovare nel fatto che la Camera dei deputati il giorno prima aveva respinto quattro autorizzazioni a procedere su sei nei confronti di Bettino Craxi. La rabbia è tale che il piccolo piazzale a pochi passi da piazza Navona si riempie di persone per vedere dal vivo Craxi ed urlargli contro il loro malessere e la loro rabbia, brandendo banconote nei suoi confronti come segno di sberleffo, segno di “mazzette”.
Questi sapevano che Craxi sarebbe uscito a breve perché invitato negli studi della trasmissione “L’istruttoria” di Giuliano Ferrara. Non appena l’ex segretario del Partito Socialista Italiano (PSI) esce dalla porta principale dell’hotel per dirigersi dentro l’auto di servizio, la folla lanciò contro di lui di tutto, in particolare monetine. Quei pochi secondi rappresentano la fine di un uomo che aveva in mano (politicamente) il Paese e che è travolto, insieme al partito che ha guidato per diciassette anni, dalle indagini del pool di Antonio di Pietro.
Come si arriva ai fatti di quella sera? Perché così tanto livore nei confronti di Bettino Craxi ? Ma chi è Bettino Craxi e quale è il suo ruolo nella politica nazionale fino a quel momento?
Origini di Bettino Craxi e primi incarichi politici
Nato il 24 febbraio 1934 a Milano, Benedetto “Bettino” Craxi proviene da una famiglia socialista antifascista con il padre Vittorio molto attivo politicamente durante il periodo della clandestinità (tanto da ospitare, in una loro casa al confine con la Svizzera, alcune famiglie ebree). A 17 anni si tessera per la prima volta al PSI e cinque anni dopo entra nella direzione provinciale di Milano del partito.
Nel 1960 Craxi diventa consigliere comunale a Milano sotto l’amministrazione del socialdemocratico Virgilio Ferrari e l’anno dopo diventa assessore all’economato sotto la giunta socialdemocratica di Gino Cassinis. Nel 1962 è segretario provinciale del PSI e nel 1965 entra nel Comitato centrale, l’organo decisionale nazionale.
Vicino a Pietro Nenni, nel 1968, Craxi, a 34 anni, diventa per la prima volta deputato con oltre 23mila preferenze, secondo dietro a Nenni e davanti a tanti noti politici socialisti. Craxi prende in affitto in ufficio sito in fronte al Duomo nell’omonima piazza milanese al numero civico 19, appartenuto un tempo ai socialdemocratici: lui lo riempie di manifesti di Turati e Garibaldi.
In quegli anni, si distingue per la dote oratoria e per l’impegno profuso nella militanza, ma anche per la grinta, l’ambizione, l’essere diretto contro avversari e fedelissimi. Craxi perora la causa degli ungheresi e dei cecoslovacchi contro le invasioni sovietiche ed è favorevole al “centrosinistra organico” (i socialisti al governo con la Democrazia Cristiana). Cura anche i rapporti internazionali con altri esponenti socialisti europei, in particolare quelli dei Paesi dell’Europa mediterranea usciti dai regimi autoritari.
Nelle elezioni politiche di quell’anno, il Partito Socialista Unificato (l’unione tra il PSI ed i “cugini” del PSDI) ottiene quasi il 15% dei voti, posizionandosi al terzo posto dopo Democrazia Cristiana (39%) e PCI (27%). Peccato che i socialisti, da soli, ottengano solo il 9,6%.
Nel 1970 Craxi assume la carica di vice-segretario del partito sotto la guida di Giacomo Mancini ed è confermato anche l’anno successivo, quando alla guida del partito è chiamato Francesco de Martino. Bettino Craxi ricopre il ruolo di vice- di de Martino fino al congresso di Roma del 1976.
La segreteria Craxi e la guida del governo
Fino al 1976, il Partito Socialista Italiano è in una fase difficile, perdendo costantemente voti (-5 punti percentuali tra il 1968 ed il 1976) e, vista la forza in quel periodo della Democrazia Cristiana e dei comunisti, si teme che il partito possa perdere influenza e arrivare a contare veramente poco in favore dei due partiti maggiori della scena politica nazionale. La svolta si ha in occasione del quarantesimo congresso del partito a Roma nel 1976 all’hotel “Midas”: de Martino lascia il posto di segretario proprio a Craxi.
De Martino e la sua frangia optano per Craxi consci del fatto che l’allora quarantaduenne politico milanese avrebbe traghettato il partito per un breve di tempo, svolgendo una segreteria di transizione visto che Craxi non è un politico molto conosciuto e la sua sarebbe stata una segretaria “di scopo” cosicché il partito si potesse riorganizzare ed eleggere un segretario con un pedigree di rango, farsi un “maquillage” e ripartire trovando il giusto spazio nella scena politica nazionale.
Invece Craxi, da quel momento, prende in mano il partito ed entrambi spiccano il volo: Craxi rimane segretario per sei congressi consecutivi (Torino 1978, Palermo 1981, Verona 1984, Rimini 1987, Milano 1989, Bari 1991) ed il partito cambia radicalmente volto e impenna nelle politiche nazionali (9,81% Camera e 10,3% Senato nel 1979; 11,4% Camera e 11,3% Senato nel 1983) ed in quelle europee (11,3% nel 1979; 11,2 nel 1984%), portando nel governo Cossiga II, dopo sei anni assenza (dal Rumor V, marzo-ottobre 1974), un nutrito numero di esponenti socialisti in una compagina di governo (un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nove ministri, sedici sottosegretari).
Nel congresso di Torino, Craxi svela il nuovo simbolo: il garofano rosso al posto delle ormai superate falce e martello ed il libro aperto sul sole dell’avvenire: il garofano rosso era un simbolo del primo socialismo di Turati e simbolo della rivoluzione portoghese contro il regime di Caetano.
Contrario al “compromesso storico” e favorevole ad ascoltare le Brigate rosse durante il sequestro Moro (e per questo motivo è l’unico politico invitato alle sue esequie private), Bettino Craxi diventa il politico più importante ed influente degli anni Ottanta. Un esempio? E’ uno dei promotori del Pentapartito, l’alleanza di governo che unisce democristiani, socialisti, liberali, repubblicani e socialdemocratici e che governa il Paese tra il giugno 1981 e l’aprile 1991: la DC (nonostante il tonfo elettorale del 1983) rimane il partito di riferimento nonché il più votato, ma a rotazione sarebbero diventati Presidenti del Consiglio i leader dei singoli partiti politici formanti la coalizione.Grazie anche all’ottimo risultato delle politiche del 1983, dopo il repubblicano Spadolini (Primo ministro tra il giugno 1981 ed il dicembre 1982), ed il breve governo numero V di Fanfani (dicembre 1981-aprile 1983), il 4 agosto 1983 Bettino Craxi diventa Presidente del Consiglio, mantenendo la carica di capo dell’esecutivo fino al 17 aprile 1987 per un totale di 1.352 giorni, risultando il governo (Craxi I-II) più longevo della storia repubblicana dopo i quattro governi de Gasperi (V-VI-VI-VII) tra il maggio 1948 e l’agosto 1953. Per la prima volta, contemporaneamente, il Presidente del Consiglio ed il Presidente della Repubblica sono espressione del PSI.
Bettino Craxi Presidente del Consiglio
Con Bettino Craxi Presidente del Consiglio, l’Italia entra in una fase di espansione economica, industriale e sociale: il Paese diventa la quinta potenza economica mondiale, il settore secondario torna ad ingrandirsi e a diventare competitivo e si sviluppa il terzo settore. La svolta di Craxi consiste nel dare al partito lo slancio decisivo per intraprendere una strada riformista che non deve essere più legata al comunismo: tra i socialisti è vivo il terrore di perdere troppi voti ed essere chiuso dalle due grandi forze politiche nazionali, ma l’avvento del craxismo portò il partito ad issarsi al terzo posto tra i partiti più votati di tutti.
Il governo craxiano passa alla storia per il suo decisionismo: Craxi stipula, il 12 febbraio 1984, con il Segretario di Stato vaticano, Agostino Casaroli, il nuovo concordato Stato – Chiesa (accordi di Villa Madama) che supera quello dell’11 febbraio 1929
Craxi ha però un sogno: trasformare il Paese in una repubblica presidenziale, modificando la forma di governo per dare al Paese un “uomo solo al potere” capace di unire in un’unica figura il potere esecutivo e i poteri del Capo dello Stato sulla base di come è strutturata la quinta Repubblica francese.
Dal punto di vista economico, il governo Craxi combatte l’inflazione (tagliandola dal 12 al 5% in poco tempo) ed il suo governo promuove il taglio della “scala mobile”, ovvero indicizzando gli stipendi all’aumento dei prezzi, aumentandoli quando questi aumentavano. Il 14 febbraio 1984 il governo Craxi promuove il “decreto di San Valentino” con il taglio di tre punti di contingenza della “scala mobile”: per molti partiti è la causa stessa dell’inflazione, per il PCI è l’unico modo per non far perdere il potere d’acquisto ai lavoratori.
Il partito di Enrico Berlinguer raccoglie le firme per un referendum abrogativo che si tiene nel giugno 1985 e che vede la vittoria del “NO” e, quindi, la vittoria di Craxi. Inoltre nascono gli scontrini fiscali per inasprire la lotta agli evasori fiscali nel commercio. Un grave problema è però l’aumento del rapporto debito/PIL che passò in dieci anni dal 55 al 95 % ed il deficit rimase sopra il 10 % del PIL.
Contestati però sono anche i “decreti legge Berlusconi” (20 ottobre e 6 dicembre 1984) che permettono a Silvio Berlusconi, presidente di Fininvest e grande amico di Craxi, di poter trasmettere in diretta nazionale via etere i programmi delle sue reti private contro le decisioni precedenti da parte dei pretori di Milano, Roma e Pescara di proibire la diretta televisiva, allora in capo solo alla Rai.
Bettino Craxi e la crisi di Sigonella
Ma il governo Craxi passa alla storia (italiana) per la sua politica estera. La politica estera craxiana è vicina a Solidarnosc, il movimento sindacale cattolico anticomunista di Lech Walesa, ma il Premier Craxi si contraddistingue per il continuare a favorire il dispiegamento, fissato nel 1981 dal governo Spadolini, dei missili americani a medio raggio Cruise e Pershing II a Comiso, in Provincia di Ragusa, a causa della decisione della NATO di disporli in Italia, Germania Ovest e Paesi Bassi a seguito del posizionamento dei missili russi SS-20 verso le frontiere occidentali.
Sono stati degni di nota poi i fatti di Sigonella (7 – 12 ottobre 1985) quando il governo italiano si rifiuta di consegnare all’amministrazione Reagan i terroristi palestinesi che avevano dirottato la nave da crociera “Achille Lauro”, arrivando ad un soffio da un conflitto a fuoco tra i Carabinieri e la Delta Force nella base di Sigonella. Una telefonata, il 12 aprile 1986, avverte il dittatore libico Gheddafi del fatto che due giorni dopo la sua abitazione sarebbe stata bersaglio di un attacco missilistico americano, cosa che avvenne e Gheddafi riuscì ad evitare i fatti, ma non una ventina di civili e la figlia adottiva Hana di poco più di un anno (la cui morte non è stata mai del tutto accertata).
Dalla fine del Craxi II all’arresto di Mario Chiesa
Il governo Craxi (II) si dimette il 17 aprile 1987: la molteplicità di dissidi con l’allora segretario della DC, Ciriaco de Mita, sulla guida del governo (il cosiddetto “patto della staffetta) portano il politico milanese a dare le dimissioni: al suo posto, il quinto governo Fanfani che dura solo dieci giorni e che porta il Presidente Pertini a sciogliere per la seconda volta consecutiva le Camere per la mancanza di una nuova maggioranza di governo.
Craxi dopo il suo addio a Palazzo Chigi non diventa più premier e non ha più incarichi istituzionali, ma un ruolo importante all’interno della nostra politica attraverso il cosiddetto CAF, l’”unione” fra lui ed i democristiani Andreotti e Forlani: una sorta di shadow cabinet che durò fino alle elezioni dell’aprile 1992, le ultime della “Prima repubblica”.
Il Pentapartito (diventato poi Quadripartito) continua a governare il Paese con i governi Fanfani, Goria, de Mita e Andreotti VI-VII: l’ultimo governo Andreotti termina durante i primi due mesi delle indagini dell’inchiesta della Procura di Milano detta “Mani pulite” e che travolge la scena politica ed imprenditoriale italiana.
Il 17 febbraio 1992 è arrestato in flagranza di reato Mario Chiesa, presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio di Milano e molto vicino a Craxi: Chiesa è incastrato dalla Procura di Milano mentre incassa “in diretta” una tangente per un appalto di una ditta di pulizie speciali composta da banconote “firmate” dal magistrato Antonio di Pietro.
Quel “gesto” (l’incassare una tangente) si rivela essere la punta di un iceberg di un sistema che si svolge da tantissimi anni e che coinvolge imprenditori e politici locali milanesi (e lombardi) fino ad arrivare a colpire tutti i partiti nazionali: tanti versano tangenti, tutti le incassano in un sistema ben collaudato che di Pietro definisce “dazione ambientale”.
Tutti gli imprenditori sanno che per aver appalti o per mantenerli devano versare una “quota” ad un politico, essendo una cosa implicita, ma nascosta, di ogni trattativa. I partiti poi si spartiscono, in maniera percentuale, gli incassi delle “mazzette”.
Bettino Craxi il 3 marzo prende le distanze da Chiesa definendolo “mariuolo” (termine napoletano per definire il “ladruncolo”), sostenendo che a Milano nessun politico socialista ha mai avuto problemi di tangenti e corruzione nei precedenti 50 anni.
Le elezioni del 5 aprile 1992 e il discorso di Craxi del 3 luglio 1992
Il 5 aprile 1992, quarantotto giorni dopo l’arresto di Chiesa e l’avvio delle indagini, si svolgono le elezioni politiche: l’esito è devastante in quanto i quattro partiti che governavano allora il Paese (Dc, Psi, Psdi, Pli) ottengono il 48,85% e la Democrazia Cristiana passa dal 34,4% al 29,7%, perdendo molti voti soprattutto in alcune sue “roccaforti”.
I socialisti perdono poco più di mezzo punto percentuale, mentre il Partito dei Democratici della Sinistra, nato dopo lo scioglimento del Partito Comunista Italiano, ottiene il 16,6% mentre il “cugino” Partito della Rifondazione Comunista il 5,6%. Ottengono un ottimo risultato la Lega Nord (0,48 % nel 1987 e due parlamentari; 8,7% con ora 55 deputati e 25 senatori) ed il movimento La Rete (1,29% totale e quindici parlamentari). Le indagini della Procura di Milano riprendono dopo il voto politico e continuano gli arresti di imprenditori e gli interrogatori dei politici locali e regionali: l’indagine partita dal Pio Alberto Trivulzio arriva a coinvolgere tutti i partiti e tutti i loro leader.
E lo stesso Craxi, in un celebre discorso parlamentare datato 3 luglio 1992, giorno della fiducia al governo presieduto dal socialista Giuliano Amato, il secondo socialista a diventare Presidente del Consiglio, dice che tutti quanti sanno che esiste il finanziamento illecito ai partiti e che esistono le tangenti che “foraggiano” i partiti, i politici e gli appalti. Nessuno si oppone alle parole di Craxi, segno che il politico milanese, con quelle parole, ha colpito nel segno.
Craxi pensava che tutto si potesse risolvere politicamente e non che le indagini della Procura di Milano (e di tante altre italiane) andassero a fondo, facendo crollare la cosiddetta “Prima repubblica”. Craxi in cuor suo voleva formare il nuovo governo, ma a causa delle indagini di Tangentopoli, l’allora Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, optò per un socialista meno in vista di lui (il citato Amato).
Il 15 dicembre 1992 la Procura di Milano inviò a Craxi un avviso di garanzia per corruzione, concussione e finanziamento illecito: la sua carriera politica sta per avere un’inaspettata svolta. In negativo.
Il 1993 di Craxi: Hotel Raphael e la fine politica
Il 1993 è un anno molto importante per le indagini di “Mani pulite” perché partono decine e decine di avvisi di garanzia nei confronti di tutti i leader dei partiti nazionali. A Craxi nel gennaio 1993 è notificato un avviso di garanzia per le presunte tangenti sugli appalti della centrale nucleare di Montalto di Castro, nel Viterbese ed il mese successivo gli è consegnato un altro avviso per delle tangenti sui lavori eseguiti all’aeroporto di Milano-Malpensa, oltre ad un altro avviso per il concorso in bancarotta fraudolenta, insieme all’ex Guardasigilli e suo “delfino” Claudio Martelli, del Banco ambrosiano.
La situazione è molto complicata per il leader socialista, tanto che l’11 febbraio si dimette dalla segreteria a seguito, quattro giorni prima, dell’arresto di Silvano Larini, un suo fedelissimo: termina la sua parabola. Una parabola iniziata per caso nel 1976 e che si conclude con l’addio alla segreteria dopo diciassette anni di successi personali. Nel mezzo, un grande pezzo di storia italiana.
Nel marzo 1993 il governo Amato traballa per via della bocciatura del “decreto Conso” che avrebbe depenalizzato il finanziamento illecito ai partiti e inasprito le pene per gli arricchimenti personali: lo scopo è “proteggere” il sistema, punendo i singoli. Le proteste in parlamento e nelle strade sono molto forti tanto da spingere il Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, a non controfirmarlo e renderlo “operativo”: per la prima volta nella storia della Repubblica succede una cosa di questo tipo.
La caduta del governo Amato (avvenuta nell’aprile 1993) porta alla nascita del primo governo guidato da una persona non eletta in parlamento, l’ex governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, e con i primi ministri provenienti dalla sfera post- PCI in una compagine di governo. Ma i fatti del 29 e 30 aprile 1993, le prime ore di “vita” di quel governo, quasi lo portano a cadere.
Il 29 aprile 1993 i deputati sono chiamati non solo a votare la fiducia al nuovo esecutivo, ma anche a votare sei autorizzazioni a procedere nei confronti di Craxi: vista la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex leader socialista, la Camera, ramo del parlamento cui fa parte il politico socialista, deve votare se permettere la sua autorizzazione a procedere o meno.
Il voto del parlamento è necessario in quanto i parlamentari durante i cinque anni di legislatura godono dell’immunità parlamentare (una prerogativa irrinunciabile di ogni parlamentare che gli permette di esercitare la sua funzione di parlamentare senza avere “problemi” con legge durante il loro mandato, espresso dall’articolo 68 della Costituzione).
Craxi tenne un discorso di oltre quaranta minuti in suo favore e al momento della votazione, tenutasi a scrutinio segreto, ecco la sorpresa: i suoi colleghi votano a favore solo due delle sei autorizzazioni a procedere. In pratica, una vittoria per Craxi e la conseguente sconfitta per di Pietro e & C. La casta ha protetto la casta. Quella votazione ha degli strascichi molto pesanti in aula, in quanto esponenti di MSI e Lega brandiscono slogan e cartelli. Per di più, quattro ministri del governo Ciampi si dimettono: lasciano la carica per protesta, quella sera, i ministri pidiessini La Barbera, Berlinguer e Visco, insieme al “verde” Rutelli.
La protesta arriva anche nelle piazze: il giorno dopo, nel pomeriggio, si tengono sei cortei organizzati dalle persone comuni e dagli studenti tra piazza Colonna, piazza Navona, la sede del Psi in via del Corso ed il Pantheon. Ma il clou è nel piazzale davanti all’hotel “Raphael”, in largo Febo, nei pressi di piazza Navona, da sempre residenza romana di Bettino Craxi e appartenente ad un suo caro amico.
A Craxi si consiglia di uscire dal retro dell’hotel così da non incontrare tutte quelle persone e non creare problemi di ordine pubblico, ma l’ex leader socialista, a schiena dritta, decide sfidare i suoi nemici e metterci la faccia. Dopo la partenza delle auto di servizio, per terra si contano centinaia di monetine.
Di quella sera rimane un video dal valore storico da parte della giornalista Rai Valeria Colante ed un’immagine di un fotografo appollaiato sul tetto di un ristorante accanto al “Raphael”: la tempesta di monetine lanciata contro Craxi e la sua corsa dentro la macchina di servizio e la sua “fuga” sono una delle ultime immagini di un Paese che, politicamente, vuole cambiare pagina.
La fuga di Craxi in Tunisia ad Hammamet
Il 13 gennaio 1994 il governo Ciampi si dimette: non c’è più una maggioranza parlamentare ed il Presidente Scalfaro indice nuove elezioni che si tengono il 27 ed il 28 marzo 1994. Quelle elezioni passano poi alla storia come le prime della “Seconda repubblica”, le prime senza il nome “Democrazia Cristiana” sulla scheda elettorale e con un nuovo partito che si candida alla guida del Paese attraverso due “sotto-coalizioni” nella medesima coalizione.
Il partito è Forza Italia fondato dall’imprenditore Silvio Berlusconi che il 26 gennaio 1994 annuncia la sua “discesa in campo” mediante un discorso televisivo e le due “sotto-coalizioni” legano da una parte Forza Italia e la Lega Nord di Umberto Bossi al Nord (Polo delle Libertà) e Forza Italia e Movimento Sociale Italiano – Alleanza Nazionale al Sud (Polo del Buongoverno), formando, con i partiti Centro Cristiano Democratico e Unione Di Centro in entrambe le coalizioni, il “Polo delle Libertà”.
A vincere è la coalizione berlusconiana che in soli tre mesi ribalta tutti i pronostici che vedono l’Alleanza dei Progressisti (formata da PDS. Rifondazione comunista, PSI, Verdi e altri piccoli partiti) vincitrice quasi a mane basse delle elezioni politiche.
Il PSI, allora guidato da Benvenuto, si allea con la coalizione di centro-sinistra guidata dal pidiessino Achille Occhetto e tra i candidati al nuovo parlamento non c’è più, dopo ventisei anni, Bettino Craxi: l’ex leader socialista non è candidato visto il coinvolgimento dello stesso nelle indagini del pool “Mani pulite”.
Il 15 aprile 1994 si tiene la prima riunione delle nuove Camere: quel giorno, per i non eletti rispetto alla legislatura parlamentare precedente, cessa l’immunità parlamentare: i non eletti sono quindi perseguibili dalla legge senza dover passare dalla richiesta di autorizzazione a procedere.
Il 12 maggio 1994 è ritirato a Craxi il passaporto, ma il politico socialista è da una settimana giusta lontano dall’Italia, riparando in Tunisia nella sua casa di Hammamet, cittadina nel nord-est del Paese maghrebino, dove ha da tempo una residenza privata. Da quel momento, anche quando sarà dichiarato latitante il 21 luglio 1995, Bettino Craxi non tornerà mia più in Italia ed in Tunisia lo raggiunge anche la moglie Anna. Non tornerà neanche per curarsi dalla grave forma di diabete che lo stava debilitando ed il paese africano non concesse mai l’estradizione all’Italia.
La malattia e la morte di Craxi ad Hammamet
Il 13 novembre 1994, inoltre, dopo centodue anni di gloriosa esistenza, è sciolto il Partito Socialista Italiano: dopo le dimissioni di Craxi, gli succede Giorgio Benvenuto, che guida il partito fino al 27 maggio 1993. Dopo di lui, è eletto Ottaviano del Turco. Il 21 giugno 1994 Valdo Spini è il nuovo coordinatore ed il 13 novembre successivo, durante il XLVII congresso tenutosi a Roma, si decide di sciogliere una volta per tutte il partito nato a Genova il 14 agosto 1892 ed allora il più vecchio di tutto l’arco parlamentare.
Bettino Craxi muore il 19 gennaio 2000 all’età di 65 anni per un arresto cardiaco dovuto alla grave forma di diabete. Craxi è seppellito ad Hammamet e la famiglia ha sempre rifiutato la traslazione della salma in Italia perché l’ex leader socialista non lo aveva mai voluto.
Complessivamente, Bettino Craxi ha avuto due condanne definitive durante Tangentopoli per un totale di dieci anni con i casi Eni-Sai (5 anni e mezzo, il 12 novembre 1996) e Metropolitana milanese (quattro anni e mezzo, il 20 aprile 1999). Sono estinte con la morte dello stesso Craxi le condanne per i processi per le tangenti Enel (cinque anni e cinque mesi), Enimont (tre anni per finanziamento illecito), Conto 633369 detto “Protezione” presso la Banca svizzera UBS (condanna a 5 anni e nove mesi poi rinviata), rinvio a giudizio per fondi neri Montedison e Eni mentre per il processo “All Ibernian” il reato è prescritto.
Eredità di Bettino Craxi
Trent’anni sono tanti, eppure molti italiani si ricordano ancora quei fatti accaduti nel biennio 1992-1994: nessuno pensava che da un arresto in flagranza di un presidente di un ospizio milanese potesse deflagrarsi l’intero sistema politico che governava il Paese dal 1948. Un sistema che si scopre vedere Craxi tra i principali protagonisti. E ciò che avvenne la sera di venerdì 30 aprile 1993 ne è stata la testimonianza: dieci anni prima Craxi è sulla poltrona di Palazzo Chigi, dieci anni dopo è distrutto politicamente dalle indagini del pool di Milano ed umanamente da quel lancio di monetine da pare di una folla inferocita.t
A Craxi hanno dedicato libri (anche sui fatti del “Raphael”), dibattiti, film e documentari e la sua figura è ancora oggi controversa. Molti pensano, estremizzando: Craxi è da ricordare più come uno statista o come un latitante?
Sempre riferita all’epoca craxiana, è degna di nota l’espressione iconica dell’allora ministro socialista Rino Formica, il quale nel parlare della gestione craxiana del partito del Garofano parla di “circo di nani e ballerine” per definire l’ambiente dei congressi socialisti e per definire tutte le persone che giravano (a pieno titolo o meno) intorno ai vertici del partito: persone senza arte né parte, arrivisti, soubrette, ballerine e personaggi che con la politica centrano poco. Un ambiente che Craxi, magari indirettamente, aveva creato e che allo stesso politico non dispiaceva che esistesse.Craxi era, e sempre sarà un personaggio (politico) divisivo tra chi lo ama ancora oggi, chi pensa fosse stato vittima della “persecuzione” del pool e chi invece lo detesta perché rappresenta in pieno il potere politico corrotto ed un sistema “marcio” che doveva essere combattuto: il politico simbolo di quel sistema che durava da tempo e che è crollato in meno di due anni sotto i colpi delle indagini della Procura di Milano e per mano elettorale da parte dei cittadini.
I libri consigliati da Fatti per la Storia su Bettino Craxi
- G. Barbacetto – P. Gomez – M. Travaglio, Mani pulite. La vera storia, Chiarelettere, Roma, 2022
- E. Catania, Bettino Craxi. Una storia tutta italiana, Boroli Editore, Milano, 2003.
- S. Colarizi – M. Gervasoni, La cruna dell’ago. Craxi, il Partito Socialista e la crisi della Repubblica, Laterza, Roma-Bari, 2005.
- M. Pini, Craxi. Una vita, un’era politica, Mondadori, Milano, 2007.