CONTENUTO
di Mattia Corti
I piani dei comandi militari nel 1915
Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra contro l’Austria-Ungheria, varcando il confine in direzione del fiume Isonzo. Il capo di stato maggiore austriaco Franz Conrad, in seguito alla firma del Trattato di Londra del 26 aprile che decreta l’entrata in guerra italiana, afferma come non sarà lasciato nulla al nemico senza combattere. Il confine militare austriaco viene fortificato da Gorizia fino al Carso.
Il capo di stato maggiore tedesco Erich Von Falkenhayn inizialmente concede tre divisioni per il fronte italiano, le quali si aggiungono alle 14 austriache iniziali. Il 21 maggio i comandi dell’Intesa vengono però a sapere come l’esercito italiano sia ancora totalmente impreparato all’offensiva e Von Falkenhayn, in aggiunta al fatto di voler continuare la pressione sul fronte serbo e su quello russo, ritira i suoi uomini, ad eccezione di una divisione Alpenkorp[1].
Dall’altra parte del fronte, il generale Luigi Cadorna ha a disposizione 35 divisioni. Il suo esercito, nonostante la mobilitazione sia in atto dal primo aprile, è pronto al combattimento solo il 16 giugno. Il capo di stato maggiore italiano prevede un attacco sulla linea Villach-Lubiana portato principalmente dalla 4° armata. L’intento è di far sì che tutte le divisioni giungano a Lubiana partendo da fronti diversi. Il ritardo nella preparazione, la dispersione delle forze su un fronte troppo ampio e l’artiglieria carente di grossi calibri, oltre che di mezzi per un suo trasporto efficiente, fanno fallire i piani dei comandi italiani prima ancora che vengano attuati.
La prima battaglia dell’Isonzo del 1915
Il 23 giugno Cadorna dà il via all’assalto dirigendo l’attacco verso Gorizia da nord, cercando di aggirare la città passando per la testa di ponte di Plava[2]. Viene previsto un attacco frontale che inizia dalla sinistra per poi estendersi gradualmente verso il centro e la destra, nella speranza che la maggior parte delle forze austriache confluiscano laddove c’è stato il primo attacco.
I risultati sono magri, piccoli avanzamenti sono registrati sul basso Isonzo, dove la 3° armata agli ordini del Duca d’Aosta riesce a creare delle teste di ponte, come quella di Redipuglia. Al contrario, l’attacco portato dalla 2° armata in direzione di Tolmino è un fallimento. I combattimenti si concludono il 7 luglio senza portare alcun risultato di rilievo e gli austriaci, forti delle posizioni sopraelevate, infliggono quasi 15,000 perdite agli italiani.
La seconda battaglia dell’Isonzo
In seguito al fallimento del primo attacco, le attenzioni dei comandi italiani si rivolgono principalmente al fronte del Carso. Il 18 luglio iniziano i combattimenti, la 3° armata sottrae agli austriaci piccole località come Bosco Triangolare e Bosco Cappuccio, oltre ad avanzare sulle pendici del Monte Sei Busi. La lotta più aspra infuria sul caposaldo austriaco del San Michele, qui la posizione viene più volte conquistata e persa, con i fanti italiani costantemente sotto il tiro dell’artiglieria austriaca.
Inizialmente ci sono dei piccoli avanzamenti ma ancora una volta l’esercito italiano non è capace di sfruttare il momento positivo, le riserve vengono inviate con ritardo e il tiro di artiglieria è impreciso. La battaglia si ferma il 3 agosto con la conquista del Monte Nero e del Monte Rosso da parte della 2° armata, a fronte di più di 40,000 perdite.
La terza e quarta battaglia dell’Isonzo
Il 18 ottobre inizia un’offensiva volta a diminuire la pressione sugli alleati serbi, in quel momento colpiti da un’offensiva austro-tedesca. Cadorna predispone 1,200 bocche da fuoco al fine di attuare un bombardamento più efficace sulle linee austriache, le quali sono sorvolate per la prima volta dall’aviazione italiana. Gli italiani si muovono su due ali, Plava e Carso, con grande intensità. Estenuanti attacchi vengono inflitti ai pilastri della testa di ponte di Gorizia, il monte Sabotino e il Podgora.
L’azione viene interrotta e ripresa il 10 novembre, dando inizio alla quarta battaglia. Il Podgora è nuovamente protagonista di accaniti combattimenti. Sono molti gli atti di eroismo tra i fanti italiani, in particolare la 4° armata, con enorme sacrificio, riesce a conquistare la cima del Col di Lana.
Ulteriori piccoli successi sono ottenuti sul San Michele, sul Monte Sei Busi e nella piccola località di Oslavia, già pesantemente bombardata in precedenza. I comandi austriaci, preoccupati in seguito alle perdite subite, si rivolgono alla Germania ma senza successo.
La Relazione austriaca riporta:
«Nelle relazioni delle truppe in linea veniva sempre posto in evidenza il meraviglioso valore della fanteria italiana e specialmente dei suoi ufficiali».
Il 2 dicembre, a conclusione della terza e quarta battaglia, si contano più di 100,000 perdite nel Regio Esercito.
La quinta battaglia dell’Isonzo del 1916
Nel dicembre 1915 si svolge la conferenza Alleata di Chantilly nel corso della quale si decidono tre offensive: quella russa, quella franco-inglese e quella italiana. L’attacco viene ulteriormente sollecitato a Cadorna in seguito all’offensiva tedesca a Verdun ai primi di febbraio. Joffre, capo di stato maggiore francese, chiede a gran voce un attacco italiano per diminuire la pressione sulle sue linee.
Le esauste truppe italiane sferrano l’offensiva il 9 marzo forti di 18 divisioni e 2 gruppi alpini. La battaglia si svolge sulla testa di ponte di Tolmino e sul fronte del Carso, piccoli avanzamenti avvengono in quest’ultimo settore. Le operazioni si concludono il 19 marzo senza grandi perdite e senza grandi conquiste.
La Strafexpedition
Nel dicembre 1915 gli austro-tedeschi respingono la grande offensiva russa e al contempo riescono a mettere fuori combattimento la Serbia, questo è per Conrad il momento di eliminare l’Italia. Fino al febbraio 1916 il comandante austro-ungarico rinnova l’invito a Von Falkenhayn di inviare divisioni sul fronte italiano, all’ennesimo rifiuto da parte tedesca decide di agire solamente con le proprie forze, convinto che siano necessarie le 16 divisioni che può schierare da sé. L’attacco è previsto nel Trentino, con l’intenzione di sfondare nella Valsugana per poi arrivare nella pianura veneta, prendendo alle spalle le forze italiane schierate nell’Isonzo.
La Strafexpedition, inizialmente prevista per il 10 aprile, inizia il 14 maggio a causa del meteo avverso. La battaglia inizia con un grande bombardamento austriaco, forte di 600 bocche da fuoco. L’offensiva dura fino al 2 giugno, la fanteria avanza per più di 20 chilometri nel fronte italiano raggiungendo l’altopiano di Asiago. La controffensiva italiana va avanti fino a metà luglio, permettendo di riconquistare la maggior parte dei territori persi.
La sesta battaglia dell’Isonzo: Gorizia
Dopo aver assorbito l’offensiva austro-ungarica, Cadorna prepara una nuova offensiva sul fronte dell’Isonzo, in particolare in direzione di Gorizia. L’attacco è preparato in segretezza e avviato il 4 agosto, con sole 7 divisioni poiché il fronte del Trentino richiede ancora molti uomini. Gli italiani conquistano i due pilastri avanzati della difesa austriaca, i monti San Michele e Sabotino. Gli uomini del generale Luigi Capello entrano a Gorizia il 9 agosto, a fronte di più di 74,000 perdite. Il 16 agosto l’offensiva è sospesa e il clima di entusiasmo porta l’Italia a dichiarare guerra alla Germania.
La settima, ottava e nona battaglia dell’Isonzo
Cadorna ha ormai imparato cosa sia la guerra di posizione e come attacchi prolungati risultino inefficaci. Elabora quindi la strategia delle “tre spallate”, ovvero attacchi energici da sospendere nel momento in cui diventa chiaro come lo slancio dell’offensiva sia esaurito. Il nuovo attacco è previsto sulla linea del Carso. Il 14 settembre ha inizio la settima battaglia dell’Isonzo che viene però sospesa dopo soli due giorni poiché il tiro dell’artiglieria non è stato in grado di aprire la strada alla fanteria la quale, per l’ennesima volta, subisce gravi perdite.
Il 10 ottobre ha inizio la seconda spallata, l’ottava battaglia dell’Isonzo, estesa anche alla Valle del Vipacco, a sud del Carso. La difesa austro-ungarica è ancora tenace e il 12 ottobre Cadorna ferma l’attacco.
La terza spallata, la nona battaglia dell’Isonzo, inizia il 1° novembre e viene sospesa il 2. Gli italiani riportano qualche piccolo successo come la conquista del Faiti, monte che sovrasta Gorizia. I risultati maggiori ottenuti da Cadorna dopo questa serie di offensive non sono visibili in termini di territorio, il vero colpo è stato dato al morale del logorato esercito asburgico. Il generale Boroević scrive:
“Le ultime tre battaglie hanno dimostrato che il nemico è diventato un altro dallo scorso anno: esso ha molto imparato”.
La decima battaglia dell’Isonzo
Nel novembre 1916 le potenze della Triplice Alleanza si incontrano di nuovo a Chantilly, qui si decide per una serie di offensive congiunte per la successiva primavera.
Il 12 maggio 1917, circa un mese dopo l’inizio dell’offensiva franco-inglese alla Somme, inizia la decima battaglia dell’Isonzo. Cadorna prevede un attacco basato su due direttrici: la prima verso la valle del Vipacco, sbarrata dal monte Hermada, la seconda verso la linea Kuk-Vodice-Monte Santo, ovvero le alture presidiate dagli austriaci a guardia dell’altopiano della Bainsizza, in direzione Trieste.
Le previsioni del generale italiano sono un pò ambiziose. La battaglia è durissima, inizialmente solo il Kuk viene conquistato. L’offensiva si esaurisce in breve ma Cadorna, assecondando le pressioni del generale Luigi Capello, fa continuare gli attacchi e il Vodice viene preso. Dalla parte del Carso non vengono raggiunti risultati significativi, il monte Hermada risulta insuperabile, nonostante i continui tentativi di aggiramento. L’offensiva è sospesa il 28 maggio in seguito alle alte perdite.
Nello stesso periodo i comandi italiani riservano 12 divisioni per riconquistare gli ultimi territori rimasti in mano agli austro-ungarici dopo la Strafexpedition, in particolare il 19 giugno viene presa la cima dell’Ortigara, luogo poi diventato famoso per via dei tanti atti di eroismo tra le fila degli alpini. Il reduce Luigi Baccolo, a memoria della carneficina dell’Ortigara, ricorda:
«Morti, in quel posto là, ne ho visti a montagne, non so quelli tedeschi, ma i nostri non si riusciva neanche a contarli (…) Quella valle e la salita di fronte erano un cimitero mai visto»
L’undicesima battaglia dell’Isonzo
Il 18 agosto Cadorna dà il via alla più grande offensiva lanciata dal Regio Esercito dall’inizio degli scontri alla quale vengono destinate 51 divisioni e 5200 pezzi di artiglieria. L’undicesima battaglia si sviluppa sulla scia della decima, svolgendosi su tre direttrici diverse: il Carso, l’altopiano della Bainsizza e la testa di ponte di Tolmino.
Si registrano brevi ed isolati avanzamenti, come quello della 2° armata del generale Caviglia che riesce a varcare l’Isonzo, conquistando la Bainsizza e il Monte Santo. Ancora una volta gli sforzi italiani si infrangono contro i pilastri austriaci del San Gabriele e dell’Hermada, nonostante il grande sacrificio degli assalitori. L’azione è sospesa il 31 agosto a fronte di circa 140,000 perdite.
La dodicesima battaglia dell’Isonzo: Caporetto
Nel settembre 1917 per i comandi italiani è ormai chiaro come ci sarà un’offensiva austro-tedesca, complice l’uscita dalla guerra della Russia. I piani dei due imperi centrali sono ben diversi: 15 divisioni scelte, di cui 7 tedesche, dotate di ottima artiglieria, il 24 ottobre attaccano a nord dell’Isonzo in direzione di Plezzo e Tolmino, sfondando velocemente in quest’ultimo punto. Il settore sotto attacco è difeso da sole 4 divisioni italiane, Cadorna ha disposto altrove le altre 39.
L’azione è rapida e potente e, nonostante la strenua resistenza della 2° armata, in breve tempo l’intero fronte italiano è travolto. Le forze austriache agli ordini di Von Below si congiungono a Caporetto, avanzando poi per 150 chilometri. Il 28 ottobre Udine, sede del Quartier Generale italiano, è persa. Cadorna ordina una disorganizzata ritirata sul fiume Tagliamento, una volta sfondata anche questa linea gli italiani il 9 novembre si assestano sul Piave. Il tenente Carlo Salsa fa emergere la situazione delle truppe italiane alla vigilia della battaglia:
“I soldati sono stanchi (…) Una volta si facevano ammazzare allegramente, a reggimenti interi, ora non vogliono più arrischiare la pelle, nemmeno per qualche cosa”
Il bollettino austriaco del 26 ottobre aiuta a capire la disorganizzazione tra le fila dell’esercito italiano:
“Presso gli italiani che ripiegano regna in vario modo la più grande confusione (…) Fino ad ora 30,000 prigionieri (…) e circa 300 cannoni catturati sono stati contati”.
La dodicesima battaglia dell’Isonzo costa all’Italia circa 40,000 perdite e 265,000 prigionieri, lasciando in eredità un esercito che necessita di una profonda riorganizzazione.
[1] Divisione alpina bavarese, poi tedesca, attiva sul fronte italiano dal 1914 al 1916.
[2] Villaggio del medio Isonzo e stazione ferroviaria della linea Gorizia-Santa Lucia di Tolmino. Durante la guerra mondiale, l’esercito italiano, all’inizio delle sue operazioni, vi costituì una testa di ponte sulla sinistra dell’Isonzo, allo scopo di minacciare da nord le difese del campo trincerato di Gorizia.
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- Piero Pieri, L’Italia nella Prima guerra mondiale, Einaudi, 1965.
- Andrea Rebora, Morire nella Grande Guerra, Prospettiva Editrice, 2011.
- Mario Silvestri, Isonzo 1917, Mondadori, 1971.