CONTENUTO
L’1 marzo 1968 presso la facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma, sita presso una zona chiamata Valle Giulia, avviene uno scontro di piazza tra manifestanti universitari e polizia. Gli studenti tentano di riconquistare la Facoltà presidiata dalle forze pubbliche dopo averla sgomberata da un’occupazione studentesca
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Il Sessantotto
Il Sessantotto viene spesso definito anno degli studenti, anche se ci si dovrebbe riferire all’anno accademico e scolastico 1967-1968. Infatti, le agitazioni studentesche cominciarono negli atenei nell’autunno 1967. Nell’inverno 1968 si estese alle scuole superiori. L’università e la scuola italiane erano in crisi, per effetto sia del repentino aumento della popolazione studentesca, sia per la complessiva inefficienza di una istituzione che produceva più abbandoni che diplomi di laurea. Sebbene in occasione delle prime occupazioni gli studenti avanzassero precise rivendicazioni finalizzate al miglioramento dell’Università, progressivamente prese il sopravvento un’altra componente della contestazione, che era rivolta principalmente a politicizzare il movimento.
Gli scontri di Valle Giulia
Nel mese di febbraio 1968, la facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza, sita a Roma presso Valle Giulia, era stata sede di numerose occupazioni studentesche. Il 29 febbraio era stata sgomberata e presidiata dalla polizia, chiamata in causa dal rettore Pietro Agostino D’Avack. Gli studenti decisero di rilanciare il giorno successivo. Il 1º marzo, circa 4.000 persone si radunarono in Piazza di Spagna, animando un corteo che si divise in una parte diretta alla città universitaria ed un’altra maggioranza a Valle Giulia, nell’intenzione di riprendere l’occupazione della facoltà. Qui gli assalitori cominciarono ad attaccare gli uomini di guardia alla facoltà di Architettura, lanciando uova, arance e ortaggi, poi passarono alle pietre e diedero fuoco ad automezzi della polizia. Quest’ultima replicò e fu battaglia.
A guidare l’attacco furono, congiuntamente, gli esponenti del movimento studentesco dell’estrema sinistra e del movimento di estrema destra Avanguardia Nazionale Giovanile, guidati da Stefano Delle Chiaie. Avanguardia Nazionale era inoltre supportata da alcuni esponenti del FUAN-Caravella, di Primula Goliardica.
Al termine degli scontri, i militanti di destra occuparono la facoltà di Giurisprudenza, mentre gli studenti di sinistra occuparono Lettere. Si registrarono 148 feriti tra le forze dell’ordine e 478 tra gli studenti. Ci furono 4 arrestati e 228 fermati. Otto automezzi della polizia furono incendiati. Cinque pistole furono sottratte agli agenti.
Le conseguenze
Essa segnò una svolta epocale nei conflitti tra studenti e forze dell’ordine, della quale il movimento studentesco ebbe immediata consapevolezza. Agli esordi della contestazione, i manifestanti si lasciavano portare via o si ritiravano da soli se la polizia interveniva. Stavolta, invece, affrontarono lo scontro fisico e diedero battaglia per primi.
I giovani di estrema destra, concorsero al fenomeno delle occupazioni di facoltà universitarie in varie città d’Italia. C’era dialogo tra loro e i movimenti di sinistra, anche se talvolta gli uni e gli altri occuparono edifici diversi. La battaglia di Valle Giulia del 1º marzo 1968 sarà l’ultima azione in cui studenti di sinistra e di destra saranno insieme. La dirigenza del MSI sconfessò i militanti che aderivano alla contestazione. Il 16 marzo successivo, i missini guidati da Almirante e Caradonna assaltarono alla facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza, per cacciare via con la forza gli studenti di sinistra che la occupavano. Molti neofascisti sodalizzarono con gli occupanti della facoltà di Lettere. Il partito dimostrò all’opinione pubblica di essere contrario alla protesta studentesca. Inoltre rimise in riga la grande maggioranza dei neofascisti che avevano partecipato o simpatizzato con la contestazione.