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Il 19 ottobre del 202 a.C. si svolge in Africa, nei pressi di Cartagine, la battaglia di Zama. I cartaginesi comandati da Annibale vengono sbaragliati dall’esercito romano di Publio Cornelio Scipione, affiancato in quest’occasione dai Numidi del re Massinissa. Lo scontro segna la fine della seconda guerra punica e il definitivo tramonto di Annibale.
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Publio Cornelio Scipione riorganizza l’esercito romano
“I romani sono particolarmente temibili quando vengono sconfitti”.
Questa osservazione dello storico greco Polibio trova conferma nell’atteggiamento dei romani subito dopo la pesantissima sconfitta di Canne del 216. Rifiutata qualsiasi pace di compromesso, il governo romano prende i provvedimenti necessari per organizzare la controffensiva contro Annibale.
La svolta decisiva per le sorti della Seconda guerra punica si verifica in Spagna, la base dei rifornimenti cartaginesi per le truppe di Annibale. Quando il comando delle operazioni militari viene assunto dal giovane comandante Publio Cornelio Scipione i romani riesco a prendere il sopravvento: nel 210 conquistano Cartagena, la capitale cartaginese nella penisola iberica, e nel 206 sconfiggono in modo decisivo le forze cartaginesi in Spagna nella scontro di Ilipa.
In quello stesso anno Scipione rientra a Roma da trionfatore; dopo aver ricevuto la carica di console organizza i preparativi per la spedizione militare in Africa. Dall’esperienza spagnola il condottiero romano apprende una lezione di enorme importanza: egli si rende ben conto che senza una cavalleria efficiente e numerosa non sarebbe riuscito a competere con le mosse strategiche di Annibale. Non potendo contare però su quella romana Scipione avvia un’intensa azione diplomatica che porta alla fondamentale alleanza militare con Massinissa, re dei Numidi, già in quel momento in aperta rivolta con Cartagine.
La battaglia di Zama: Scipione contro Annibale
Scipione salpa dalla Sicilia verso l’Africa nel 204, con un esercito di circa 25 mila uomini composto prevalentemente da volontari italici. Nonostante le difficoltà iniziali nel 203 Scipione e Massinissa colgono un’importante vittoria nei pressi della piana di Campi Magni. Visto il pericolo imminente Annibale rientra precipitosamente in patria galvanizzando gli animi dei cartaginesi, che interrompono le trattative di pace avviate precedentemente con Scipione.
Entrambi gli schieramenti riorganizzano le proprie forze in vista dello scontro decisivo che si svolge il 19 ottobre del 202 a.C. nei pressi della città di Zama, a circa 120 Km a sud di Cartagine. L’esercito di Scipione ha come punto di forza la potente cavalleria numida, mentre in quello di Annibale prevalgono le forze mercenarie di fanteria alle quali si aggiunge un consistente numero di elefanti.
Scipione rigetta il tradizionale schema romano dello schieramento in profondità per un attacco frontale, disponendo i propri uomini non più a scacchiera, ma con ampi spazi tra i reparti in modo da consentire agli elefanti di Annibale di poter oltrepassare le linee. Inoltre decide di mantenere una maggiore distanza tra la prima linea e le altre. Annibale, invece, schiera in prima linea gli elefanti e il grosso delle truppe mercenarie, mentre lui rimane in posizione leggermente arretrata insieme ai propri veterani.
Battuti gli scudi con le spade e lanciate le urla da combattimento i legionari muovono all’attacco. Le prime fasi della battaglia di Zama sono incerte ed impetuose: dopo l’avanzata degli elefanti, che viene intelligentemente gestita dai romani, si svolge lo scontro tra le fanterie e le cavallerie che sorride all’esercito di Scipione.
L’utilizzo della cavalleria di Massinissa risulta essere determinante per gli esiti della battaglia: dopo aver sbaragliato facilmente quella esile dei cartaginesi, la cavalleria riesce a chiudere in una morsa anche i veterani di Annibale. Per i cartaginesi non c’è nulla da fare e la vittoria spetta a Scipione da quel momento soprannominato “l’Africano”.
La pace di Scipione
Il trattato di pace che segue la battaglia di Zama viene siglato nel 201 ed è durissimo per Cartagine; in quanto vincitore della seconda guerra punica Publio Cornelio Scipione può imporre tutte le proprie condizioni al nemico sconfitto.
“I Cartaginesi dovevano ripagare ai romani tutti i torti subiti durante la tregua, restituire i prigionieri e gli schiavi fuggitivi di ogni tempo, consegnare tutte le navi lunghe, tranne dieci triremi e così anche tutti gli elefanti. Non dovevano assolutamente muovere guerra contro nessuno senza l’approvazione dei romani. Dovevano restituire a Messanissa tutte le case, il territorio, le città e quant’altro fosse suo o dei suoi antenati all’interno dei confini che sarebbero stati loro assegnati; dovevano pagare 10 mila talenti d’argento in 50 anni e dare in garanzia 100 ostaggi che il generale romano avrebbe scelto tra i giovani, non al di sotto dei 14 anni né al di sopra dei 30.” (Polibio, Storie, XV, 18)
L’infrazione da parte di Cartagine di due di queste clausole, quella relativa alla restituzione dei territori a Massinissa e quella che riguarda il divieto di dichiarare guerra a un nemico senza il consenso di Roma, avrebbe provocato successivamente lo scoppio della Terza guerra punica.