CONTENUTO
Il sultano ottomano Selim II
Il sultano Selim II, figlio di Solimano I il Magnifico, è spinto dai suoi consiglieri e dai militari a fare conquiste per dimostrare che l’impero non si è infiacchito, dopo il periodo di conquiste di Solimano. Il gran visir Mehmet Pascià e Selim puntano Cipro, possedimento veneziano. Venezia paga un tributo annuo di 8000 ducati al sultano per tenere l’isola. Dunque la teoria è che in realtà Cipro appartiene al sultano, quindi possono richiederla indietro.
Il 13 gennaio 1570 il bailo di Costantinopoli, Marcantonio Barbaro, informa la Serenissima di essere venuto a sapere delle bellicose intenzioni del sultano. Il 28 marzo giunge a Venezia, accompagnato dal segretario veneziano Alvise Buonrizzo, Kubad, l’ambasciatore di Selim, recando la richiesta di consegna dell’isola, con il pretesto della sua passata appartenenza all’Islam oltre a quello, molto più concreto, che sull’isola vanno sovente a rifugiarsi corsari cristiani che i veneziani non possono o non vogliono catturare e consegnare (come da accordi) alla giustizia ottomana. La proposta viene seccamente rigettata dal governo veneziano che si decide per la guerra.
La spedizione veneziana
Girolamo Zane, nominato Capitano Generale da Mar già nel 1566, riceve il comando della flotta. Richieste di aiuto dal doge Alvise I Mocenigo vengono inviate in tutta Europa. La flotta veneziana, forte di 50 galee si muove quindi su Zara il 3 aprile per attendere il resto delle galee armate a Venezia ed a Candia. Durante la lunga sosta a Zara scoppia una terribile epidemia di tifo petecchiale che decima le ciurme. Il 30 maggio viene ordinato allo Zane di puntare su Corfù dove deve congiungersi con la flotta del genovese Gianandrea Doria. Il Capitano Generale da Mar deve però attendere che tutte le galee siano a disposizione e giunge a Corfù solo il 29 giugno, dove non v’è traccia del Doria.
Il 23 luglio la flotta veneziana si dirige verso oriente e, dopo aver fatto scalo a Cefalonia, Zante e Modone, giunge il 4 agosto a Candia. Gli ordini impartiti allo Zane impongono di dirigersi subito verso Cipro, ma il capitano generale decide di aspettare di aver reintegrato tutti i rematori e la ciurma deceduti durante l’epidemia. Nel frattempo, il 6 agosto, Marcantonio Colonna giunge ad Otranto con le 12 galee papali ed attende l’arrivo di Gianandrea Doria da Messina per salpare verso occidente.
Quest’ultimo però, non completamente convinto della bontà di tutta l’operazione, ritarda deliberatamente il ricongiungimento con il Colonna, che avviene solo il 21 agosto. Il giorno seguente la flotta si dirige verso Creta ove giunge il 31 agosto. Nonostante i tentativi del Doria di mandare tutto a monte, accusando la flotta veneziana di essere in cattive condizioni, i cristiani salpano dal porto di Sitia nella notte fra il 17 ed il 18 settembre. Nei pressi di Castelrosso è inviato Alvise Bembo in avanscoperta, il quale ritorna con la notizia che i turchi hanno espugnato Nicosia.
Questa notizia mina ulteriormente i fragili equilibri dell’alleanza e nel consiglio di guerra del 22 settembre i veneziani non sono in grado di imporre la prosecuzione della spedizione contro i turchi. La flotta si ritira la sera stessa verso Creta e di lì verso l’Italia. In dicembre il governo veneziano accetta le dimissioni dello Zane che viene sostituito il 13 dicembre da Sebastiano Venier. Nella primavera del 1571 la flotta veneziana si concentra Corfù per sbarrare l’ingresso dell’Adriatico.
La guerra di Cipro del 1570
Il 1° luglio 1570 i Turchi, al comando di Lala Kara Mustafa Pascià, sbarcano in un’incursione a Limisso, seguita, il 3 luglio, dallo sbarco di una prima porzione dell’armata alle Saline, che non è contrastata dai veneziani per l’eccessiva prudenza del luogotenente Niccolò Dandolo, il quale preferisce aspettare i turchi a Nicosia piuttosto che affrontarli in campo aperto.
La popolazione cipriota veniva concentrata nella difesa di Nicosia e Famagosta, mentre i borghi e le campagne circostanti hanno ordine di trasportare tutti i viveri nelle fortezze e di distruggere gli abitati non protetti per non lasciare ai turchi nulla di cui servirsi. L’ordine non viene eseguito quasi da nessuna parte, poiché la popolazione cipriota è molto ostile ai veneziani. Per punire la cittadina di Lescara, che si è prontamente sottomessa ai turchi, i veneziani inviano un contingente da Nicosia che, nottetempo, distrugge il paese dandolo alle fiamme.
Il 15 agosto la guarnigione di Nicosia attacca i turchi in una sortita, non riuscendo a rompere l’accerchiamento della capitale. Nella notte i Turchi irrompono in città e il 16 agosto Nicosia cade e numerose migliaia di abitanti sono portati via come schiavi.
Assedio di Famagosta
Il 22 agosto 1570 inizia l’assedio di Famagosta. La città riesce a resistere per un anno intero. Il 1° agosto 1571, però, Famagosta, ormai indifendibile, si arrende. Si raggiunge rapidamente un accordo con Lala Mustafà. I turchi avrebbero messo a disposizione delle imbarcazioni per evacuare i veneziani a Candia, mentre la popolazione civile non sarebbe stata molestata. Qualche giorno dopo però, alla consegna della città ai nuovi possessori, ci sono scontri verbali tra Marcantonio Bragadin, comandante della fortezza, e il comandante turco, che irrimediabilmente portano alla rottura dell’accordo.
Sembra che Lala Mustafà si sia inizialmente adirato con Bragadin e i suoi capitani dopo aver scoperto dell’uccisione, durante la tregua, di decine di soldati turchi prigionieri dei veneziani, vicenda testimoniata da alcuni superstiti fuggiaschi che hanno raccontato l’accaduto. Bragadin si oppone, inoltre, alla decisione del Pascià di trattenere a Famagosta in ostaggio uno dei capitani veneziani come garanzia del ritorno delle imbarcazioni turche al porto. La richiesta è ragionevole, ma viziata dall’errore di non essere stata inserita direttamente nel capitolato del 1° agosto.
L’ostinazione di Bragadin scatena la rabbia di Mustafà, che ha una reazione di eccessiva violenza, tanto da guadagnarsi la disapprovazione e il rimprovero da parte dello stesso sultano. Infatti Mustafà fa imprigionare i veneziani sulle galere turche, fa decapitare i capitani al seguito di Bragadin e infine quest’ultimo, dopo una serie di torture, è scuoiato vivo il 17 agosto.
La Lega Santa: Pio V, Spagna e Venezia contro gli ottomani
Il papa Pio V, eletto nel 1566, promuove la costituzione di una coalizione militare dopo il saccheggio di Nicosia e l’attacco turco alla città di Famagosta. Il pontefice riesce a mettere d’accordo la Repubblica di Venezia e la Spagna di Filippo II, due potenze che sono rivali, per fare la guerra all’impero ottomano. Nasce così la Lega Santa. Successivamente si aggiungono i Cavalieri di Malta, la Repubblica di Genova, il Granducato di Toscana, il Ducato d’Urbino, il Ducato di Parma, la Repubblica di Lucca, il Ducato di Ferrara, il Ducato di Mantova ed il Ducato di Savoia.
L’alleanza cristiana viene ratificata a Roma il 25 maggio 1571, alla presenza del papa. In rappresentanza di Filippo II sono presenti il cardinale Antoine Perrenot de Granvelle, don Francesco Pacheco e l’ambasciatore Luis de Zúñiga y Requesens, mentre per la Serenissima presenziano l’ambasciatore Michele Soriano ed il procuratore Giovanni Soranzo.
Lo stendardo, un drappo di damasco rosso su cui è dipinto il Crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo, benedetto dal papa, viene consegnato a Marcantonio Colonna in San Pietro l’11 giugno 1570. A seguito di lunghe trattative con Filippo II sulla composizione della Lega e sull’assegnazione del comando, si decide, per appianare i dissidi, di affidare il comando a Don Giovanni d’Austria, fratellastro di Filippo II rimanendo il Colonna suo Luogotenente Generale anche per volontà dei veneziani.
Dopo mesi di difficoltose trattative e una lunga e laboriosa costituzione della flotta, il Viceré di Napoli, cardinale di Granvelle, il 14 agosto 1571 consegna solennemente a Don Giovanni d’Austria nella basilica di Santa Chiara a Napoli un altro stendardo benedetto dal papa, un telo di seta cremisina con l’immagine del Crocifisso. Come base di ricongiungimento dell’armata cristiana si sceglie Messina.
Il 24 agosto 1571 la flotta arriva a Messina. Le forze risultano così composte: 12 galere del papa armate dal granduca di Toscana di cui 5 equipaggiate dai Cavalieri di Santo Stefano, 10 galere di Sicilia, 30 galere di Napoli, 14 galere di Spagna, 3 galere di Savoia, 4 galere di Malta, 27 galere di Genova (di cui 11 appartenenti a Gianandrea Doria), 109 galere (di cui 60 giunte da Candia) e 6 galeazze di Venezia, oltre ai trasporti e al naviglio minore.
La flotta turca nell’Adriatico
Nella primavera del 1571 la flotta turca, comandata da Alì Kapudan Pascià, sbarca a Creta (possedimento veneziano) non per occuparla ma solo per fare una scorreria. Proseguono attaccando le isole Ionie (Zante, Cefalonia). La notizia arriva a Corfù dove si trova la flotta veneziana in difesa dell’Adriatico. Venier ha una flotta troppo debole per affrontare quella nemica.
Decide, quindi, di abbandonare Corfù: o rifugiarsi a Brindisi rischiando di essere inseguiti dai turchi o andare a Messina, porto del re di Spagna, rinunciando alla difesa dell’Adriatico per mettere al sicuro la flotta. Venier decide di andare a Messina per aspettare la flotta di Don Giovanni d’Austria.
Alì Kapudan Pascià si addentra nell’Adriatico e assedia le città della costa albanese e balcanica giungendo a minacciare Zara e persino Venezia, dove si diffonde il panico perché i corsari algerini arrivano davanti a Chioggia. Il 16 settembre la Lega Santa salpa da Messina e si reca a Corfù nella speranza di riprendere Cipro e salvare Famagosta. La notizia della disfatta non è ancora arrivata. Alì Kapudan, informato dell’arrivo della flotta cristiana, si ritira dall’Adriatico per non restare imbottigliato e si mette al sicuro a Lepanto nel golfo di Corinto.
Il 4 ottobre, giunti nel porto di Cefalonia, i cristiani sono informati della caduta di Famagosta e dell’orribile fine inflitta a Marcantonio Bragadin. Decidono, quindi, di andare a Lepanto. Il sultano ordina di uscire in mare ad affrontare il nemico, nonostante la flotta sia a corto di soldati e rematori. All’alba del 7 ottobre le due flotte si scontrano.
Battaglia di Lepanto del 1571: lo scontro navale
L’ala sinistra dei cristiani è composta da 64 galee venete al comando di Agostino Barbarigo. Sull’ala destra vi sono le 54 galee genovesi comandate da Gianandrea Doria. La posizione centrale è occupata da altre 64 galee ai comandi di Don Giovanni D’Austria per gli spagnoli, Sebastiano Venier per i veneziani e Marcantonio Colonna per i pontifici. In testa ad ogni settore, le galeazze veneziane hanno il compito di aprire lo scontro e di “disordinare” le linee avversarie con le loro artiglierie. La retroguardia cristiana, posizionata dietro il blocco centrale, è composta da 30 galee agli ordini del marchese di Santa Cruz.
La disposizione Turca è speculare a quella cristiana. A destra si pone il governatore di Alessandria Mehemet Shoraq (detto “Scirocco”) con 52 galee e 2 galeotte; a sinistra il Pascià di Algeri Uluc Alì (rinnegato nato in Calabria) con 61 galee e 32 galeotte; al centro Alì Kapudan Pascià con 87 galee e 2 galeotte. Le retrovie turche sono formate da 8 galee.
Kapudan Pascià muore nella battaglia, solo Uluc Alì riesce a mettersi in salvo con tutta le sue navi corsare algerine. Uluc Alì infatti riesce ad aggirare lo squadrone di Doria con un’abile manovra, danneggiando seriamente i cavalieri di Malta. Ad evitare il disastro è l’intervento delle retrovie, guidate dal marchese di Santa Cruz. Uluc Alì è l’unico dei tre comandanti ottomani ad uscirne vivo, riuscendo a mettere in salvo più di 30 galere.
Il bilancio finale dello scontro di Lepanto è nettamente a favore dei remi cristiani. Le perdite turche ammontano a 25.000 morti, 30 galere affondate e 100 catturate. Sul fronte opposto, i cristiani, perdono 7.500 uomini e 15 navi. Le cifre dimostrano quanto netta sia non solo la vittoria occidentale, ma anche il divario tecnologico tra le due parti in conflitto. Se infatti da una parte, quella turca, vengono ancora utilizzati gli archi e le protezioni per i membri armati dell’equipaggio sono piuttosto leggere, sul fronte cristiano la metallurgia protegge gli uomini con corazze ed elmi resistenti e li dota di armi da fuoco che hanno una efficacia sicuramente maggiore di quella turca.
Le conseguenze della battaglia di Lepanto
L’anno successivo il sultano costruisce una nuova flotta e Venezia decide di scendere a patti con l’impero ottomano perché la guerra sta diventando troppo onerosa. La Lega Santa si sfalda. I negoziati di pace durano oltre tre mesi e sono condotti dal Gran Visir Sokolli e dal bailo Marcantonio Barbaro.
Alla fine, il 7 marzo 1573, viene firmato a Costantinopoli il trattato di pace tra Venezia e l’Impero ottomano: Venezia rinuncia al possesso di Cipro ed alla fortezza di Sopotò e deve pagare un tributo tra i 1000 ed i 1500 ducati per il possesso di Zante oltre ad un indennizzo di guerra pari a 300.000 ducati. In realtà la battaglia di Lepanto non è stata decisiva per le sorti dell’Europa. Infatti non ha avuto alcuna conseguenza militare nel processo di contenimento dell’espansionismo ottomano verso l’occidente tanto che già nel periodo successivo l’impero riesce ad incrementare i propri domini.
Battaglia di Lepanto, riassunto
La battaglia di Lepanto, combattuta il 7 ottobre 1571, rappresenta uno degli scontri navali più importanti del XVI secolo. Da un lato c’è la flotta ottomana, dall’altro quella della Lega Santa, una coalizione cristiana formata da Papa Pio V, la Spagna e la Repubblica di Venezia. Il sultano Selim II, figlio di Solimano il Magnifico, decide di attaccare l’isola di Cipro, un possedimento veneziano, spinto dal desiderio di espandere i domini ottomani e dimostrare la potenza dell’impero. Dopo che Venezia rifiuta di cedere Cipro, la guerra ha inizio.
Nel 1570 gli ottomani sbarcano a Cipro e, dopo una dura campagna militare, conquistano Nicosia e, l’anno successivo, Famagosta. La brutalità delle vittorie ottomane, soprattutto il tragico epilogo dell’assedio di Famagosta, dove il comandante veneziano Marcantonio Bragadin viene torturato e ucciso, spinge le potenze cristiane ad agire. Papa Pio V riesce a creare la Lega Santa.
Sotto il comando di Don Giovanni d’Austria, la flotta cristiana si raduna a Messina e, nel settembre 1571, parte per affrontare gli ottomani. Il 7 ottobre le due flotte si scontrano a Lepanto, nel golfo di Corinto. La battaglia è feroce: le navi cristiane sono disposte in tre blocchi, e gli ottomani, guidati da Alì Kapudan Pascià, rispondono con una formazione simile. Alla fine, la Lega Santa ottiene una vittoria schiacciante: Alì Pascià viene ucciso e gran parte della flotta ottomana è distrutta.
Le perdite per gli ottomani sono devastanti, con 25.000 morti e numerose navi affondate o catturate. I cristiani, invece, perdono circa 7.500 uomini. Nonostante questa vittoria, Lepanto non cambia drasticamente gli equilibri di potere nel Mediterraneo. L’anno seguente, l’Impero Ottomano ricostruisce la sua flotta, e Venezia, esausta dalla guerra, firma un trattato di pace nel 1573, rinunciando a Cipro.
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- Lepanto. La battaglia dei tre imperi di Alessandro Barbero.
- Lepanto 1571. La Lega santa contro l’Impero ottomano di Niccolò Capponi.
- Lepanto 1571. La più grande battaglia navale del Rinascimento di Angus Konstam.
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