CONTENUTO
di Ludovico Fiorucci, Laurea triennale in “Scienze politiche, storia e politica internazionale” presso l’Università degli studi di Padova.
La battaglia di El-Alamein rappresenta un punto di svolta cruciale nell’evoluzione della seconda guerra mondiale lungo il fronte africano. La sconfitta delle forze dell’Asse determina il fallimento delle ambizioni italo-tedesche verso il Medio Oriente, aprendo alla ritirata dal continente africano delle truppe dell’Asse e agli sbarchi in Sicilia e Provenza degli Alleati rispettivamente nel 1943 e 1944.
Il grande piano militare dell’Asse
Solitamente affrontate per ragioni contenutistiche in capitoli di storia differenti, la campagna di Russia e quella africana devono essere lette in maniera complementare. In effetti la strategia dell’Asse è quella di convergere in una manovra a tenaglia: da sud passando per Alessandria ed Il Cairo occupando il canale di Suez e da nord attraverso il Caucaso in modo tale da creare una linea diretta di rifornimento di petrolio nel Medio Oriente per la continuazione su altri fronti della guerra.
Inoltre, come precedentemente Napoleone aveva tentato con scarsi risultati, l’occupazione dell’Egitto avrebbe eliminato le vie di comunicazione tra la Gran Bretagna e le sue colonie orientali favorendo in tal modo l’avanzata nipponica lungo tutto l’Oceano indiano. La conquista di Alessandria e di Stalingrado (oggi Volgograd) rappresentano due elementi essenziali per la riuscita del piano italo-tedesco. Non a caso la battaglia di Stalingrado e quella di El-Alamein (località situata a 100 Km circa da Alessandria) oltre ad essere due dei conflitti ad aver di più costato in termini di vite umane, determinano in modo sostanziale l’evolversi del conflitto negli anni successivi. L’Asse che fino a quel punto ha condotto una guerra offensiva si ritrova, dal 1942 in poi dopo le sconfitte di El-Alamein e Stalingrado, a difendere le posizioni conquistate e a ritirarsi.
Le menti della battaglia di El Alamein: Erwin Rommel e Bernard Montgomery
Come per tutte le guerre nella storia, il nome delle più grandi battaglie è affiancato ai generali che ne hanno determinato gli esiti. Lo è stato per Waterloo, Napoleone e Wellington, e allo stesso modo lo è per El-Alamein che vede fronteggiarsi il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel e l’inglese Bernard Montgomery.
Erwin Rommel si distingue fin dall’inizio del conflitto durante l’invasione della Francia per le sue capacità strategiche e di comando nella 7ᵉ Panzer Division, tanto che finite le ostilità lungo il fronte occidentale, viene nominato a capo delle forze tedesche in Libia. I successivi successi ottenuti lungo il fronte africano danno una alea di misticismo a quelle truppe tedesche che diventano conosciute a tutti come le Afrika Korps.
Lo stesso Rommel viene sempre più stimato non solo ai vertici del Terzo Reich tedesco ma anche nel campo avversario, dove ne ammirano la lealtà e le sue capacità militari, creando un vero e proprio mito attorno alla “Volpe del Deserto”, appellativo che assume dopo le sue vittorie, simbiosi di astuzia e forza. La sua figura diviene celebre soprattutto dopo la sua morte (suicida nel 1944) e dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Infatti, a differenza di molti altri generali, la sua partecipazione all’attentato a Hitler nel luglio 1944 (motivo del suo suicidio) riabilitò nel dopoguerra la sua figura. Mostrando quanto, la sua lealtà fosse più rivolta verso la Germania che non nel partito.
Il generale a capo dell’offensiva britannica Bernard Montgomery rappresenta il tipico ufficiale inglese formatosi nell’ambiente coloniale in Medio Oriente ed in Nord Africa. Dopo essersi distinto durante la Prima guerra mondiale viene nominato nel primo dopoguerra come ufficiale in Transgiordania ed in Egitto. Ma la sua ascesa è fortemente legata alla Seconda guerra mondiale. Nominato a capo del corpo britannico in Nord Africa nel 1942 a lui è affidato l’incarico di rigettare a mare Rommel con il suo esercito.
Vinte le forze dell’Asse ad El-Alamein, Montgomery partecipa al conflitto mondiale vivendone per la quasi totalità tutti gli scenari del conflitto. Partecipa prima di El-Alamein alla ritirata di Dunkerque, successivamente dirige l’offensiva alleata in Italia, prende parte attiva nel giugno del 1944 all’operazione Overlord e guida l’offensiva alleata lungo il Reno fino alla fine delle ostilità.
La guerra nel deserto: l’importanza delle vie di rifornimento
Tra il 23 ottobre e il 5 novembre 1942 tra le valli rocciose e le dune mobili a 100 Km a ovest del Nilo viene combattuta una delle battaglie determinanti per lo sviluppo della Seconda guerra mondiale, spostando l’intraprendenza e il dinamismo nella condotta delle azioni belliche dall’Asse agli Alleati. Dall’inizio del conflitto, il fronte africano è il fronte più mobile dell’intera guerra. Un’avanzata troppo sostenuta di uno schieramento segue una ritirata di pari portata.
Per comprendere meglio lo scenario all’interno del quale si svolge il conflitto bisogna considerare prima di tutte le vie di rifornimento e di approvvigionamento dei due belligeranti, sia in termini militari (munizione, carburate, cannoni…) che in termini di risorse essenziali per scontri nel deserto, come l’acqua. Vie di rifornimento troppo allungante condizionano l’efficacia offensiva da ambo le parti; nonostante Malta, base delle incursioni aeree della RAF nel Mediterraneo contro le vie logistiche dell’Asse, sia stata resa inoffensiva.
Le vie di rifornimento italo-tedesche (che attraverso l’Italia giungono in Libia) rimangono precarie per tutta la durata del conflitto, condizionate dalla superiorità navale britannica nel Mediterraneo. Per quanto riguarda gli Alleati un eccessivo avanzamento verso ovest nel deserto libico avrebbe pericolosamente allungato la via di approvvigionamento con base ad Alessandria, condizionando la condotta dell’offensiva.
Il preludio alla decisiva battaglia di El-Alamein è una faticosa avanzata delle forze dell’Asse lungo il deserto libico. Nonostante le minori forze dispiegate, l’esercito italo-tedesco riesce a conquistare Tobruk facendo prigionieri circa 30 000 soldati britannici e aprendosi una parziale strada verso Alessandria. L’allungamento delle linee di rifornimento, costringono Rommel a limitare una eccessiva propensione offensiva per sostenere i reparti logistici intenti a consolidare le vie di comunicazione con Berlino e Roma.
Alle precarie vie di rifornimento dell’asse bisogna aggiungere la differenza delle forze militari impiegate. La disparità delle forze determina in parte il successo alleato. Contro i 120 000 soldati italo-tedeschi, gli Alleati dispiegano circa 250 000 soldati (tra cui sudditi britannici, francesi, greci e statunitensi), 1500 i carri pesanti al servizio di Montgomery contro i 500 a disposizione di Rommel. Un rapporto di artiglieria a favore degli alleati in un rapporto pari di 3 a 1. Per quanto riguarda le forze aeree la RAF dispone di 1500 velivoli contro gli appena 350 della Luftwaffe e della Regia Aereonautica italiana.
Operazione Lightfoot nella prima battaglia di El Alamein
L’eccessiva avanzata in avanti di Rommel spinge le forze italo-tedesche a trincerarsi in attesa di rinsaldare le linee di comunicazione e di approvvigionamento. L’attendismo dell’Asse spinge all’azione gli Alleati che sfruttano anche la debolezza e la mancanza di rifornimento dei reparti avversari.
Alla prima offensiva britannica si dà il nome di Lightfoot. Il piano è concepito per dividere le linee difensive dell’Asse. Attraverso una manovra a tenaglia, accerchiando lo schieramento avversario, Montgomery pensa di avere la meglio su Rommel. Una prima offensiva alleata a nord dello schieramento avrebbe dovuto costringere Rommel a spostare parte delle sue riserve e dei soldati presenti a sud lungo il fronte settentrionale.
A questo punto una massiccia offensiva a sud degli alleati avrebbe rotto le linee dell’Asse per convergere con un attacco da sud verso nord lungo il Mediterraneo, costringendo le forze italo-tedesche a combattere con il mare alle spalle, preludio alla capitolazione finale di Rommel. Se il piano ideato dagli alleati avesse funzionato gli scontri sarebbero durati solo pochi giorni; invece l’offensiva, complice una resistenza più dura del previsto e un fronte lungo quasi 200 Km tra fortificazioni e campi minati, fu più lunga.
L’operazione Lightfoot viene lanciata alle 20:40 (ore italiana) del 23 ottobre, nel momento in cui Rommel (diventato nel frattempo un vero incubo per le forze alleate) non è presente lungo il fronte ma si trova in Europa. Nonostante l’assenza del comandante in capo le forze italo-tedesche rispondono in modo efficace all’offensiva alleata. A sud a causa di una tenace difesa della divisione Folgore gli alleati non riescono a sfondare, mentre a nord una massiccia offensiva britannica avanza limitatamente lungo il Mediterraneo.
Dopo tre giorni di un’offensiva alleata pressoché inconcludente, si contano 6200 perdite negli Alleati e 2500 nell’Asse. Rommel dispone di circa 350 mezzi blindati contro i circa 900 di Montgomery. Nello stesso momento la Royal Navy mina le linee di rifornimento lungo il Mediterraneo dell’Asse, lasciando Rommel in totale isolamento logistico dalla madrepatria. La prima fase della battaglia termina in modo inconcludente per Montgomery, il quale nel frattempo è accusato da Londra di essere troppo attendista e prudente, non sapendo sfruttare l’opportunità creatasi.
Operazione Supercharge: la seconda battaglia di El Alamein
Il 1° novembre, nonostante la disparità del rapporto di forze, le linee difensive dell’Asse non sono state rotte ma hanno sostenuto tutti gli attacchi alleati. Montgomery deciso a portare a termine l’offensiva decide di lanciare una nuova operazione (operazione Supercharge), sfruttando la forza d’urto data dal favorevole rapporto di forza. Abbandonando l’idea di accerchiamento dell’avversario, Montgomery opta per un massiccio attacco al centro del fronte avversario, lungo il punto di congiunzione delle forze italiane e quelle tedesche, sperando di dividere il fronte avversario in due.
Contrariamente alla prima operazione, sembra aprirsi questa volta tra le linee avversarie un punto di rottura. Dopo le prime azioni dei reparti corazzati britannici, le linee dell’Asse cominciano a vacillare dimostrandosi incapaci di reggere un attacco pesante in un singolo punto dello schieramento. Rommel chiede subito rinforzi da Berlino da dove però arriva una risposta negativa. L’offensiva che in quel momento si sta conducendo a Stalingrado condiziona le scelte militari tedesche, impedendo lo spostamento di contingenti tedeschi lungo il fronte africano.
Mentre le estremità dello schieramento italo-tedesco reggono l’urto alleato, il fronte comincia a cedere al centro. Molti comandanti muoiono nel tentativo di difesa delle linee e a nulla serve lo spostamento di reparti corazzati italiani al centro dello schieramento. Rommel capisce che la situazione è critica e avverte subito lo stato maggiore a Berlino da dove, avvertendo dell’imminente disfatta, all’autorizzazione di una ritirata riceve le seguenti direttive: «Alle vostre truppe non potete indicare altra via se non quella che conduce alla vittoria o alla morte».
Contro gli ordini di Berlino, Rommel decide di cominciare a organizzare la ritirata, salvando il salvabile! Proprio in queste operazioni le divisioni corazzate italiane Littorio, Trieste e Ariete entrarono a far parte del mito di El-Alamein, nonostante tali divisioni siano decimate e con scarse risorse per condurre le ostilità in seguito agli scontri precedenti. A loro viene dato l’ordine di coprire la ritirata cercando di tamponare l’offensiva alleata. Il sacrificio di tali divisioni corazzate insieme alle 15ᵉ Panzer consente di guadagnare qualche ora ai propri commilitoni per completare la ritirata. In virtù di tale sacrificio e per il loro eroismo assumono un valore mitico.
La Brigata Folgore a El Alamein
Nel mito che circonda la battaglia di El-Alamein vi rientra anche la divisione di fanteria Folgore. Stanziata a sud del fronte, gli uomini della Folgore in una tenace difesa resistono colpo su colpo alle incursioni e alle offensive alleate. Resta indiscusso il suo valore messo a dura prova da ben tre divisioni britanniche, una corazzata e due di fanteria. Dall’inizio delle ostilità fino al 28 ottobre, in 5 giorni di scontro la brigata perse 39 ufficiali e 560 sottufficiali. Dall’altro lato dello schieramento gli inglesi lasciarono sul campo più di 70 carri distrutti, 600 caduti, 197 prigionieri di cui 23 ufficiali.
Quando ormai le brigate Bologna e Trento vengono travolte il 4 novembre, lasciano la Folgore completamente scoperta sui fianchi, accerchiata, costringendola alla resa. Dei 5000 uomini a disposizione all’inizio delle ostilità solo 300 sono i sopravvissuti di El-Alamein. L’immenso coraggio e tenacia della Folgore non rimasero inosservati. Lo stesso Rommel ammirando il valore della Folgore pronunciò la famosa frase:
«Il soldato tedesco ha stupito il mondo. Il Bersagliere italiano ha stupito il soldato tedesco».
Tale prova di valore suscita anche il rispetto e l’ammirazione da parte degli stessi britannici, i quali mostrarono l’onore delle armi agli sconfitti italiani. Un ufficiale inglese, preso prigioniero nei combattimenti del 27 ottobre, presentandosi al comandante del 187ᵉ Folgore disse:
«Credevamo di doverci battere contro degli uomini, per quanto famosi, e ci siamo urtati a dei macigni. Ogni vostro soldato, Signore, è un eroe».
Questa è solo una delle molte note positive espresse a riguardo della Folgore da uomini inglesi. Molti attribuiscono allo stesso Winston Churchill, sebbene non sia mai stato provato, un suo discorso alla Camera dei comuni dove elogia i bersaglieri italiani della Folgore.
Il valore della brigata Folgore durante le ostilità venne riconosciuto da tutti i belligeranti quale simbolo di tenacia, lealtà e coraggio. L’epitaffio che oggi campeggia all’entrata del sacrario militare ad El-Alamein dove riposano i soldati della Folgore, rappresenta appieno lo spirito di quei soldati chiamati a combattere nel deserto egiziano: “Mancò la fortuna, non il valore”.
I 5 libri consigliati da Fatti per la Storia
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- Micheal Carver – La battaglia di El Alamein, Milano, 2017.
- Francesco Fagnani, El Alamein sabbia d’intorno roccia nel cuore. Dalle memorie di Santo Pelliccia, Divisione Folgore, Menabò, Milano, 2019.
- Alfio Caruso, L’onore d’Italia. El Alamein: così Mussolini mandò al massacro la meglio gioventù, TEA, Roma, 2014.
- Desmond Young, Rommel. La volpe del deserto, Res Gestae, Milano, 2019.
- Montgomery, Da El-Alamein al Sangro, LEG Edizioni, Roma, 2020.