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Verso la prima guerra punica
Nel 288 a.C. i mamertini, un gruppo di mercenari italici della Campania originariamente al servizio di Agatocle, tiranno di Siracusa, rimasti senza un signore alla morte di quest’ultimo avvenuta l’anno prima, occuparono la città di Messana (la moderna Messina) uccidendo tutti gli uomini e prendendone le donne. Essi saccheggiavano il territorio circostante Messana e si scontrarono con la città indipendente di Siracusa. Gerone II di Siracusa divenuto tiranno di Siracusa dal 270 a.C. nello stesso anno si scontrò con i mamertini vicino Mylae, l’odierna Milazzo, sconfiggendoli.
Alla sconfitta seguì la presa di Milazzo. I mamertini dopo il rovescio subito si rivolsero a Roma e Cartagine per ottenere assistenza militare. La prima a rispondere alla richiesta fu Cartagine che contattò il rivale Gerone per ottenere la cessazione di ulteriori azioni e nello stesso tempo convinse i mamertini ad accettare una guarnigione cartaginese a Messana. I mamertini chiesero aiuto a Roma per cacciare i cartaginesi.
La presenza dei Cartaginesi in un punto così strategico preoccupava i romani. Così, quando i mamertini entrarono in conflitto con il presidio cartaginese, e chiesero aiuto ai romani, essi attraversarono lo stretto di Messina nel 264 a.C. dando inizio alle guerre puniche.
La guerra navale
La guerra terrestre, un tipo di guerra che Roma conosceva bene, giocò un ruolo secondario nella prima guerra punica. All’inizio della prima guerra punica, Roma non aveva nessuna esperienza di guerra navale. Le sue legioni erano vittoriose da secoli nelle terre italiche ma non aveva una flotta militare. Nondimeno il Senato comprese immediatamente l’importanza del controllo del Mediterraneo centrale nel prosieguo del conflitto.
I romani compresero che Cartagine doveva esser vinta sul mare, poiché i cartaginesi padroni del mare potevano inviare rinforzi dall’Africa. Quindi seppero trasformarsi di colpo in potenza navale. La prima grande flotta fu costruita dopo la vittoria nella battaglia di Agrigento del 261 a.C. che mise in evidenza l’importanza del controllo delle linee di comunicazione nemiche.
La flotta romana
Roma mancava della tecnologia navale e quindi dovette costruire una flotta basandosi sulle triremi e quinqueremi cartaginesi catturate. Per compensare la mancanza di esperienza in battaglie fra navi, Roma sviluppò una tecnica di combattimento che permetteva di sfruttare la conoscenza delle tattiche di combattimento terrestri in cui era maestra. Le navi romane furono equipaggiate con uno speciale congegno d’abbordaggio: il corvo. Questo congegno agganciava le navi nemiche e permetteva alla fanteria di combattere quasi come sulla terraferma.
L’efficienza di quest’arma fu provata per la prima volta nella battaglia di Milazzo (260 a.C.), la prima vittoria navale romana. L’aggiunta del corvo diede Roma un vantaggio anche in campo navale. In seguito, con la crescita dell’esperienza romana nella guerra navale, il corvo fu abbandonato a causa del suo impatto sulla navigabilità dei vascelli da guerra.
Nonostante le vittorie romane sul mare, in almeno tre occasioni (255 a.C., 253 a.C. e 249 a.C.) intere flotte furono distrutte dal maltempo. Il peso dei corvi sulle prue delle navi, diminuendone la manovrabilità, contribuì ai disastri. Tuttavia maggior peso ebbe la circostanza che Roma non ritenne necessario specializzare una parte delle sue forze armate alla guerra sul mare.
La guerra in Africa prima della battaglia delle isole Egadi
Fra il 256 a.C. e il 255 a.C. Roma tentò di portare la guerra in Africa invadendo le colonie cartaginesi. Fu costruita una grande flotta sia per il trasporto delle truppe e dei rifornimenti sia per la protezione dei convogli. Cartagine cercò di fermare questa operazione ma venne sconfitta nella Battaglia di Capo Ecnomo. Le legioni di Marco Attilio Regolo sbarcarono in Africa senza grosse difficoltà e iniziarono a saccheggiare il territorio per costringere l’esercito cartaginese ad entrare in azione.
Questa campagna ebbe risultati contrastanti. All’inizio Regolo vinse l’esercito cartaginese nella battaglia di Adys forzando Cartagine a chiedere la pace. Furono però presentate condizioni tanto pesanti che i negoziati fallirono e Cartagine, assunto il mercenario spartano Santippo per riorganizzare le proprie forze, riuscì a fermare l’avanzata romana.
Santippo sconfisse Regolo nella battaglia di Tunisi e lo catturò. L’invasione romana dell’Africa ebbe fine con la vittoria cartaginese. Verso la fine della guerra, nel 249 a.C. Cartagine inviò in Sicilia il generale Amilcare (il padre di Annibale). Amilcare riuscì a porre sotto il suo controllo la maggior parte dell’interno dell’isola.
Il centro della guerra fu allora riportato in Sicilia. La superiorità navale fu nuovamente perduta dai romani anche per la straordinaria serie di naufragi che li colpì, sì che i cartaginesi poterono resistere ancora 14 anni nella parte occidentale della Sicilia.
La battaglia delle isole Egadi
Verso la fine della guerra Cartagine comandava sul mare in quanto il Senato romano non disponeva di risorse sufficienti a finanziare la costruzione di un’altra flotta, che tuttavia venne comunque armata attingendo a donazioni volontarie di cittadini facoltosi. D’altra parte la guerra doveva chiaramente essere decisa sul mare. E sul mare avvenne lo scontro decisivo.
La battaglia delle Isole Egadi (10 marzo 241 a.C.) decise la prima guerra punica vinta dalla flotta romana sotto la guida del console Gaio Lutazio Catulo. Cartagine, persa la maggior parte delle navi della flotta inviata in soccorso di Amilcare, assediato sull’estremità occidentale dell’isola, fu economicamente incapace di varare un’altra flotta o di trovare nuovi equipaggi.
Senza navi che gli consentissero i collegamenti con la madrepatria, Amilcare, in Sicilia, fu costretto ad arrendersi. Con la vittoria della battaglia delle isole Egadi, la Sicilia divenne la prima provincia romana governata da un pretore.