CONTENUTO
Abraham Lincoln: il primo presidente contro lo schiavismo
Abraham Lincoln entra alla Casa Bianca il 4 marzo 1861. È il sedicesimo Presidente degli United States e verrà ricordato soprattutto per la sua lotta allo schiavismo negli stati del Sud. Ciò porterà alla famosa guerra di secessione tra Nord e Sud iniziata dal porto di Charleston, unica zona sotto il controllo dei nordisti nonostante fosse in territorio sudista. La guerra durerà dal 1861 fino al 1865. Lincoln riesce a gestire la lotta armata con prudenza e grande abilità.
Durante il suo primo mandato, il Presidente emana il 1° gennaio del 1863 il proclama dell’emancipazione della popolazione negra, rendendo liberi tutti gli schiavi appartenenti agli undici stati della Confederazione. Gli Stati Confederati d’America o, appunto Confederazione, è un’entità politica nata tra il 1860 e il 1861 per staccarsi dall’Unione a causa dell’arrivo di Lincoln e la sua intenzione di abolire lo schiavismo. Moriranno poi con la fine della guerra di secessione nel 1865.
Le scelte politiche permettono a Lincoln di vincere le elezioni successive, iniziando così il suo secondo mandato nel 1864. Purtroppo, il rieletto Presidente non porta a termine il suo percorso politico. Il 14 aprile del 1864, in un teatro di Washington, Lincoln viene ucciso con colpi d’arma da fuoco dal fanatico sudista John Wilkes Booth.
La morte del Presidente genera tristezza, sgomento e terrore nei cuori degli americani fedeli al suo programma politico. Nonostante vari errori, come avviene in ogni governo, Abraham Lincoln verrà ricordato come uno dei migliori Presidenti degli Stati Uniti grazie alla sua pazienza, umiltà e dignità.
William McKinley: il presidente della prosperità
Vincitore delle elezioni del 1896 contro Bryan (esponente del partito populista), William McKinley entra ufficialmente alla Casa Bianca il 4 marzo del 1897. Nonostante la vittoria delle elezioni arrivata assai in ritardo, McKinley diventa un politico a tutti gli effetti già da qualche anno prima. In particolare, va ricordato il famoso McKinley Bill o Tariff Act approvato il 1° ottobre del 1890. Lo scopo dell’atto è quello di “proteggere” le industrie e i prodotti nazionali, danneggiando le importazioni estere, soprattutto quelle europee. Possiamo parlare di protezionismo: una politica economica volta ad aumentare le tariffe doganali per ridurre le importazioni.
La politica estera segna profondamente il mandato del venticinquesimo Presidente degli Stati Uniti. La guerra contro la Spagna permette all’America di conquistare Cuba nel 1898 e successivamente Porto Rico, le Filippine, Guam e infine le Isole Hawaii. McKinley non si ferma all’espansione territoriale. Mette in atto una saggia politica di accordi internazionali che lo portano ad essere considerato uno dei migliori Presidenti americani.
Dopo il successo del primo mandato, McKinley viene rieletto a furor di popolo nelle elezioni del 1900, dando il via alla cosiddetta Era Progressista. Il progressismo diventa così la caratteristica principale del secondo mandato di McKinley, rendendo il 1900 l’anno più prospero della presidenza repubblicana. Il 6 settembre del 1901, durante una visita nella città di Buffalo, il Presidente viene colpito con un’arma da fuoco dall’anarchico populista Luis Czolgosz. Il corpo di William McKinley si spegne definitivamente qualche giorno dopo, il 14 settembre. Ancora una volta, l’America è ferita nel profondo dei propri valori morali.
John Fitzgerald Kennedy: il più giovane presidente degli Stati Uniti d’America
Conosciuto in tutto il mondo come JFK e per il suo sorriso smagliante, John Fitzgerald Kennedy è il trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti. Vincitore delle elezioni del 1960, Kennedy è il primo cattolico democratico a guidare gli USA. Il neopresidente pone, fin dall’inizio, l’accento sulla politica estera, ma sottolineando una chiara paura nei confronti dell’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche).
La Guerra Fredda segna profondamente il mandato di Kennedy. Molte scelte politiche fatte dal presidente sono volte a contrastare l’espansione del comunismo. Ad esempio, la decisione di creare un nuovo programma missilistico e spendere migliaia (se non milioni) di dollari, è la prova lampante del timore americano nei confronti dell’Est; come anche l’aumento economico per la missione Apollo.
Durante il primo anno del suo mandato, JFK realizza il Peace Corps, un gruppo di volontari inviati nei paesi sottosviluppati per aiutare e dare sostegno ai più bisognosi. Inoltre, mette in atto l’Alliance For Progress, ovvero l’attuazione di decreti economici e sociali nei paesi dell’America Latina per evitare un ulteriore espansione degli ideali sovietici.
Il 17 aprile del 1961 è un momento storico molto importante. Lo Sbarco alla Baia dei Porci sull’isola di Cuba è uno dei punti più salienti della lotta contro il comunismo da parte di Kennedy. Lo scopo primario dell’attacco, da parte di esuli cubani, è quello di rovesciare definitivamente il governo di Fidel Castro diventato una minaccia.
Il Vietnam del Sud, una zona molto arretrata, è uno degli obiettivi principali del Presidente. Il motivo è sempre da riscontrare nella lotta al mondo sovietico. Nel 1961 la Casa Bianca invia consiglieri nella suddetta zona per contrastare i Viet Cong, ovvero i comunisti del Vietnam. L’anno successivo inizia una guerriglia “nascosta” tra i soldati americani e i Viet Cong (appoggiato dal Vietnam del Nord) ma senza risultati. Fallisce così, ancora una volta, il tentativo di Kennedy di eliminare il comunismo dal mondo. Si pongono così le basi per la Guerra del Vietnam, una macabra e insensata pagina della storia contemporanea.
Il momento più cruciale e delicato della Guerra Fredda è la Crisi dei Missili di Cuba. Nell’ottobre del 1962 l’America scopre la presenza di 14 missili sull’isola di Cuba da parte dell’URSS. L’accordo segreto tra Castro e Chruščёv, avvenuto qualche mese prima, è un significativo segnale di guerra contro gli Stati Uniti, ma la calma e la pazienza di Kennedy portano ad un compromesso con Chruščёv. La Crisi dei Missili di Cuba è una tragedia sfiorata, importante per comprendere la tensione che regna sovrana durante il mandato presidenziale di Kennedy.
Mentre la campagna anticomunismo procede per la sua strada, Kennedy non si dimentica della politica interna. Nel 1963 porta al Congresso una proposta di legge per i diritti civili che fa approvare in poco tempo. I cittadini americani di pelle nera possono finalmente votare e godere di ogni diritto. Il 1963 rimane un anno nero nella storia americana. Kennedy decide di visitare la città di Dallas, in Texas, nonostante i riscontri negativi dei suoi collaboratori. Dallas, come altre città, è un luogo molto pericoloso e con un alto tasso di criminalità soprattutto negli anni Sessanta. È un periodo molto cupo per gli americani e la loro presidenza.
È il 22 novembre e John F. Kennedy, insieme alla moglie Jacqueline, il governatore Connelly e la rispettiva moglie, viaggia sulla limousine presidenziale. Durante il passaggio nella Deadly Plaza, si sentono un paio di colpi da fucile molto forti: JFK è colpito a morte. La morte del presidente Kennedy è un durissimo colpo per l’America. Nonostante la giovane età e alcune scelte politiche assai discutibili, John F. Kennedy rimarrà nella storia come uno dei presidenti più conosciuti e ricordati al mondo.
Negli anni successivi all’assassinio, il presidente Johnson aprirà un’inchiesta, con la Commissione Warren, per ricostruire la macabra vicenda e dare un volto all’assassino. Verrà indagato e successivamente incarcerato Lee Harvey Oswald: l’esecutore materiale dell’omicidio del presidente. Ancora oggi, rimane un caso aperto. Molte fonti sostengono che Kennedy avrebbe avuto tutte le caratteristiche per diventare, col tempo ed esperienza, un buon presidente, ma il destino gli ha tagliato le ali troppo presto.
Robert Francis Kennedy: una famiglia maledetta
Conosciuto come Bob o Bobby, Robert è il fratello di John F. Kennedy. Anche lui, proprio come il fratello, intraprende la strada della politica, inconscio di quello che il destino gli avrebbe riservato. Dopo aver fatto carriera come procuratore generale durante il mandato presidenziale del fratello, Bob si candida alle elezioni del 1968. La notte tra il 5 e 6 giugno di quell’anno, Robert è all’ Hotel Ambassador di Los Angeles con gli esponenti del suo partito democratico. Ha appena vinto in California e vuole festeggiare, tenendo un discorso di ringraziamento. Non appena terminato, Kennedy viene colpito con un’arma da fuoco mentre attraversa un passaggio delle cucine dell’hotel. Bobby muore la mattina dopo in ospedale.
Tante sono le teorie stipulate per l’assassinio di Robert a causa della sua parentela con il presidente Kennedy. Anni di indagini hanno portato a presupporre anche a complotti interni ed esterni al partito, documentati da registrazioni e fotografie. L’assassino verrà arrestato dopo aver confessato il suo omicidio. Si tratta di Sirhan B. Sirhan, un cittadino della Giordania. Avrebbe sparato al piccolo Kennedy per aver sostenuto Israele nella Guerra dei Sei Giorni.
George Wallace: un attentato inaspettato
Governatore dell’Alabama e per quattro anni candidato alle presidenziali, George Wallace risulta uno dei più controversi politici americani. Si candida alle elezioni del 1972, molti sono convinti che potrebbe vincere e diventare Presidente. Durante la sua campagna elettorale a Laurel, in Maryland, Wallace subisce un terribile attentato: lo squilibrato Arthur Bremer gli spara cinque colpi, ferendolo al midollo spinale. Il politico rimarrà paralizzato fino alla fine dei suoi giorni.
Si pensa immediatamente ad un attentato politico a causa degli ideali abbastanza estremizzati di Wallace, ma in realtà è una grande messa in scena. Bremer spara al governatore solo per ottenere notorietà. Follia. Col tempo, Wallace lo perdonerà, ma Bremer non si pentirà mai del suo errore.
Ronald Reagan: un oratore politico
La comunicazione come punto forte e gli ideali da buon conservatore, portano Ronald Reagan ad essere eletto ben due volte alle presidenziali. Reagan sale al governo degli Stati Uniti il 20 gennaio del 1981. Gli anni Ottanta sono caratterizzati da una forte crisi economica e da una rivoluzione dei diritti civili. Reagan, grazie alla sua ottima capacità di comunicazione, accentuata dall’utilizzo della televisione, diventa un simbolo di forza e fiducia per gli americani.
Forse è proprio questo senso di calore e fiducia che lo portano al suo attentato avvenuto il 30 marzo del 1981. Il Presidente si trova a Washington, all’Hilton Hotel. Mentre sta uscendo con la sua scorta, viene colpito in meno di 5 secondi da 7 colpi di pistola calibro 22. L’attentatore è un giovane texano: John Hinckley Jr con precedenti penali per stalking. Il ragazzo verrà processato l’anno successivo e si deciderà di rinchiuderlo all’interno di un manicomio criminale. Reagan guarirà perfettamente.
Il secondo mandato cambia direzione nei confronti dell’URSS. Se nel primo mandato abbiamo assistito ad un Reagan contro l’Unione Sovietica, dal 1984 lo vediamo trattare con il mondo orientale: il trattato della distruzione delle armi nucleari del 1988 è l’apice del suo rapporto con l’URSS e pone fine, in un certo senso, alla Guerra Fredda.
In politica interna, i mandati di Reagan sono caratterizzati da un forte calo dell’inflazione e della disoccupazione grazie alla riduzione delle spese federali, sociali e delle tasse, ma aumenta il disavanzo commerciale con l’estero. Lo scopo del Presidente è quello di valorizzare e portare in alto gli ideali di patriottismo e fare dell’America una grande nazione. Ci riesce abbastanza bene, ottenendo due mandati consecutivi e una grande popolarità tra il popolo, ripristinando l’autorità del Presidente degli Stati Uniti d’America.
L’attentato a Donald Trump è stato uno dei tanti. La violenza contro i Presidenti americani è sempre esistita e difficilmente smetterà di sorprenderci. Ancora una volta, la violenza è la protagonista della politica americana e questo dovrebbe portarci a riflettere su come sia importante conoscere la storia ed imparare dagli errori dei nostri antenati.
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- Arthur M. Schlesinger Jr, I mille giorni di John F. Kennedy, Rizzoli.
- Andrea Larsen, Cospirazione Kennedy: Oltre 370 fatti sconvolgenti che provano l’esistenza di una cospirazione dietro l’attentato mortale al presidente John Fitzgerald Kennedy, Independently published, 2023.