CONTENUTO
Il primo attentato: chi vuole sparare a Mussolini?
È l’alba del 4 novembre del 1925 quando il deputato del Partito Socialista Unitario, Tito Zaniboni, armato di fucile all’interno di una stanza d’albergo, è pronto a sparare contro il Duce del fascismo che da lì a poco si sarebbe affacciato dal balcone di Palazzo Chigi per celebrare l’Anniversario della Vittoria, ovvero la firma dell’Armistizio di Villa Giusti avvenuta il 3 novembre del 1918, ma entrato definitivamente in vigore il giorno successivo.
L’armistizio segna la fine delle avversità tra l’impero austro-ungarico e l’Italia nella prima guerra mondiale e il regime, così attento e meticoloso nel ricordo di eventi importanti per l’esaltazione del patriottismo e della Nazione, decide di rendere omaggio a questo anniversario con un discorso tenuto da Benito Mussolini.
Venendo a conoscenza di quello che si sta complottando contro il capo del governo, il corpo di polizia speciale del regime riesce a fermare tempestivamente Zaniboni, arrestandolo e condannandolo a trent’anni di reclusione. Con la caduta del regime nel 1943, l’attentatore verrà rimesso in libertà e nominato commissario per collaborare all’eliminazione dei reduci fascisti.
Lady Violet: la donna che odiava il Duce
Il 7 aprile 1926 si consuma il secondo attentato a Mussolini da parte di una donna di mezza età, Violet Albina Gibson, di origini irlandesi e con una forte infatuazione nei confronti del misticismo cattolico. Vestita con un abito nero, capelli raccolti perfettamente in uno chignon e armata di pistola, la signora Gibson spara un colpo in direzione del Duce alla sua uscita dal Campidoglio ferendolo al naso.
I motivi che spingono la lady irlandese ad aprire il fuoco contro Mussolini sono molteplici: ad esempio, le morti dei principali esponenti di orientamenti politici opposti al regime, tra cui va ricordato Giacomo Matteotti, avrebbero segnato profondamente la donna a tal punto da peggiorare la sua condizione psicologica già da tempo molto compromessa. La radice del suo male psicologico è da ricercare nel suo nucleo famigliare; provenendo da una famiglia nobile molto rispettata in Irlanda e Gran Bretagna, Violet è cresciuta in un ambiente culturale e religioso molto rigido.
Tutto ciò l’ha portata a ribellarsi, fin da ragazzina, a questo mondo così tanto stretto e in un certo senso scomodo per i suoi ideali repubblicani e socialisti. Quindi decide di partire e seguire i suoi ideali che la porteranno a girare tutta Europa e a stanziarsi a Parigi nel 1914, città in cui parteciperà al Congresso Internazionale delle Donne nello stesso anno. Con il passare del tempo, la Gibson entrerà in contatto con i partiti antifascisti.
Dopo l’attentato, Violet viene fermata, arrestata e rinchiusa in un manicomio fino all’arrivo della sentenza del processo che la rilascerà per infermità mentale. Il processo sarà lungo e metterà a dura prova la magistratura fascista che per la prima volta ha di fronte un imputato di origini straniere. Violet non dichiarerà mai di essersi pentita del gesto che ha compiuto contro il Duce e verrà espulsa dall’Italia, rimpatriando nel suo Paese di origine senza fare ritorno però nella sua casa, ma in un altro manicomio in cui rimarrà fino alla sua morte.
Durante gli anni in manicomio, la Gibson ha scritto centinaia di lettere destinate a parenti e amici, dai quali non ha mai ricevuto risposta; come non ha mai ricevuto le lettere a lei spedite da parte delle sue compagne antifasciste e amici di vecchia data. Violet scompare dalla vita reale, convivendo fino alla fine della sua vita con i suoi demoni più grandi.
Nel 2021 il regista e scrittore Mannix Flynn decide di rendere omaggio a Violet Gibson dedicandole una targa commemorativa posta all’ingresso della sua casa d’infanzia nella città di Dublino. Oggi, grazie alle continue ricerche e studi condotti sulla vita di Violet, il suo spirito vive tra le vie della città di Dublino e nel resto del mondo.
Gino Lucetti: l’anarchico
Già schedato come un individuo capace di delinquere, Gino Lucetti è pressoché un giovane uomo quando decide di progettare il terzo attentato a Benito Mussolini l’11 settembre del 1926. Orfano di padre a dieci anni, Gino è costretto ad andare a lavorare nelle cave di marmo per aiutare a sfamare la sua famiglia e fin da subito viene a contatto con lo sfruttamento nel mondo del lavoro.
Nel 1918 viene chiamato alle armi per combattere nella Prima Guerra Mondiale e riesce a tornare a casa dopo la fine del conflitto ed è proprio in questo periodo che impara a maneggiare armi di qualsiasi genere. Tra il 1922 e il 1925 viaggia verso Nizza e Marsiglia dove inizia a tenere contatti con gruppi di anarchici con i quali condivide l’idea dell’individualismo dell’azione come unico strumento per la lotta politica. E’ proprio in questo periodo della sua vita che matura il terzo attentato al nuovo capo del governo italiano.
La mattina dell’11 settembre Lucetti lancia una bomba contro l’automobile Lancia Lambda Coupé de ville con a bordo Mussolini che da casa sua viaggia verso Palazzo Chigi, un tragitto compiuto quotidianamente. Grazie al ribalzo dell’ordigno contro il finestrino posteriore della vettura, la bomba scoppia lontana dall’automobile e l’anarchico, oltretutto armato di pistola, viene fermato dai passanti e immediatamente arrestato.
Il ragazzo viene condannato a trent’anni di carcere, ridotti poi a undici negli anni successivi grazie alle varie amnistie. Durante la sua prigionia, le indagini ricadono anche sui suoi fratelli, ma le prove furono insufficienti per condannarli. Gino cambierà parecchie prigioni prima di trovare la libertà nel settembre del 1943 grazie all’arrivo degli Americani. Morirà ad Ischia il 17 settembre del 1943 colpito da una granata durante un conflitto tra Alleati e nazisti. Oggi è sepolto ad Avenza, il suo paese natale nel comune di Carrara.
Anteo Zamboni: il giovane attentatore
Il quindicenne Anteo Zamboni è colui che progetta il quarto attentato al Duce il 31 ottobre del 1926, in occasione dell’Anniversario della Marcia su Roma. Mussolini è seduto a bordo della sua auto decapottabile pronto a raggiungere la stazione di Bologna per salire poi sul treno che da lì a poco lo avrebbe portato a Roma per festeggiare il quarto anniversario del fascismo al potere.
Lungo il tragitto verso la stazione, parte uno sparo che colpisce il Duce, bucando la sua giacca. Nel giro di pochissimi secondi, l’attentatore viene individuato e letteralmente linciato dalle camicie nere presenti. Dalle prime ricostruzioni del tentato omicidio emerge un possibile coinvolgimento di alcuni fascisti appartenenti alle formazioni squadriste probabilmente contrari alla fase di normalizzazione politica inaugurata da Mussolini.
Ciò nonostante, questa pista viene immediatamente smentita e la colpa ricade completamente sul ragazzo, la madre, il padre e i fratelli, anch’essi condannati a trent’anni di reclusione con la colpa di aver influenzato il giovane fattorino con pensieri antifascisti. L’inferno di questa famiglia termina nel 1932 grazie ad una serie di amnistie rilasciate dal Duce dopo essere venuto a conoscenza dell’innocenza del padre a seguito di un fascicolo inviatogli dall’avvocato antifascista Roberto Vighi.
Successivamente il caso verrà riesaminato ed emergeranno i nomi di Roberto Farinacci, capo dell’ala estremista del fascismo e Leandro Arpinati, l’accompagnatore personale di Mussolini. Ancora una volta, la pista viene sotterrata sotto le macerie e il caso rimane ancora oggi un mistero le cui ombre invadono la verità.
L’attentato di Zamboni porterà il regime a emanare nello stesso anno le Leggi per la Difesa dello Stato che comportano lo scioglimento di tutti i partiti politici eccetto il partito fascista, la creazione del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, l’istituzione della pena di morte e il confino politico. Queste norme rientrano nelle cosiddette Leggi Fascistissime con le quali il regime intraprenderà la via del totalitarismo.
La città di Bologna ha reso onore al suo martire con un’epigrafe posta sull’angolo di Palazzo d’Accursio da cui parte la via Indipendenza, dove Anteo è morto. Inoltre, il suo nome, oggi, è riservato ad una delle tante vie del capoluogo romagnolo.
Altri attentati contro Benito Mussolini
Tra il 1931 e il 1932 il Duce subirà altri tre attentati: il primo da parte dell’anarchico Michele Schirru emigrato in America nel 1920 e residente a New York. E’ proprio in questa città che si avvicina alle idee anarchiche di vari gruppi clandestini italiani e con i quali lotterà contro il regime fascista in Italia. Ecco che nel 1930 si imbarca per tornare a casa con un unico scopo: uccidere il Duce. Schirru viene arrestato nel 1931 a Roma per sospetto di attentato a Mussolini e nella sua sede operativa verranno ritrovate ben due bombe e successivamente una pistola. Verrà fucilato il 29 maggio del 1931 dopo un processo di fronte al Tribunale Speciale.
La stessa sorte spetterà ad Angelo Pellegrino Sbardelotto, fermato a Roma il 4 giugno del 1932 dalla polizia fascista dopo aver ricevuto foto segnaletiche da parte delle autorità del Belgio a causa del suo passato da anarchico. Fermato con due bombe e una rivoltella nelle tasche, Sbardelotto ammetterà, durante l’interrogatorio, la sua intenzione di uccidere Mussolini. Verrà fucilato il 17 giugno del 1932. Nell’ottobre del 2005 è stata eretta una stele in suo onore a Mel, il suo paese natale in provincia di Belluno.
Infine, l’ultimo attentato è eseguito da Domenico Bovone di fede repubblicana e personaggio attivo nella Concentrazione antifascista di Parigi. Dal 1931 diffonde, tramite la stampa, i suoi ideali politici e compie ripetuti atti terroristici in varie parti della penisola italiana, cercando di destabilizzare il regime. Il 5 settembre del 1931 viene arrestato e processato di fronte al Tribunale Speciale che lo condannerà alla pena di morte con l’accusa di aver attentato alla vita del Duce. Viene fucilato il 17 giugno del 1932, lo stesso giorno di Sbardelotto: due uomini sconosciuti, ma accumunati dall’essere antifascisti.
Arrivati a questo punto è lecito sottolineare che tutti gli attentati qui elencati hanno un unico scopo: assestare un duro colpo al regime dittatoriale fascista eliminando la sua guida indiscussa. Parlare di totalitarismo non è facile, come non è altrettanto semplice applicare questo termine al fenomeno fascista.
Gli attentati a Mussolini offrono uno sguardo alternativo per osservare il processo totalitario che inizia esattamente nel 1925, anno del primo attentato. Da quel momento, la situazione degenererà continuamente con la pubblicazione di decreti che proibiranno la libertà di stampa, di parola e di pensiero fino ad arrivare all’apice con l’emanazione delle Leggi Razziali nel 1938.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Attilio Bevilacqua, Attentati a Mussolini. Attività sovversive delle carte d’archivio (1931-1941), Affinità Elettive Editori, 2021.
- Carlo Tresca, L’attentato a Mussolini ovvero il segreto di Pulcinella, Unicopli, 2019.
- Aldo Trapuzzano, L’uomo che attentò la vita di Mussolini, Lampi di Stampa, 2023.
- Rosanna De Longis, 7 aprile 1926; attentato al duce, Violet Gibson , capace di intendere e di volere?, Fefè, 2021.
- Frances Stonor Saunders, La donna che sparò a Mussolini, LEG Edizioni, 2021.