CONTENUTO
Come nasce l’Asse
Nell’autunno del 1936 l’Italia si trova reduce dalla vittoria in Etiopia. Mussolini è perfettamente consapevole del fatto che se il suo esercito, che ha iniziato le operazioni militari nell’ottobre precedente, ha potuto “tirare dritto” e Badoglio è entrato ad Addis Abeba il 5 maggio è solo grazie al mancato intervento degli inglesi.
Il duce, però, è oramai inebriato dall’idea di una politica estera di conquista e l’unico modo per poterla portare avanti è quello di allargare l’area di influenza del Paese. Decide di sfruttare la rivalità tra tedeschi e anglo-francesi, pigiare sull’acceleratore nel risanamento dei rapporti con la Germania, temporaneamente guastati dall’incompatibilità tra le idee dei due capi di stato su alcuni temi, primo fra tutti la questione dell’annessione dell’Austria da parte tedesca.
Mussolini tenta dunque il riavvicinamento a Hitler ed è così che i ministri degli esteri italiano e tedesco, Galeazzo Ciano (genero del duce) e Konstantin von Neurath (predecessore di Ribbentrop), firmano il 23 ottobre 1936 nella capitale tedesca quel documento politico, quel patto d’amicizia, denominato poco dopo Asse Roma-Berlino. È infatti il duce a chiamare per la prima volta l’intesa stipulata “Asse”, in un discorso tenuto a Milano:
Gli incontri di Berlino hanno avuto come risultato una intesa fra i due paesi su determinati problemi, alcuni dei quali particolarmente scottanti in questi giorni. Ma queste intese, che sono state consacrate in appositi verbali debitamente firmati, questa verticale Berlino-Roma non è un diaframma, è piuttosto un asse attorno al quale possono collaborare tutti gli Stati europei animati da volontà di collaborazione e di pace.
L’Asse non ha di per sé alcuna validità militare, nonostante la Germania prema per questo. Sarà l’accrescimento del peso politico di quest’ultima a far sì che, meno di 3 anni più tardi, si firmi un patto di formale alleanza per le imprese belliche alle porte: il Patto d’acciaio del maggio del 1939.
Già nei due anni e mezzo che intercorrono tra questi accordi però, l’Asse si delinea come un’alleanza a tutto tondo in chiave antidemocratica e anticomunista che investe tutti i piani, primi fra tutti quelli ideologico e militare. Impossibile sarebbe infatti non riconoscere che il rapporto tra i due Paesi è innegabilmente fondato su fattori ideologici. Da un lato perché la comunanza di principi tra i due regimi rappresenta un condizionamento importante nella scelta di un avvicinamento e, dall’latro, perché l’alleanza tra Italia e Germania comporta un’evidente influenza dei secondi sui primi, come palesato dall’adozione dalle leggi razziali promulgate nel 1938.
Le sanzioni da parte della Società delle Nazioni e la ricerca di un alleato
La sola affinità ideologica non costituisce di certo per le due potenze un movente sufficiente a stipulare un’alleanza. A stringerle insieme non è nemmeno un necessario e urgente bisogno di appoggio militare, considerando che al momento nessuna potenza freme all’idea di una nuova guerra. In effetti Mussolini è inizialmente addirittura scettico all’idea di avvicinarsi alla Germania dal momento che la politica estera italiana è volta ad assumere il ruolo di mediatrice tra la Germania e le democrazie europee e inoltre non vuole rinunciare al consolidamento delle posizioni nei confronti dell’Austria.
Quello che però Mussolini non considera, nel tentativo di perpetuare le sue velleità espansionistiche, è che l’Italia non ha la forza per affermarsi nel ruolo di libero battitore della diplomazia continentale, in grado di destreggiarsi a cavallo tra due schieramenti. Alla fine sono le mire imperialistiche ad avere la meglio e, in particolare, è la questione africana a far pendere l’ago della bilancia verso la Germania come alleato.
In realtà i rapporti tra i due Paesi riprendono prima dell’autunno del 1936. Già dall’anno precedente, mentre si prepara e si inizia la conquista dell’Etiopia, sono in corso colloqui e accordi per collaborazioni in abito economico e commerciale. Ad accelerare il sodalizio però e a renderlo politicamente rilevante, oltre che indispensabile per l’Italia, sono le conseguenze della vittoria.
Benché Mussolini debba ringraziare gli inglesi per il loro meditato “via libera” in terra nordafricana, ha il dente avvelenato nei confronti di Francia e Regno Unito, componenti della Società delle Nazioni, per il fatto che la conquista di quell’angolo di Continente, ha comportato per l’Italia la condanna da parte dell’organizzazione a pagare pesanti sanzioni economiche e l’isolamento internazionale.
Non solo l’Italia si è dovuta accontentare di una “vittoria mutilata” dopo Versailles, ma ora è impossibilitata anche a espandersi a sud del Mediterraneo concretizzando mire espansionistiche su quanto rimane in Africa di territorio indipendente. Al duce questo non va bene e inizia a presentare l’Italia, che si ritira dall’organizzazione l’anno successivo, come vittima di una congiura internazionale. Una mossa anche propagandistica volta a giustificare l’alleanza con la Germania, rispetto alla quale l’opinione pubblica non era ben disposta.
Gli sconfitti di Versailles, i tedeschi, sono stati sì ammessi alla Società delle Nazione nel 1926, ma nel 1933, anno di insediamento alla cancelleria di Hitler, si ritirano: lo “spirito di rivalsa” e la politica del riarmo promossi dal nazionalsocialismo cancellano qualsiasi speranza di mantenimento dell’equilibrio auspicato con la firma del trattato post prima guerra mondiale. L’elezione di Hitler alla carica di cancelliere decreta ufficialmente le ostilità tra il nascente Terzo Reich e le potenze europee democratiche.
A questo punto rivolgersi al Führer è per Mussolini una scelta obbligata. L’Italia cessa di opporsi contro l’espansionismo tedesco e bussa alla porta dei tedeschi. Insomma l’Asse nasce secondo un principio che ricorda il vecchio adagio secondo il quale il nemico del mio nemico è mio amico.
Una prima missione comune: la guerra civile Spagnola
Non serve in realtà a Mussolini aspettare la firma del trattato d’amicizia con la Germania per decidere a favore dell’intervento in Spagna, su spinta del neo ministro degli esteri Ciano e delle lusinghe di Franco. Anzi, l’intervento è considerato in questo caso un motivo ulteriore per il governo nazista ad avvicinarsi all’Italia come alleato.
Dopo l’uccisione del monarchico-conservatore José Calvo Sotelo nel luglio del 1936, la guerra civile è in realtà già in atto nel paese iberico. A scontrarsi sono forze di destra nazionalista, tra le quali si afferma in particolare la formazione della Falange, che agisce con violenza squadristica e si ispira al modello fascista, e forze del legittimo governo Repubblicano. Nella fazione dei nazionalisti si schiera l’Armata d’Africa, tra le cui truppe ci sono quelle di stanza in Marocco, guidate da colui che si afferma come leader dei ribelli: Francisco Franco.
Benché da subito i ribelli riescano a prendere il controllo di parte della Spagna, i Repubblicani mantengono i controllo della capitale. A permettere al futuro caudillo di passare in vantaggio è proprio l’intervento di due alleati dall’Europa centrale: Italia e Germania, i cui governi, condividendo gli ideali del generale, hanno tutto l’interesse a favorirne l’insediamento, nonostante nell’agosto del 1936 abbiano sottoscritto, su invito francese, un accordo plurilaterale di non intervento. E mentre dalla da parte tedesca arrivano pochi uomini, ma una fondamentale fornitura di aerei, Mussolini invia a Franco un contingente di 50.000 “volontari” e una discreta quantità di materiali bellici. Se nel marzo 1939 i nazionalisti spagnoli fanno cadere Madrid è anche grazie all’alleanza italo-tedesca.
Le conseguenze dell’Asse Roma-Berlino
L’accordo stipulato nell’ottobre del 1936 apre quindi le porte agli accordi militari tra le due potenze, già da ancora prima della firma del Patto d’acciaio (firmato da Ciano e Ribbentrop il 22 maggio del 1939) e del secondo conflitto mondiale, quando l’Asse si allargherà a tutti i nemici degli Alleati. Non che a Hitler serva un alleato per iniziare ad agire secondo le sue mire, ma certamente avere Mussolini, ancora nella posizione di mediare con gli anglo-francesi, dalla sua parte rappresenta un ostacolo in meno.
Nel 1937, alla guida del governo inglese, arriva il conservatore Neville Chamberlain. Il nuovo prime minister inaugura quella che viene definita politica dell’appeasement. In linea con quanto sperano l’opinione pubblica e persino l’opposizione laburista e contrastato solo da una piccola minoranza guidata da Churchill, Chamberlain sostiene che la cosa giusta da fare sia lasciar fare Hitler e consentirgli di dare sfogo ad alcune delle sue rivendicazioni, sulla scia dell’idea che Versailles sia stata troppo punitiva. Allo stesso tempo i francesi, soddisfatti della loro revanche e convinti che non valga la pena rischiare una nuova guerra, si accomodano sulla posizione degli alleati d’oltremanica.
Quando nel 1938 Hitler compie il suo progetto di annessione dell’Austria al Reich, l’Anschluss, non c’è nessuno a fermarlo o a contrastarlo. Né le potenze democratiche, né colui che fino a pochi anni prima è stato contrario a questo progetto fino a considerarlo un punto che impossibilita i rapporti tra i due Paesi: il duce. Mussolini, già dal primo tentativo di incontro amichevole con il Führer nel 1934, glissa sul nodo gordiano dell’Austria e ancora di più si infuria e diventa ostile quando, dopo i colloqui tra i due, i nazisti austriaci assassinano il cancelliere Dollfuss, suo amico, durante il tentato putsch di Vienna.
Ma ora, quattro anni più tardi e due dopo il patto d’amicizia, le posizioni sono cambiate e anche lui rinuncia a opporsi quando Hitler mobilita i nazisti austriaci che prima costringono alle dimissioni il cancelliere Schuschnigg e poi, nella persona del loro capo, ora la governo, Seyss-Inquart, chiedono l’intervento delle truppe tedesche. Il 10 aprile, un plebiscito con il 99,73% di consensi, decreta la “volontà” degli austrici di essere annessi al Reich, come preannunciato da Mussolini in un discorso alla camera di marzo, che giustifica le cessate opposizioni dell’Italia all’Anschluss:
L’interesse dell’Italia all’indipendenza dello Stato federale austriaco esisteva; ma si basava
evidentemente sulla pregiudiziale che gli Austriaci tale indipendenza volessero, almeno nella loro
maggioranza; ma quanto accade in questi giorni nelle terre austriache dimostra che l’anelito
profondo del popolo era per l’Anschluss.
Decisivo è il ruolo dell’Italia nella anche questione dei Sudeti. Non pago del successo dell’Anschluss il Führer vuole portare entro i confini del Reich i più di tre milioni di persone di etnia tedesca che vivono dentro i confini cecoslovacchi. Oltre, ancora una volta, alla mobilitazione dei gruppi nazisti locali, questa volta Hitler sceglie anche la via d’intervento diplomatica, servendosi proprio del suo alleato.
Dopo mesi di tensioni, che hanno visto Chamberlain volare in Germania due volte per tentare un compromesso nel settembre del 1938, su suggerimento suo e su spinta di Mussolini viene organizzato a Monaco di Baviera un incontro tra grandi potenze, la conferenza di Monaco del 29 e 30 settembre. Qui, nei due giorni di colloquio, è l’Italia a presentare un progetto che il primo ministro inglese e il suo omonimo francese accettano e che, guarda caso, coincide quasi perfettamente con le richieste tedesche e prevede l’annessione della regione dei Sudeti al Reich.
Mussolini lascia fare l’alleato tedesco, avendo ferma la convinzione che i loro accordi possano giovare anche agli interessi dello Stato italiano. In questa fase Hitler, che ha appena cominciato la sua collezione di successi, ha in mente la guerra, ma il duce, al contrario, manifesta la sua volontà di posticiparla per il tornaconto nazionale, ovvero proprio per i motivi per i quali è stato sottoscritto il patto a Berlino. Mussolini scrive in una lettera del maggio 1939 al cancelliere del Reich:
Le due potenze europee dell’Asse hanno bisogno di un periodo di pace di durata non inferiore ai tre anni. È solo dal 1943 in poi che uno sforzo bellico può avere le più grandi prospettive di vittoria. Un periodo di pace è necessario all’Italia per le seguenti ragioni:
a) per sistemare militarmente la Libia, l’Albania e pacificare l’Etiopia, dalla quale deve uscire un’armata di mezzo milione di uomini;
b) per ultimare la costruzione e il rifacimento delle sei navi di linea attualmente in corso;
c) per il rinnovamento di tutte le nostre artiglierie di medio e grosso calibro;
d) per spingere innanzi la realizzazione dei piani autarchici che devono rendere vano ogni tentativo di blocco da parte delle democrazie possidenti;
e) per realizzare l’Esposizione del 1942, la quale, oltre a documentare il primo ventennio del regime, può fornirci riserve di valute;
f) per effettuare il rimpatrio degli italiani dalla Francia, problema di natura militare e morale molto serio;
g) per ultimare il già iniziato trasferimento di molte industrie di guerra dalla valle del Po nell’Italia meridionale;
h) per approfondire sempre più i rapporti, non solo fra i governi dell’Asse, ma fra i popoli, al che gioverebbe indubbiamente una distensione dei rapporti fra Chiesa e Nazismo, distensione che è anche molto desiderata dal Vaticano.
L’Asse Roma-Berlino-Tokyo: il “Patto tripartito” e la guerra
Chiaro è che Hitler, preso dal suo espansionismo, non tiene molto in conto quelle che sono le esigenze e gli interessi dell’alleato. Di lì a poco procederà con l’invasione della Polonia, con certezza che nessuno potrà più a quel punto evitare la guerra.
Nel frattempo il Giappone si avvicina prima al Reich. Nel novembre 1936 firmano un Patto anticomintern e nel 1937, su spinta del fratello dell’imperatore Hirohito, il Giappone inizia a contemplare la necessità di un’alleanza militare. Il 6 novembre dello stesso anno anche l’Italia aderisce al Patto anticomintern. Tuttavia, è solo dopo l’inizio della guerra, che l’alleanza si formalizza.
Con il riconoscimento di interessi europei da parte del Giappone e con l’ingresso dell’Italia nel conflitto nel giugno del 1940 – dovuto alla convinzione di Mussolini che si sta schierando con il vincitore, dati i primi successi della Germania – si arriva il 27 settembre di quell’anno alla firma del Patto tripartito. Ma dopo l’ingresso dell’Italia in guerra a fianco della Germania, quando l’alleanza si concretizza nell’“Asse-Roma-Berlino-Tokyo”, l’Asse non è altro che uno schieramento bellico: la sua natura è totalmente cambiata.
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- R. De Felice, Mussolini il Duce II. Lo Stato totalitario (1936-1940), Einaudi editore, 2019
- M. Cervi, I. Montanelli, L’Italia dell’Asse – 1936-10 giugno 1940, BUR, 2011
- Tonino Fabbri, Colonie e carbone. Le origini della politica dell’Asse Roma-Berlino nei documenti diplomatici, libreriauniversitaria.it, 2012
- J. Petersen, Hitler e Mussolini, La difficile alleanza, Laterza, 1975
Ammirevole la sintesi di oltre dieci anni di storia dell’europa, da Versailles allo scoppio della WW2. Devo però osservare che sono cosi numerosi gli accadimenti di quegli anni, che talvolta è stata ignorata per brevità l’approfondimento sotto l’aspetto psicologico delle motivazioni che indussero il duce a stringere l’alleanza mortale con i tedeschi.
Considerazioni personali:
1 la disastrosa successione di eventi tragici per l’italia ha un nome : l’etiopia.
2 La conquista di quel lontano ‘impero africano, ancora allo stato medievale, altero’ gli equilibri politici in europa.
3 L’intervento militare italiano nella guerra civile spagnola ove l’unione sovietica era protagonista per la fornitura di armamenti all’esercito repubblicano, l’occupzione dell’Albania, la fornitura di armi e aerei alla finlandia nella guerra con i russi, le folli richieste territoriali del duce alla Francia (sic!) della corsica e della tunisina causarono l’allontanamento dell’Italia dalla tradizionale amicizia con le democrazie europee di inghilterra e francia potenze coloniali gelose di cambiamenti significativi dello status di predominio commerciale e militare nel mediterraneo e nel mar rosso. Le pretese di mussolini di una partecipazione dell’italia alla gestione del canale di Suez furono le cause di un cambiamento di rotta della politica inglese nel mediterraneo. 3
3 Il patto di amicizia anglo-turco, e anglo-greco crearono in mussolini una psicologia di accerchiamento che fu di non poco conto nella decisione di allearsi con l’unico stato ancora disponibile in Europa ad una alleanza politico militare in chiave anti anglo-francese : la germania.
4 Hitler realizzò ancora una volta gli obiettivi descritti anni prima nel mein kampf : alleanza con l’italia per assicurare alla germania una via di rifornimento navale dal sud europa ben sapendo che a nord nel baltico la marina inglese poteva impedire l’approdo delle navi da trasporto delle materie prime fondamentali al funzionamento delle industrie del terzo reich.