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La crisi economica mondiale apre le porte al Nazismo
L’avanzata del Nazismo. La fragile stabilità economica raggiunta dalla Repubblica di Weimar alla metà degli anni venti grazie ai prestiti degli Stati Uniti, previsti dal piano Dawes, rivela tutta la sua precarietà quando il 24 ottobre 1929 crolla a New York la Borsa di Wall Street. L’evento, passato alla storia come “Giovedì Nero”, provoca una crisi economica mondiale senza precedenti.
La Germania, strettamente legata ai finanziamenti statunitensi, è il paese dove le ripercussioni si manifestano nel modo più evidente e drammatico. Nel giro di tre anni la produzione industriale nazionale si dimezza e i disoccupati, che nel 1929 sono 1,3 milioni, diventano nel 1932 circa 6 milioni, ovvero un terzo della popolazione.
Di fronte alla micidiale crisi economica, alla disoccupazione crescente, alla nuova ed inarrestabile svalutazione del Marco (la moneta tedesca), i governi di coalizione formati da socialdemocratici, liberali e cattolici non riescono a proporre valide strategie politiche, dando così inizio all’agonia della Repubblica Weimar. Ad approfittare, infatti, della situazione sono le ali estreme del sistema politico: i comunisti a sinistra e i nazionalsocialisti a destra.
Nazismo, il Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler
Fino a quel momento il Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler era rimasto ai margini della vita politica tedesca e aveva ottenuto scarsi consensi. Esso all’interno del paese rappresentava un gruppo minoritario che si collocava al di fuori della realtà repubblicana e si serviva prevalentemente della violenza contro gli avversari politici. Allo stesso modo del fascismo di Mussolini, che Hitler aveva preso come modello ideale ed organizzativo, i nazionalsocialisti fondavano la propria forza su una organizzazione armata, le SA, i reparti d’assalto, milizie paramilitari comandate dal capitano dell’esercito Ernst Rohm.
Dopo il fallito colpo di Stato di Monaco del 1923, Adolf Hitler era stato incarcerato per circa un anno. Durante la prigionia aveva scritto: il Mein Kampt, La mia battaglia. Pubblicato nel 1925, questo testo era destinato a diventare un libro Sacro per il Nazismo. In esso Hitler esponeva il suo programma politico che è possibile riassumere in tre punti fondamentali:
- La Germania aveva perso la Prima Guerra Mondiale a causa degli ebrei, una razza inferiore che aveva complottato e continuava a complottare contro una razza superiore, quella degli ariani.
- I tedeschi, poiché ariani e dunque superiori per natura, erano destinati a dominare il mondo, ma per fare ciò dovevano necessariamente liberarsi degli ebrei e dei loro alleati comunisti e socialisti.
- Fatto ciò la Germania avrebbe potuto conquistare il suo spazio vitale verso est, recuperando come prima cosa tutti i territori che era stata costretta a cedere con l’ingiusta pace di Versailles del 1919.
Questo programma presentava alcuni argomenti forti e che nessun tedesco avevo fino a quel momento esternato:
- Individuava un colpevole, un capro espiatorio, ovvero gli ebrei, sui quali ricadeva tutta la colpa per le disgrazie della Germania.
- Presentava una prospettiva di riscatto sociale e nazionale; in un momento di povertà e sconforto, Hitler, infatti, parlava di una Germania destinata a comandare il mondo.
- Egli, inoltre, si presentava come guida, come Fuhrer, che voleva prendere su di sé tutta la responsabilità di guidare il popolo tedesco e di sollevarlo dal baratro in cui era precipitato.
A partire dal 1930, dunque, la maggioranza della popolazione tedesca, impoverita e ridotta alla fame dalla crisi economica, inizia a perdere ogni fiducia nella Repubblica di Weimar e nei partiti che la rappresentano. Il quadro politico subisce un profondo mutamento: A destra, le forze conservatrici , rappresentate prevalentemente dall’esercito, dagli agrari, dagli industriali e dai proprietari terrieri, si sentono sciolte da ogni vincolo di lealtà nei confronti delle istituzioni repubblicane e iniziano ad appoggiare il partito nazista, sempre più organizzato gerarchicamente.
A sinistra, contemporaneamente, settori consistenti della classe operaia abbandonano la socialdemocrazia per avvicinarsi al partito comunista.
L’ascesa del Nazismo: le elezioni del 1930
La crisi irreversibile della Repubblica di Weimar prosegue con le elezioni che si tengono nel settembre 1930: i nazisti passano dal 2,5 al 18% dei voti, mentre i comunisti guadagnano posizioni ai danni dei socialdemocratici; i partiti più fedeli alla Repubblica non riescono ad ottenere la maggioranza ma possono continuare a governare grazie soprattutto al sostegno del Presidente della Repubblica Hindenburg, che ricorre ai poteri straordinari previsti dalla costituzione nei casi di emergenza.
Nei due anni successivi le istituzioni parlamentari però si indeboliscono ulteriormente, mentre la situazione economica e sociale si fa sempre più grave e le città tedesche diventano teatro di scontri violentissimi tra nazisti e comunisti.
L’ascesa del Nazismo: le elezioni del 1932
Nel marzo 1932 il paese va alle urne per eleggere il presidente della Repubblica. Hitler si candida, ma nonostante il 37% dei voti, deve accettare la rielezione dell’ottantacinquenne Hindenburg, il quale dopo essere stato riconfermato nella carica, cerca di dare una stabilità parlamentare alla nazione.
Contrario alla nomina di Hitler, di cui non si fida affatto, Hindenburg assegna l’incarico di formare un nuovo governo di coalizione prima al cattolico ed esponente dell’aristocrazia terriera, Franz von Papen, e successivamente al generale Kurt von Schleicher, suo consigliere personale. Entrambi questi tentativi hanno però esito negativo.
Per tentare di creare una maggioranza stabile in parlamento vengono convocate due successive elezioni politiche, nel mese di luglio e novembre. In entrambi i casi sono i nazisti ad imporsi come primo partito con circa il 37% dei voti. Arrivati a questo punto i conservatori e i vari esponenti della destra sono costretti ad accettare il fatto che senza il partito nazista sia impossibile formare un governo e nel gennaio del 1933 Von Papin riesce a convincere anche il riluttante e perplesso Hindenburg su questo punto.
Così il 30 gennaio il Presidente della Repubblica convoca Hitler e lo nomina cancelliere. Il leader del partito nazista, che come era avvenuto in precedenza per Mussolini riesce a raggiungere il potere attraverso le vie legali, accetta di capeggiare un governo in cui i nazisti ricoprono solo 3 ministeri su 11. Gli esponenti della destra sono convinti di essere riusciti in tal modo ad ingabbiare Hitler e i suoi seguaci, e di poterli utilizzare per realizzare un programma politico di stampo conservatore. In realtà si sarebbero presto resi conto di aver sbagliato grossolanamente i loro calcoli.
Pare che il Presidente Hindenburg poco prima di assegnare la carica di cancelliere ad Hitler abbia detto al suo consigliere von Schleicher “Ho già un piede nella tomba, e non sono certo che in seguito, in cielo, non rimpiangerò una simile azione”, “Non sono certo signore – risponde lui– che dopo questo tradimento voi andrete in cielo”.