CONTENUTO
Dopo la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini, il re Vittorio Emanuele III nomina capo del governo il generale Pietro Badoglio al quale affida il destino della nazione. Il re tenta comunque di mantenere un ruolo centrale e non eccessivamente defilato nella direzione politica del paese. Infatti, accanto al Consiglio dei ministri, esiste un Consiglio della Corona, presieduto dallo stesso sovrano. Di tale organismo fanno parte tra gli altri lo stesso Badoglio, il Capo di Stato Maggiore generale Vittorio Ambrosio, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Mario Roatta e il comandante del Corpo d’Armata Motocorazzato a difesa di Roma Giacomo Carboni (dal 18 agosto fino all’8 settembre 1943 capo del Servizio Informazioni Militari).
La missione del generale Castellano
A Roma il 7 agosto 1943 i componenti del Consiglio della Corona approvano con la maggioranza di due terzi la decisione di uscire dalla guerra. Il primo tentativo effettivo di trattative di pace viene affidato al generale Giuseppe Castellano. Il 13 agosto va in treno a Lisbona per esporre la situazione militare e ascoltare le intenzioni degli alleati impiegando sei giorni per raggiungerla. Castellano si avvale come traduttore e assistente del console Franco Montanari.
Solo il 19 agosto conferisce con i rappresentanti del Comando Alleato: l’ambasciatore britannico Ronald Campbell e i due generali inviati nella capitale portoghese dal generale Dwight David Eisenhower, lo statunitense Walter Bedell Smith e il britannico Kenneth Strong. Riparte il giorno 23, giungendo finalmente a Roma il 27 agosto con il testo dell'”armistizio corto“.
Il caso del generale Zanussi
Posto in allarme dalla mancanza di notizie da parte di Castellano, il 24 agosto il generale Mario Roatta, di concerto con il generale Giacomo Carboni, fa partire in aereo alla volta di Lisbona, il generale Giacomo Zanussi. Si presenta ai rappresentanti alleati appena ripartito Castellano per Roma. Questa scelta genera una certa perplessità tra gli alleati, confusi dall’invio di delegazioni così ravvicinate e senza coordinamento.
Zanussi incontra l’ambasciatore Ronald Campbell che, erroneamente, gli consegna il testo del cosiddetto “armistizio lungo” ricevuto la sera prima. Letto il documento, Zanussi chiede formalmente che al suo governo sia dato altro tempo, al fine di valutarne il contenuto. Dunque parte per rientrare in Italia.
Una volta in volo il generale Eisenhower dà ordine dirottare il suo aereo dapprima a Gibilterra, e poi su Algeri, al fine di evitare che gli italiani entrino in possesso del testo dell’armistizio lungo prima della firma di quello corto. Arrivato il giorno 28 ad Algeri, Zanussi cerca di trasmettere la copia in suo possesso a Roma, ma il generale Bedell Smith la requisisce lasciandogli solo un documento di secondaria importanza. Il documento gli viene poi restituito e rientra in Italia solo il 3 settembre, presso il Quartier generale alleato a Siracusa.
La trattativa per l’armistizio
Il 27 agosto a Roma, Castellano illustra a Badoglio e al Ministro degli esteri Raffaele Guariglia le clausole imposte dagli anglo-americani: costoro chiedono la resa senza condizioni, da attuarsi mediante la sottoscrizione di un accordo (il cosiddetto “armistizio corto”) in dodici articoli. Entro il 30 agosto deve essere comunicata l’adesione o meno del governo italiano tramite un apparecchio radio di cui Castellano è dotato.
In caso di risposta affermativa, le parti si incontreranno nuovamente in una località della Sicilia da definire. Dopo l’accettazione della resa incondizionata e la cessazione delle ostilità, le parti sottoscriveranno un’intesa più dettagliata (il cosiddetto “armistizio lungo”).
Il sovrano è informato delle clausole dell’armistizio solo due giorni dopo (29 agosto). Una prima risposta dell’Italia è definita il 30 agosto. Badoglio dà istruzioni a Castellano di andare in Sicilia per esporre le tesi contenute in un memorandum redatto da Guariglia.
Secondo tale documento l’Italia non può chiedere l’armistizio prima di ulteriori sbarchi alleati che mutino le situazioni di forza a sfavore dei tedeschi. Si chiedono garanzie agli Alleati riguardo alla reazione tedesca contro l’Italia alla notizia della firma dell’armistizio e, in particolare, uno sbarco alleato a nord di Roma precedente all’annuncio. Tra le tante altre condizioni che sono richieste agli alleati, solo quella di inviare 2.000 unità paracadutate su Roma per la difesa della Capitale verrà accolta, anche perché in parte già prevista dai piani alleati.
Il re accetta le condizioni dell’armistizio
Il giorno dopo, alle ore 9:00, in aereo, previa comunicazione tramite l’apparecchio radio, Castellano giunge a Termini Imerese e portato a Cassibile, presso Siracusa. Di fronte all’esposizione del rappresentante italiano, gli alleati sono irremovibili e confermano le loro richieste. In serata Castellano rientra a Roma per riferire.
Il 1º settembre avviene la riunione decisiva. All’incontro partecipano Badoglio, Castellano, il ministro degli esteri Raffaele Guariglia, i generali Ambrosio, Roatta e Carboni e il Ministro della Real Casa Pietro d’Acquarone, in rappresentanza del re.
Emergono posizioni non coincidenti: Guariglia e Ambrosio ritengono che le condizioni alleate non possano a quel punto che essere accettate. Carboni dichiara invece che il Corpo d’armata da lui dipendente, schierato a difesa di Roma, non può difendere la città dai tedeschi per mancanza di munizioni e carburante. Badoglio non si pronuncia. Nel pomeriggio il re Vittorio Emanuele lo riceve comunicandogli che accetta le condizioni dell’armistizio.
Un telegramma di conferma è inviato agli Alleati, in cui si preannuncia anche l’imminente invio del generale Castellano. Il telegramma è intercettato dalle forze tedesche in Italia che, già in sospetto di una simile possibile soluzione, mettono sotto pressione Badoglio attraverso il generale Carboni.
La delega di firma per l’armistizio
Il 2 settembre Castellano, giunto Cassibile, non ha con sé alcuna autorizzazione scritta a firmare. Badoglio non gli fornisce deleghe per la firma. Castellano sottoscrive il testo di un telegramma da inviare a Roma, redatto dal generale Bedell Smith, in cui si richiede l’autorizzazione a firmare l’armistizio per conto di Badoglio. Si precisa che, senza tale firma, le trattative sono immediatamente rotte. Ciò, naturalmente, perché in assenza di un accredito ufficiale, la firma di Castellano impegna solo lo stesso generale, non il governo italiano.
Nessuna risposta perviene tuttavia da Roma. Al che, nella prima mattinata del 3 settembre, per sollecitare la delega, Castellano invia un secondo telegramma a Badoglio. Questa volta risponde quasi subito con un radiogramma in cui chiarisce che il testo del telegramma del 1º settembre è già un’implicita accettazione delle condizioni di armistizio poste dagli Alleati.
Di fatto continua a mancare una delega a firmare e si deve attendere un ulteriore telegramma di Badoglio, pervenuto solo alle 16,30. Oltre all’esplicita autorizzazione a firmare l’armistizio per conto di Badoglio, il telegramma informa che la dichiarazione di autorizzazione è depositata presso l’ambasciatore britannico in Vaticano D’Arcy Osborne. A quel punto si procede alla firma del testo dell’armistizio ‘breve’:
1) Cessazione immediata di ogni attività ostile da parte delle Forze Armate Italiane.
2) L’Italia farà ogni sforzo per rifiutare ai tedeschi tutto ciò che potrebbe essere adoperato contro le Nazioni Unite.
3) Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno consegnati immediatamente al Comandante in Capo alleato e nessuno di essi potrà ora o in qualsiasi momento essere trasferito in Germania.
4) Trasferimento immediato della flotta italiana e degli aerei italiani in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo alleato, con i dettagli di disarmo che saranno fissati da lui.
5) Il naviglio mercantile italiano potrà essere requisito dal Comandante in Capo alleato per supplire alle necessità del suo programma militare-navale.
6) Resa immediata della Corsica e di tutto il territorio italiano, sia delle isole che del continente, agli alleati, per essere usati come base di operazioni e per altri scopi, a seconda delle decisioni degli alleati.
7) Garanzia immediata del libero uso da parte degli alleati di tutti gli aeroporti e porti navali in territorio italiano, senza tener conto dello sviluppo dell’evacuazione del territorio italiano da parte delle forze tedesche. Questi porti navali e aeroporti dovranno essere protetti dalle Forze Armate italiane finché questo compito non sarà assunto dagli alleati.
8) Immediato richiamo in Italia delle Forze Armate italiane da ogni partecipazione alla guerra, in qualsiasi zona in cui si trovino attualmente impegnate.
9) Garanzia da parte del Governo italiano, che, se necessario, impiegherà tutte le sue forze disponibili per assicurare la sollecita e precisa esecuzione di tutte le condizioni dell’armistizio.
10) Il Comandante in Capo delle Forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi misura che egli riterrà necessaria per la protezione degli interessi delle Forze alleate, per la prosecuzione della guerra, e il Governo italiano si impegna a prender quelle misure amministrative e di altro carattere, che potranno essere richieste dal Comandante in Capo, e in particolare il Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato in quelle parti del territorio italiano, ove egli lo riterrà necessario nell’interesse militare delle Nazioni alleate.
11) Il Comandante in Capo delle Forze alleate avrà pieno diritto di imporre misure di disarmo, di smobilitazione e di smilitarizzazione.
12) Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario, che l’Italia dovrà impegnarsi ad eseguire, saranno trasmesse in seguito.
Le condizioni di questo armistizio non saranno rese pubbliche senza l’approvazione del Comandante in Capo alleato. Il testo inglese sarà considerato il testo ufficiale.
La firma dell’armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943
Alle 17 del 3 settembre 1943 appongono la loro firma Castellano, a nome di Badoglio, e Bedell Smith, a nome di Eisenhower. Sono presenti anche Harold Macmillan, ministro britannico distaccato presso il Quartier Generale delle Forze alleate, e Robert Murphy, rappresentante personale del Presidente degli Stati Uniti. Il generale Eisenhower blocca in extremis la partenza di cinquecento aerei in procinto di decollare per una missione di bombardamento su Roma, minaccia che sveltisce i dubbi di Badoglio.
A Castellano sono solo allora sottoposte le clausole contenute nel testo dell’armistizio ‘lungo’, già presentate invece dall’ambasciatore Campbell al generale Zanussi, anch’egli presente a Cassibile. Bedell Smith sottolinea che le clausole aggiuntive contenute nel testo dell’armistizio “lungo” hanno tuttavia un valore dipendente dalla effettiva collaborazione italiana alla guerra contro i tedeschi.
Nel pomeriggio dello stesso 3 settembre Badoglio si riunisce con i ministri della Marina, De Courten, dell’Aeronautica, Sandalli, della Guerra, Sorice, presenti il generale Ambrosio e il ministro della Real Casa Acquarone: non fa cenno alla firma dell’armistizio, riferendosi semplicemente a trattative in corso.
Hitler, il 7 settembre, chiede al suo comando di formalizzare in un ultimatum le pressanti richieste che i comandi militari tedeschi fanno al comando supremo italiano. L’ultimatum doveva essere firmato da Hitler il 9 settembre, ma l’annuncio dell’armistizio lo rende inutile.
Nelle prime ore del mattino del 3 settembre, dopo un bombardamento aeronavale alleato delle coste calabresi, inizia fra Villa San Giovanni e Reggio Calabria lo sbarco di soldati della 1ª Divisione canadese e di reparti britannici. Si tratta di un imponente diversivo per concentrare l’attenzione dei tedeschi molto a sud di Salerno, dove avrà invece luogo lo sbarco principale.
Il proclama di Badoglio dell’8 settembre 1943
Due americani, il generale di brigata Maxwell D. Taylor e il colonnello William T. Gardiner, sono inviati in segreto a Roma per verificare le reali intenzioni degli italiani e la loro effettiva capacità di supporto per i paracadutisti americani. La sera del 7 settembre incontrano il generale Carboni, responsabile delle forze a difesa di Roma. Carboni manifesta l’impossibilità delle forze italiane di supportare i paracadutisti americani e la necessità di rinviare l’annuncio dell’armistizio.
Gli americani chiedono di vedere Badoglio, il quale conferma l’impossibilità di un immediato armistizio. Taylor constata di persona la situazione e invia un messaggio quella stessa sera ad Eisenhower chiedendo la cancellazione dei lanci aviotrasportati. Taylor nel timore che il suo messaggio non sia ricevuto, re-invia lo stesso messaggio nel pomeriggio dell’8 settembre.
Il messaggio arriva proprio pochi minuti prima che i primi aerei decollino. Eisenhower, avvisato dei fatti, fa annullare l’azione dei paracadutisti e decide di rendere pubblico l’armistizio. Alle 18:30 dell’8 settembre gli alleati annunciano l’armistizio dai microfoni di Radio Algeri. Dato che la radio di Roma tace, la radio di Algeri trasmette il messaggio in italiano. Alle 18:45 un bollettino della Reuters raggiunge Vittorio Emanuele e Badoglio al Quirinale. Il re decide di confermare l’annuncio degli americani.
L’armistizio è reso pubblico alle 19:45 dell’8 settembre dai microfoni dell’EIAR che interrompe le trasmissioni per trasmettere il proclama, registrato precedentemente da Badoglio, che annuncia l’armistizio alla nazione:
«Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.»
L’armistizio “lungo” viene firmato il 29 settembre alle 11:30 nelle acque antistanti l’isola di Malta a bordo della corazzata britannica HMS Nelson dal generale Eisenhower per gli Alleati e dal maresciallo Badoglio per il Regno d’Italia. In esso vengono precisate le condizioni di resa imposte al Regno d’Italia dagli Alleati già contenute genericamente nell’armistizio di Cassibile.
Le conseguenze dell’armistizio di Cassibile
All’alba del 9 settembre, il re, la regina, il principe ereditario, Badoglio, due ministri del Governo e alcuni generali dello stato maggiore abbandonano Roma dirigendosi verso Brindisi per mettersi in salvo dal pericolo di una cattura da parte tedesca. Il progetto iniziale è trasferire con il re anche gli stati maggiori al completo delle tre forze armate, ma solo pochi ufficiali raggiungono Brindisi.
L’esercito italiano, abbandonato a se stesso senza ordini e piani precisi e in totale sbandamento, non è in grado di opporre un’efficace e coordinata resistenza alla ovvia e prevedibile reazione tedesca (a parte gli episodi di Cefalonia e del Dodecaneso), disintegrandosi e finendo in larga parte preda dei tedeschi. La Regia Marina, ancorata nei porti da circa un anno per penuria di carburante, deve consegnarsi nelle mani degli Alleati a Malta come prescritto nelle condizioni di armistizio.
Le armate tedesche, con l’Operazione Achse, occupano agevolmente oltre due terzi del territorio nazionale e tutti i territori in Francia, nei Balcani e in Grecia, e catturano seicentomila militari italiani. Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vengono posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accetta l’arruolamento.
Gli altri vengono considerati prigionieri di guerra. In seguito cambiano status divenendo “internati militari italiani” (per non riconoscere loro le garanzie delle Convenzioni di Ginevra), secondo un’interpretazione assolutamente unilaterale voluta da Hitler. Con la subitanea avanzata alleata in Calabria e gli sbarchi del 9 settembre di Salerno e Taranto il restante terzo del Paese è rapidamente occupato dagli angloamericani.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Il Mulino, 2006.
- Marco Gasparini, 8 settembre 1943. Le immagini della storia, Edizioni del Capricorno, 2013.
- Gianni Oliva, L’Italia del silenzio. 8 settembre 1943: storia del paese che non ha fatto i conti con il proprio passato, Mondadori, 2013.
Ho scoperto nuovi fatti e aumentata la passione per la storia vera.Grazie!