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La campagna italiana di Russia
Già dai primi di giugno 1941, in previsione dell’ormai certa campagna tedesca sul fronte orientale, Mussolini attiva il generale capo di stato maggiore dell’esercito Ugo Cavallero per accelerare i preparativi di costituzione di un corpo d’armata forte di tre divisioni per partecipare all’invasione.
L’offerta di Mussolini viene formalmente accettata, pur senza eccessivo entusiasmo, da Adolf Hitler con lettera consegnata all’Ambasciata italiana di Berlino il 22 giugno 1941, giorno dell’inizio delle operazioni sul fronte orientale.
Le motivazioni di Mussolini
Il principale desiderio di Mussolini è quello di “riequilibrare” lo stato dell’alleanza con la Germania nazista, in quel momento fortemente sbilanciato in favore dei tedeschi. In tale ottica, la partecipazione italiana alla campagna di Russia deve pareggiare l’intervento dell’Afrika Korps tedesco in Libia.
L’Italia dopo le disastrose campagne italiane in Grecia e Nord-Africa tra il 1940 e il 1941, perde credibilità agli occhi dei tedeschi e Mussolini desidera far riacquistare all’esercito autorevolezza. Vi sono poi le considerazioni ideologiche: la lotta al bolscevismo è uno dei principi fondamentali del fascismo, e Mussolini sottolinea come l’Italia non può rimanere estranea ad una guerra di carattere soprattutto ideologico.
Questa decisione contribuisce a disperdere ulteriormente le forze armate italiane già impegnate nei Balcani, in Africa, nell’occupazione della Francia e nella difesa del territorio nazionale, e questo fatto assieme alle difficoltà economiche e industriali del paese, rende estremamente difficile organizzare un nuovo contingente per il fronte russo.
CSIR – Corpo di spedizione italiano in Russia
Al Corpo d’armata vengono assegnate tre divisioni dichiarate “auto-trasportabili”, la 9ª Divisione fanteria “Pasubio“, la 52ª Divisione fanteria “Torino” e la 3ª Divisione celere “Principe Amedeo Duca d’Aosta” e il Comando aviazione. In totale il CSIR dispone di 62.000 uomini, 83 aerei, 220 cannoni di calibro tra i 20 e i 105 mm, 92 cannoni anticarro da 47/32, 4.600 animali da soma, sella e tiro e 5.500 automezzi.
Le divisioni “auto trasportabili” sono poi una via di mezzo tra una divisione di fanteria e una motorizzata, dettata dalla necessità e dalla scarsità di mezzi. Infatti per ogni divisione il parco automezzi è insufficiente. Inoltre la scarsità di mezzi corazzati limita fortemente la potenza di fuoco e di mobilità del corpo, e solo la “Celere” dispone dell’unica unità corazzata dello CSIR, ovvero 60 carri leggeri di tipo L3/33 da 3 tonnellate.
Tale divisione è il meglio che il Regio Esercito può offrire per l’occasione, a testimonianza delle grosse mancanze strutturali dell’esercito. Il Corpo di spedizione italiano in Russia viene quindi inviato sul fronte russo e durante il lungo trasferimento l’iniziale comandante dello CSIR, il generale di corpo d’armata Francesco Zingales, viene colto da malore e sostituito nell’incarico con il generale Giovanni Messe, il 17 dello stesso mese.
Il Corpo d’armata, fin dal suo arrivo in zona di operazioni, è posto alle dipendenze dell’11ª Armata tedesca del generale Eugen Ritter von Schobert, schierata in Ucraina meridionale nel settore operativo del Gruppo d’armate Sud guidato dal feldmaresciallo Gerd von Rundstedt.
Potenziare lo CSIR
La prospettiva di inviare sul fronte orientale ulteriori forze a potenziare la presenza italiana nasce già nell’estate del 1941, mentre ancora deve svolgersi il trasferimento completo dello CSIR. Mussolini il 14 luglio ordina ufficialmente al generale Mario Roatta, Capo di stato maggiore del Regio Esercito, di iniziare i preparativi per organizzare un ulteriore corpo d’armata per il fronte russo. Sei settimane dopo Mussolini sollecita Hitler perché approvi l’invio di ulteriori truppe.
I tedeschi sono generalmente indifferenti alle proposte italiane e rimandano per parecchio tempo la decisione. Nel frattempo il 15 novembre i comandi militari italiani danno disposizione di approntare per la primavera successiva altri due corpi d’armata da inviare al fronte orientale.
Le motivazioni che spingono il Duce alla decisione di rinforzare la presenza italiana a fianco dell’alleato tedesco sono fondamentalmente le stesse che lo spingono ad inviare nell’estate del 1941 lo CSIR:
- acquistare “peso” nei confronti degli altri due alleati dell’Asse, Romania e Ungheria, che partecipano con cospicue forze all’invasione dell’Unione Sovietica;
- riequilibrare i rapporti con la Germania dopo la disastrosa esperienza della “guerra parallela” in Grecia e le sconfitte nel Mediterraneo e Nord Africa;
- partecipare alla spartizione delle zone conquistate e alla successiva avanzata in Medio oriente che il leader prospetta dopo la vittoria in Unione Sovietica.
Dopo l’iniziale indifferenza, il 29 dicembre 1941 Hitler comunica a Mussolini di aver accettato le sue richieste di invio di ulteriori forze in Unione Sovietica. Ciò è ovviamente legato al fatto che l’operazione Barbarossa, nonostante le grandi vittorie, non si è risolta in modo decisivo. Il dittatore tedesco prospetta per il 1942 nuove offensive per le quali ha bisogno delle truppe dei Paesi alleati. All’inizio del 1942 iniziano dunque i preparativi per allestire una nuova armata.
ARMIR – Armata italiana in Russia
Il Comando supremo della Wehrmacht manifesta il desiderio che le nuove divisioni italiane abbiano il miglior equipaggiamento possibile, anche a discapito di quelle già dislocate nei Balcani o in Italia. A Ugo Cavallero non rimane altra scelta di attingere direttamente alle scorte e convogliare le risorse verso la nuova VIII Armata piuttosto che in Nordafrica.
Il Comando dell’VIII Armata entra in funzione il 1º maggio 1942 e ha sotto le sue dipendenze:
- lo CSIR che assume la denominazione di XXXV Corpo d’armata,
- il II Corpo d’armata con le divisioni di fanteria “Cosseria“, “Ravenna” e “Sforzesca“,
- il Corpo d’armata Alpino con le divisioni alpine “Cuneense”, “Julia” e “Tridentina“.
- la divisione di fanteria “Vicenza“, destinata alla sicurezza delle retrovie, due raggruppamenti di camicie nere(“23 Marzo” e “3 Gennaio“).
L’equipaggiamento di armi e veicoli consiste in 224 mitragliatrici da 20 mm, 28 cannoni da 65/17, 600 pezzi d’artiglieria, 52 cannoni contraerei moderni da 75/46, 297 cannoni anticarro da 47/32 (di cui 19 semoventi) a cui si aggiungono 36 pezzi da 75/32 del 201º Reggimento artiglieria motorizzato e 54 cannoni anticarro da 75 forniti dai tedeschi non appena questi vengono a sapere della vulnerabilità delle divisioni italiane agli attacchi dei carri armati.
La costituzione di questa nuova armata, costituita da circa 229 mila uomini, pesa notevolmente sull’Italia. Perciò è inevitabile che la preparazione delle forze destinate in Russia vada decisamente a discapito degli altri teatri. Al comando dell’armata è scelto il generale Italo Gariboldi, ufficiale di stato maggiore di grande esperienza, che ha ricoperto posizioni di comando in Nordafrica a fianco delle forze tedesche e come governatore generale della Libia.
I compiti dell’ARMIR
L’apporto italiano nell’estate resta quindi sostanzialmente quello del 1941: rincalzo alle grandi unità motorizzate tedesche e riserva da impiegare nel tamponamento delle controffensive sovietiche. L’VIII Armata è mandata sul Don nel quadro della nuova strategia di Hitler per l’estate 1942, che prevede un grande attacco sul fronte sud con obiettivo Stalingrado (nodo strategico delle comunicazioni russe) e il Caucaso (ricco di petrolio).
Le forze di Gariboldi vengono quindi utilizzate per l’occupazione statica di un tratto del fronte del Don lungo duecentosettanta chilometri, tra Pavlovsk e la foce del fiume Chopër, dove fin dai primi giorni sono impegnate a resistere a continui e logoranti attacchi sovietici.
La Seconda battaglia difensiva sul Don, la fine dell’ARMIR
Dopo l’accerchiamento delle forze tedesche a Stalingrado (operazione Urano), la successiva offensiva sovietica (operazione Piccolo Saturno) iniziata il 16 dicembre 1942 travolge il II e il XXXV Corpo d’armata italiano. Esse fanno parte dello schieramento meridionale dell’VIII Armata, e sei divisioni italiane assieme a forze tedesche e rumene sono costrette a una precipitosa e disordinata ritirata.
Il 15 gennaio 1943 una seconda grande offensiva sovietica (offensiva Ostrogorzk-Rossoš) a nord del Don travolge il Corpo Alpino ancora in linea. Gli alpini, mal equipaggiati e a corto di rifornimenti, iniziano una ritirata nella steppa, incalzati dalle divisioni sovietiche e costretti a patire enormi sofferenze. La rotta costa alle forze italiane decine di migliaia di perdite e si conclude il 31 gennaio, quando la Divisione “Tridentina” raggiunge i primi avamposti tedeschi a Šebekino.
Con la sostanziale distruzione dell’8ª Armata ha di fatto termine la partecipazione italiana alla campagna sul fronte orientale. A partire dal 6 marzo, i sopravvissuti delle divisioni italiane verranno progressivamente rimpatriati.
Gravissime in particolare le perdite delle divisioni italiane durante le offensive sovietiche di dicembre e gennaio: circa 84.930 perdite totali con enormi perdite di materiali e mezzi.
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