CONTENUTO
Dalla disfatta di Caporetto alle ali sciolte al vento di Vittorio Veneto: Armando Diaz è il Generale dell’insperata vittoria dell’Italia nella Prima Guerra mondiale.
Armando Diaz: istruzione e carriera militare fino al 1917
Armando Vittorio Antonio Giovanni Nicola Diaz nasce a Napoli, il 5 dicembre 1861, da Ludovico Diaz e Irene Cecconi, in una famiglia di militari e magistrati. Avviato alla carriera militare, frequenta le prestigiose accademie e scuole militari di Torino. L’istruzione familiare e accademica, aggiunte al suo autorevole temperamento, fanno di lui un militare eclettico, capace di convivere brillantemente sia con l’aspetto più pratico del mestiere e sia con l’aspetto più politico e istituzionale.
Nel maggio 1912 è inviato in Libia per comandare, in sostituzione temporanea, un reggimento di fanteria; qui dimostra tutte le sue qualità di vertice, oltre che di affetto e fiducia verso i soldati. Esse sono confermate quando è ferito in battaglia e decide di non ricevere cure prima della vittoria (presso Sidi Bilal, Zanzur) e da un regime di disciplina generoso, sempre attento alle condizioni di vita dei reparti. A seguito della ferita riportata viene rimpatriato dalla Libia nel settembre dello stesso anno.
Nel complesso la carriera dell’ufficiale Diaz si svolge presso gli uffici del comando del corpo di Stato Maggiore, spesso in capo all’Ufficio di segreteria poiché abile a dare prova costante di mente acuta, riflessiva, di tatto squisito e di assoluta riservatezza.
In previsione dell’imminente conflitto il Capo di Stato Maggiore, Luigi Cadorna, lo richiama a Roma per la fase preparatoria, nel 1915 parte per il fronte giulio per poi, l’anno seguente, diventare Comandante effettivo della 49° divisione di fanteria dislocata sul Carso.
La disfatta di Caporetto e la nomina a Capo di Stato Maggiore di Armando Diaz
Tutti gli eserciti schierati nei diversi fronti europei sono logorati dalla terribile guerra di posizionamento, o di trincea, nuova anche ai più aggiornati manuali militari dell’epoca. Col passare delle stagioni il morale dell’esercito italiano è sempre più esacerbato da una situazione che non si sblocca e da una disciplina militare rigidissima imposta da Luigi Cadorna.
Il 24 ottobre 1917 gli austro-ungarici, forti di alcuni reparti tedeschi sopraggiunti in rinforzo dal fronte russo (tra i tedeschi c’è anche Erwin Rommel, futuro feldmaresciallo della Germania nazista), danno inizio ad una potente offensiva che, in pochi giorni, costringe gli italiani dapprima ad una ritirata ma poi, molto presto, ad una vera e propria rotta.
La portata dell’evento è tragica e le conseguenze politico-militari ricadono sui vertici: il presidente del consiglio Paolo Boselli si dimette e al suo posto si insedia Vittorio Emanuele Orlando; anche Luigi Cadorna viene rimosso dall’incarico e, il Re Vittorio Emanuele III, su indicazione del ministro della Guerra Vittorio Luigi Alfieri e il presidente Orlando, decide di nominare Armando Diaz nuovo Comandante Supremo dell’esercito italiano.
La ristrutturazione dell’esercito di Diaz e la resistenza sul Piave
L’8 novembre riceve il nuovo incarico e nel suo primo comunicato Diaz afferma:
«Assumo la carica di capo di Stato Maggiore dell’esercito e confido sulla fede e l’abnegazione di tutti.»
L’Italia inizia ora la sua guerra difensiva. Per prima cosa Diaz sceglie di confermare la nuova linea difensiva sul Piave e di condurre lì le battaglie d’arresto nelle settimane successive alla rotta di Caporetto. Seguono, al mantenimento delle posizioni, ordini e disposizioni di rottura con la precedente politica di comando:
- Il Comando supremo è riorganizzato, valorizzando anche i ruoli del sottocapo Badoglio e del generale addetto Scipioni e ridefinendo chiaramente compiti e responsabilità degli uffici operativi e di segreteria.
- Il Generale si riserva il compito di intrattenere costanti rapporti con il Re, il governo e gli alleati, promuovendo una collaborazione attiva, rifiutando ingerenze tra le rispettive sfere di responsabilità e comando.
- La qualità della vita al fronte viene migliorata, licenze e permessi sono accordati con più flessibilità e sono abbandonate le pratiche di decimazione.
- I servizi informativi sono ampliati e sono istituite le reti degli ufficiali di collegamento, assicurando un flusso costante di notizie dal fronte.
- Intellettuali ed esperti formano il servizio P di propaganda, con il compito di risollevare il morale delle truppe attraverso i giornali di trincea (la promessa di terre ai reduci è la mossa di propaganda più efficace tra tutte).
La guerra difensiva del Diaz rientra ora nella logica del posizionamento, supportato dalla popolazione civile e dai rifornimenti alleati (importantissime le maschere antigas inglesi e le artiglierie francesi, oltre che reparti a disposizione tra le riserve), e in attesa dell’offensiva estiva austro-ungarica.
Alle 3:00 del 15 giugno 1918 gli austro-ungarici avviano le operazioni d’attacco; bombardano le posizioni alleate con artiglieria e gas (questi ultimi non più decisivi grazie al contributo inglese), utilizzano l’aviazione per impegnare le difese italiane e garantire ai propri fanti di oltrepassare il Piave.
Il servizio di informazioni e la rete degli ufficiali di collegamento svolgono un ruolo decisivo, la strategia del nemico è nota e all’inizio dei bombardamenti austriaci seguono immediatamente le controffensive italiane. A Padova, presso il Comando supremo, Diaz e i suoi collaboratori vivono giornate di autentica apnea emotiva, ricevono aggiornamenti e assegnano ordini, studiano carte geografiche e quadri plastici; Diaz rimane lucido e si impegna a ispirare fiducia (tuttavia fuma, solo nel primo giorno, circa cento sigarette).
Il terzo giorno è decisivo e le sorti della battaglia si rivelano benevoli all’esercito italiano. Le forze austro-ungariche sono sistematicamente respinte oltre il Piave e molti soldati, nella ritirata, annegano nella piena del fiume. L’Italia è salva dirà al Re Vittorio Emanuele III di Savoia.
Armando Diaz: da Vittorio Veneto al Bollettino della vittoria
Armando Diaz è invitato da molte parti, governo e alleati per primi, a lanciare una offensiva risolutiva del conflitto ma, guidato da temperamento e prudenza, decide di non rischiare tutto proprio in quel momento di euforia e di richiedere l’invio di rinforzi statunitensi arrivati in gran numero sul fronte occidentale.
Alla fine di agosto il Generale italiano si reca in Francia per informare personalmente della situazione Ferdinand Foch, comandante supremo delle forze alleate, che promette rinforzi sul Piave non prima del nuovo anno. Armando Diaz e il Comando supremo italiano tuttavia, si rendono conto che la fine della guerra potrebbe concretizzarsi prima della fine dell’anno, e che dunque è necessario evitare di ritrovarsi vincitori con territori ancora occupati.
Mentre si preparano i piani per l’offensiva decisiva, gli alleati avanzano sul fronte occidentale e agli inizi di ottobre il presidente Orlando, vista già attiva la diplomazia tedesca, teme davvero la fine della guerra senza una chiara vittoria italiana. Il capo del governo arriva quasi a sollevare Diaz dall’incarico, salvo poi constatare egli stesso che sul Piave tutto è pronto ma la piena del fiume impedisce l’avvio dell’offensiva.
Alla fine il 24 ottobre 1918 iniziano, nelle prime ore notturne, le prime operazioni offensive italiane; per giorni si combatte con il rischio di un fallimento per l’intera offensiva; il Piave non facilita l’attraversamento dei fanti italiani e sul Grappa gli austro-ungarici reagiscono con violenza agli attacchi del regio esercito. Per quattro giorni gli austro-ungarici combattono e difendono valorosamente le loro posizioni, tuttavia sempre più reparti disertano e abbandonano le posizioni.
Dal 29 ottobre si percepisce chiaramente che la sconfitta incombe sull’esercito imperiale, Vittorio Veneto è liberata quel giorno e da ora in poi la battaglia si trasforma in un inseguimento frenetico degli italiani che, mentre sono in corso le trattative per l’armistizio, tentano di avanzare il più possibile prima del cessate il fuoco definitivo.
Il 4 novembre 1918 entra in vigore l’armistizio e viene pubblicato il Bollettino della Vittoria:
«La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.
Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.»
Nel 1921, oltre che con varie onorificenze, Diaz è premiato con l’appellativo di “Duca della Vittoria”. Muore il 29 febbraio 1929 a Roma.
Revisionato da Mirko Muccilli, Comitato Scientifico di Fatti per la Storia.
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