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L’assegnazione dei Mondiali: la prima volta di Buenos Aires
I Campionati del Mondo di calcio sono un evento che, da sempre, richiama l’attenzione di tutto il Mondo, essendo la seconda manifestazione più attesa e seguita solo dopo le Olimpiadi. Organizzati ogni quattro anni, fino all’edizione del 1990 vale la regola che i Paesi organizzatori devono essere, alternativamente, un Paese europeo ed uno sudamericano: a partire dal 1994, si è aperto anche a Nord America, Asia (2002), Africa (2010) e, con l’edizione del 2022, anche in Medio oriente.
In base a questa regola, dopo i Mondiali tedesco-occidentali del 1974 (quindi Europa), l’organizzazione spetta ad un Paese sudamericano: l’onere e l’onore tocca all’Argentina che ospita, di conseguenza, l’edizione numero XI.
A vincere il campionato mondiale, organizzato dal 1° al 25 giugno 1978, sono i padroni di casa che sconfiggono in finale i già vice-Campioni del Mondo dei Paesi Bassi. Il terzo posto va al Brasile che supera nella “finalina” l’Italia di Enzo Bearzot. Eppure l’edizione argentina è la più controversa di sempre, in quanto il Mondiale si disputa in un Paese sotto un regime dittatoriale di stampo autoritario, militare, filofascista ed anticomunista.
Come si può quindi assegnare i Mondiali all’Argentina? Per il semplice fatto che quando si assegnano quei Mondiali, nel 1964, nel Paese sudamericano non vi è al potere la giunta dei militari, ma il radicale Arturo Umberto Illia. Per questo motivo i Mondiali del 1978 sono noti non tanto per il gioco espresso dalle Nazionali partecipanti, ma per i fatti che succedono prima dell’inizio della kermesse. Per capire meglio la situazione, c’è da riavvolgere il nastro della storia argentina al 24 marzo 1976.
24 marzo 1976, la Junta al potere: inizia il Processo di Riorganizzazione Nazionale
Juan Domingo Peron è stato il politico argentino più noto, idolatrato dai suoi connazionali (progressisti ed conservatori) e con molti fan anche in diverse parti del Mondo. Già Presidente dal 1946 al 1955, Peron, terzomondista convinto, è mandato in esilio e tra il 1955 ed il 1973, l’Argentina conosce una forte crisi sociale e politica con cambi frequenti di guida presidenziale e militari al potere.
La situazione peggiora con i primi anni Settanta, quando nel Paese sudamericano sono attive due forze contrapposte che mal si sopportano: la Tripla A (Alianza Anticomunista Argentina) e l’Esercito Rivoluzionario del Popolo (ERP). Buenos Aires, durante l’esilio di Peron in Spagna, vive un periodo di instabilità politica con diversi colpi di stato (una cosa molto diffusa allora in Sud America) e tutti vogliono che un giorno Peron torni al potere per ristabilire l’ordine nel Paese.
Peron torna in Argentina nel giugno1973, vince le elezioni politiche del settembre 1973 con un Partito giustizialista senza la parte “di sinistra” e rimane al potere fino al 1° luglio 1974 quando muore e il suo incarico passa alla moglie Isabel Martinez detta “Isabelita”, già sua vice.
Nonostante gli sforzi, la Martinez non si dimostra all’altezza non tanto per la sua impreparazione o incapacità, ma perché il Paese sta vivendo da qualche anno molti problemi al suo interno di carattere economico, sociale e politico in un Paese che fa i conti con gli attentati e le violenze delle forze estremiste di destra e di sinistra.
Una delle forze eversive più forti è la Tripla A, associazione paramilitare di estrema destra guidata da José López Rega, tristemente nota per l’eccidio dell’aeroporto di Ezeiza dove, il 20 giugno 1973, tredici persone muoiono ed altre 365 rimangono ferite, proprio il giorno del ritorno di Peron dal suo esilio in Spagna: solo all’ultimo Peron cambia aeroporto di arrivo, ma uomini della Tripla A fanno fuoco sulla folla, colpendo esponenti della sinistra peronista e dei Montoneros. Questa strage pone fine al rispetto tra le forza peroniste di destra e sinistra nel Paese. Il Paese diventa una bomba e manca solo l’innesto per la sua “esplosione”.
Lopez Rega, che nel suo periodo di massimo splendore politico gode anche dell’appoggio indiretto delle forze armate, si dimette nel 1975 a seguito della situazione che sta vivendo il Paese. Oltre a questo, anche i militari stanno pensando di insorgere per cercare di portare un po’ di ordine nel Paese. Proprio un gruppo di militari decide di risolvere le problematiche del Paese con un golpe che si tiene il 24 marzo 1976. Alla guida di questo gruppo di militari il generale Rafael Videla, da meno di un anno capo dell’Esercito ed in pessimi rapporti con la Peron.

La notte del 24 marzo 1976, “Isabelita” Peron viene destituita ed il governo argentino passa nelle mani della Junta militar, composta dallo stesso Videla insieme ad Emilio Eduardo Massera e Orlando Ramon Agosti: il Paese ora è guidato dal capo dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica.
Inizia il periodo storico noto come Processo di Riorganizzazione Nazionale (Proceso de Reorganización Nacional), un periodo che serve a “riordinare” il Paese. Ma questo non avviene per nulla in maniera democratica, ma con la forza più bieca. Nel loro intento, i militari devono salvare il Paese dalla corruzione, dalla crisi economica e sociale ed invece fanno entrare gli argentini in un clima di paura e terrore.
I desaparecidos e la Guerra sporca in Argentina
I capisaldi dei dittatori sono l’autoritarismo, l’anticomunismo, il nazionalismo, il patriottismo ed il cattolicesimo: chi si mette contro di loro o chi sembra si possa mettere contro di loro viene arrestato. Dal punto di vista economico, i militari danno al Paese un forte stampo liberista, favorendo gli investimenti da parte di imprenditori ed investitori stranieri nel loro Paese, solo che il sistema economico è molto in difficoltà a causa di un’alta inflazione ed un deficit pubblico in salita vertiginosa.
Dal punto di vista della politica interna, la Junta militar è una vera e propria dittatura: chiude le sedi dei partiti politici, censura della stampa, impone il coprifuoco, viola sistematicamente i diritti umani e reprime le opposizioni. I militari militarizzano tutto piazzando altri militari in posti di comando, ripartiti tra le tre forze militari: un dominio a 360° che nessuno può fermare.
La Junta opera sin dall’inizio la “guerra sporca” (“guerra sucia”), combattendo tutto ciò che ha portato al decadimento del Paese: le persone (indistintamente uomini, donne, anziani, studenti, sindacalisti) vengono arrestate, rinchiuse in centri di detenzione dove sono torturate ed incarcerati.
Le torture consistono in scariche elettriche, ustioni sul corpo, rottura degli arti, pestaggi, waterboarding. Tutto questo senza che nessuno dica niente, anche perché nessuno sa veramente cosa succede in quei centri. Il centro di detenzione più celebre (tristemente) è stata la sede della ESMA (Escuela Superior de Mecánica de la Armada, Scuola di Meccanica dell’Esercito) di Buenos Aires, guidata dall’ammiraglio Massera. Se ne contano oltre quattrocento in tutto il Paese.
Chi entra lì dentro, difficilmente esce vivo e nessuno sa mai dire ai loro congiunti, parenti ed amici della loro sorte, perché tutti gli arresti non vengono mai registrati sui registri ufficiali e quindi sono “fantasmi”. Queste persone scomparse vengono ribattezzate (tristemente) desaparecidos (“spariti”). Si sa che tanti arrestati muoiono attraverso i “voli della morte”: narcotizzati, bendati e caricati su appositi aerei e poi buttati in mare aperto da grande altezza e lontani parecchi miglia dalle coste legati mani e piedi, cosicché muoiano in un luogo sperduto e dove nessuno mai troverà i loro corpi.
La Junta argentina, di conseguenza, appoggia la tristemente nota “operazione Condor”, un’operazione sostenuta dagli Stati Uniti d’America sotto la presidenza Nixon e con l’appoggio del suo Segretario di Stato, Henry Kissinger, attraverso la quale combattere tutti i movimenti eversivi di sinistra presenti in Sud America, il “giardino degli Stati uniti” come viene ribattezzato, onde evitare un effetto domino come nel Sud est asiatico tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Le Nazioni coinvolte nella “operazione Condor” sono Cile, Bolivia, Argentina, Uruguay, Brasile, Perù e Paraguay (oltre all’Argentina) attraverso i loro servizi segreti ed il beneplacito della Casa Bianca.
Come avviene in Italia nel 1934, anche in Argentina si usa il calcio per fini propagandistici. O meglio, la kermesse è usata per coprire per venticinque giorni (la durata del torneo) tutto ciò che si dice allora succeda in Argentina ma anche per far vedere al mondo che l’Argentina è una Nazione seria e calcisticamente avanzata. Per la triade al governo (Videla-Massera-Agosti), il Mundial è uno strumento di mera propaganda.
Il Mondiale del ’78 in Argentina tra organizzazione, partite e gol
L’ultimo Mondiale organizzato da un Paese posizionato sotto il Canale di Panama risale all’edizione 1962, quando il Cile organizza i settimi Campionati del Mondo. Per la seconda volta nella storia, la più seguita kermesse sportiva del Mondo si disputa in un Paese sotto un dominio dittatoriale: la prima volta è la seconda edizione (1934) quando ad ospitare il Mondiale è l’Italia, dal 1922 guidato da Benito Mussolini e dal fascismo.
Al terzo tentativo l’Argentina ha l’organizzazione, essendo bocciata per le edizioni del 1962 e del 1970. Nel 1964, visto che il Messico si aggiudica i Mondiali, otto anni dopo, quando tocca ancora al Sudamerica, l’edizione è aggiudicata dall’Argentina. Solo che la situazione allora in Argentina è molto grave per via della Junta militar e per la prima volta nella storia del Mondiali si parla di boicottaggio: Francia, Paesi Bassi e Svezia minacciano di non partecipare alla kermesse se non si opta per un altro Paese.
Sono contrarie all’organizzazione anche associazioni umanitarie poiché in Argentina c’è un problema di ordine sociale, con la persecuzione degli oppositori. L’Italia non boicotta la manifestazione, come già ha fatto due anni prima con la Nazionale di tennis che gioca la finale di Coppa Davis a Santiago del Cile contro i padroni di casa da tre anni in mano al regime autoritario e sanguinario del generale Augusto Pinochet.
Tre mesi prima dell’inizio del Mondiale la FIFA, la Federcalcio mondiale, per verificare che nel Paese ci siano davvero le condizioni per ospitare il Mondiale, invia a Buenos Aires il suo vice-Presidente, il tedesco occidentale Hermann Neuberger. Nel suo rapporto Neuberger non nota nulla di strano nel Paese. L’Argentina può così ospitare, una volta per tutte, quel chiacchieratissimo Mondiale. Come per le Olimpiadi estive di Berlino del 1936, si scopre che “tutto era a posto” solo all’apparenza visto che a Neuberger viene fatto vedere solo quello che il comitato organizzatore gli fa vedere.
La Junta militare investe qualcosa come 500 milioni di dollari del tempo e cambia aspetto a tutti i suoi impianti calcistici: troppo ghiotta è la possibilità di fare vedere che l’Argentina è un Paese rispettabile. E’ troppo ghiotta l’occasione magari per “far mangiare” tante persone. Dal punto di vista economico, ovviamente. L’organizzazione del Mondiale è affidata a Carlos Alberto Lacoste, contrammiraglio della Marina, che ha il controllo totale sull’evento tramite EAM78 (Ente Autárquico Mundial78) istituito nel luglio 1976. Diventato una sorta di istituto privato, EAM78 può spendere quanti dollari voglia senza dover tener conto della spesa pubblica.

Gli impianti scelti per il Mondiale sono il “Monumental” ed l’”Amalfitani” di Buenos Aires, il “Chateau Carreras” di Cordoba, l’”Estadio Mundialista” di Mar de la Plata, il “Lisandro de la Torre” (o “Gigante de Arroyo”) di Rosario e l’”Estadio Nuevo” di Mendoza. Si qualificano al Mondiale nove Selezioni europee (Italia, Austria, Polonia, Scozia, Francia, Spagna, Svezia, Ungheria, Paesi Bassi), due sudamericane (Brasile e Perù), una centroamericana (Messico), una africana (Tunisia) ed una asiatica, l’Iran. Debuttano al Mondiale proprio Tunisia e Iran. Qualificate di diritto i padroni di casa ed i campioni uscenti della Germania Ovest.
Le sedici squadre sono divise in quatto gruppi da quattro: Girone 1 (Argentina, Francia, Ungheria, Italia); Girone 2 (Germania Ovest, Polonia, Messico, Tunisia); Girone 3 (Brasile, Spagna, Svezia, Austria); Girone 4 (Paesi Bassi, Scozia, Perù, Iran). Si qualificano alla seconda fase a gironi (non sono previsti allora scontri ad eliminazione diretta) le prime due classificate di ogni girone: Italia ed Argentina; Polonia e Germania; Austria e Brasile; Perù e Paesi Bassi. La seconda fase a gironi vede le otto squadre qualificate divise in altri due gironi da quattro: le
vincenti dei gironi disputano la finale, le seconde la finale per il terzo e quarto posto.
La “marmellata peruviana”, la vittoria dell’Argentina sul Perù
L’Argentina è una squadra ben messa in campo, con ottime individualità, ma non è irresistibile ed ha qualche aiuto da parte di arbitri. La partita più discussa è quella giocata contro il Perù il 21 giugno al “Gigante de Arroyito” di Rosario: vincono gli argentini per 6-0 in una partita passata alla storia come “marmellata peruviana”.
L’ultima partita del girone B della seconda fase a girone vede l’Albiceleste fronteggiare il Perù campione del Sudamerica in carica ed il Brasile affronta a Polonia. Le due Nazionali biancorosse sono già eliminate mentre tra Albicelestre e verdeoro c’è in ballo il primo posto del girone, ovvero la qualificazione alla finale mondiale.
Il Brasile è avanti nella differenza reti con un ampio margine contro Passarella e soci, mentre i padroni di casa devono sconfiggere Cubillas e soci con almeno quattro gol di scarto, visto che i verdeoro hanno battuto i polacchi 3-1. Un risultato molto difficile da ottenere per i ragazzi del Commissario tecnico Cesar Menotti, visto che in cinque partite la squadra biancoceleste ha segnato solo sei reti. Un’impresa titanica anche se la Nazionale blanquirroja è già eliminata dal torneo e, nonostante il titolo di campione del Sudamerica, ha deluso le attese.
Ad arrivare in finale è la Nazionale argentina, lasciando ai rivali brasiliani la finalina. L’Argentina vince addirittura 6-0. Quella partita, storica a suo modo, è molto criticata per diversi motivi, tra cui il fatto che il portiere peruviano Quiroga non sia impeccabile nei 90 minuti. La cosa che fa storcere il naso è che lo stesso Quiroga è nato e vissuto in Argentina ed è diventato peruviano da poco tempo e tanti pensano che abbia favorito l’Albiceleste.
Argentina-Perù vede anche altri tre fatti particolari che coinvolgono la Nazionale peruviana: la sera prima del match, tantissimi tifosi argentini si piazzano sotto l’hotel che ospita Cubillas e compagni facendo rumore tutta notte per tenerli svegli ed irritarli; il giorno dopo il pullman che trasporta la Nazionale sbaglia due volte strada, passando tra i tifosi argentini che insultano gli avversari e si hanno momenti di tensione; Videla si dirige nello spogliatoio avversario e parla con alcuni dirigenti peruviani. Nessun seppe mai cosa dice, ma tempo dopo il Perù ha diverse tonnellate di grano dall’Argentina e si apre una importate linea di credito.
25 giugno 1978, Argentina mundial
Il 25 giugno 1978 si disputa la finalissima, teatro il grandissimo stadio “Monumental”, impianto del River Plate. E’ dalla finale di Svezia 1958 che non si affrontano due Nazionali che in caso di vittoria alzerebbero per la prima volta al cielo la Coppa del Mondo (in quel caso Svezia contro Brasile, con vittoria verdeoro).
Sugli spalti, la quasi totalità dei tifosi è di casa per un tifo sfrenato e costante: sembra davvero che la Junta sia solo un ricordo e tutto ciò che ha fatto nei due anni precedenti non sia mai esistito e che sia tutto un chiacchiericcio per mettere in cattiva luce la triade Videla-Massera-Agosti. I militari, tutti in tribuna, sono tronfi e seduti accanto ai vertici del calcio mondiale. Uno su tutti, il Presidente della Fifa, il brasiliano Joao Havelange.
La partita è vinta 3-1 da Passarella e soci ai supplementari: passano in vantaggio i padroni di casa con Kempes, Nanninga pareggia al minuto 82 e Rensenbrik colpisce il palo poco prima del 90’. Per la terza volta (dopo Italia ’34 e Inghilterra ’66), la finale mondiale si decide ai tempi supplementari e ad alzare la Coppa del Mondo è l’Argentina che al 105’ va sul 2-1 con Bertoni e dieci minuti dopo Mario Kempes segna il suo sesto gol nella manifestazione, chiudendo i conti sul 3-1.
L’Olanda è penalizzata perché ha un arbitraggio “casalingo”, con il fischietto italiano Gonella che fischia in favore degli argentini. Gli Oranje entrano molto prima dell’Argentina in campo a fare il riscaldamento, subendosi il tifo di casa, chiassoso e deconcentrante. Videla consegna direttamente a capitan Passarella, capitano del River Plate, quindi idolo di casa, la Coppa del Mondo. In campo e fuori, partono i festeggiamenti: per la prima volta, l’Argentina è sul tetto del Mondo.
E’ il trionfo di un intero Paese, ma è il trionfo della Junta militar che rimanda al mittente tutte le critiche rivoltole dalla comunità mondiale. Peccato che il “Monumental” è distante un chilometro in linea d’aria dal più grande campo di prigionia del Paese, l’ESMA.
Per tutta la durata della manifestazione, come avvenne nel 1936 a Berlino per le Olimpiadi estive, non si ha voce di crimini compiuti contro le opposizioni e davvero tutto sembra inventato. Il regime in quei giorni ferma la macchina della violenza e i carcerati possono sentire le telecronache delle partite e della finalissima e festeggiare insieme. Ma dopo pochi giorni ritornano la violenza, le persecuzioni ed il calpestamento dei diritti umani verso il popolo argentino.
Le “donne di plaza de Mayo” e la caduta della Junta
Finiti i festeggiamenti, la Junta continua nel completamento del suo Piano ma a partire dal marzo 1981 entra in crisi dal punto di vista governativo, poiché Videla deve cedere la guida del governo a Roberto Viola, tenente generale dell’Esercito, che guida il Paese fino alla fine dell’anno. In quel caso, la triade al potere prevede anche la presenza di Lambruschini e Rubens Graffigna, rispettivamente ammiraglio e comandante dell’aviazione militare.
Tra il dicembre 1981 al dicembre 1983 si alternano quattro capi di Stato diversi (Carlos Alberto Lacoste da marzo a dicembre 1981, Leopoldo Galtieri dal dicembre 1981 al giugno 1982, Alfred Oscar Saint-Jean dal giugno al luglio 1982 e Reynaldo Brignone dal luglio 1982 al dicembre 1983). Sono due gli eventi che portano alla fine della dittatura argentina, un evento sociale ed uno militare.
L’evento sociale è la nascita del movimento delle “madri di Plaza de Mayo” (Madres de Plaza de Mayo) e delle “nonne di Plaza de Mayo” (Abuelas de Plaza di Mayo) che si ritrovano in maniera sistematica e continua, fino alla fine della dittatura, davanti alla Casa Rosada, la sede del governo, manifestando in favore dei figli e dei nipoti arrestati dalla Junta e di cui non si hanno più notizie. Madri e nonne si trovano con in mano una candela accesa, un immagine del loro caro ed indossano in testa un fazzoletto bianco, che diviene il loro simbolo. Dapprima in poche, dopo poche settimane questo movimento fa proseliti e alle manifestazioni partecipano migliaia di donne.
Ma l’evento che fa cadere la dittatura è la guerra per il possesso delle isole Falklands/Malvine contro l’Inghilterra. Una guerra assurda e tatticamente sbagliata da parte dei militari argentini per il possesso di un’isola al largo delle coste argentine del Sud di “proprietà” della Gran Bretagna ma da sempre rivendicate da Buenos Aires. L’invasione militare argentina avviene il 19 marzo 1982 e la guerra termina il 14 giugno 1982 dopo tre mesi di aspri combattimenti tra il decadente esercito argentino ed il forte esercito inglese inviato dalla premier britannica Margaret Thatcher.
L’invasione e la guerra sono un colpo di coda della dittatura, ormai al tramonto della sua esistenza. I militari vogliono risollevare l’orgoglio argentino proprio puntando sul nazionalismo e sul patriottismo, ma, al termine del conflitto, Galtieri si dimette lasciando il ruolo di capo della dittatura a Saint-Jean. Come nel 1974 l’invasione di Cipro chiude l’esperienza della Grecia “dei colonnelli”, altri militari vedono frantumare il loro sogno autoritario.
Il 30 dicembre 1983 si tengono le elezioni politiche, vinte dal radicale Raul Ricardo Alfonsin, che diviene il nuovo inquilino della Casa Rosada: si scopre la macchina del terrore perpetrata dai militari e si sa che gli arrestati venivano torturati, narcotizzati, fatti salire su degli aerei legati, portati al largo e gettati in mare. Oltre che uccisi durante la prigionia.
Nel 1985 iniziano i processi contro i membri delle Juntas che si sono succedute e contro i singoli militari al potere. Tutti i membri di quelle Giunte militari oggi sono morti e sono stati tutti condannati all’ergastolo nei vari processi contro di loro. Il Paese del sole che ride ha chiuso i conti con il passato, ma nessuno dimenticherà i desaparecidos.
Gli eroi politici del Mondiale: Lobo, Flaco, Matador
I giocatori della Nazionale argentina dopo la vittoria divengono idoli incontrastati e negli anni successivi molti trovano ingaggi in Europa (Passarella, Ardiles, Bertoni e Tarantini), anche se tanti rimangono a giocare in Argentina. I protagonisti della Nazionale sono tre persone entrate nel mito del calcio argentino anche per come si pongono nei confronti della Junta: Jorge Carrascosa, Cesar Menotti e Mario Kempes, vale a dire l’ex capitano dell’Argentina, il Commissario tecnico ed il capocannoniere del Mondiale.
Jorge Carrascosa, molto conosciuto in Argentina e poco in Europa, è capitano della Seleccion e gioca nell’Huracán di Buenos Aires. Eppure Carrascosa, detto lobo (“lupo”), non prende parte al Mondiale e non può alzare la Coppa del Mondo al cielo. Non è infortunato ma per sua scelta dice al CT Menotti di non voler essere più convocato in Nazionale fino a quando ci sarebbe stata al potere la Junta. Oppositore del regime, quella scelta gli costa la carriera e tanti si chiedono come mai solo lui prende questa decisione molto polemica e (forse) controproducente.
Il Commissario tecnico Cesar Menotti, detto “Flaco” (magro) per la sua struttura fisica, dal 1974, dopo la debacle in Germania Ovest, è allenatore della Nazionale. E’ risaputo che Menotti è vicino alla sinistra argentina ma, nonostante questo, la Junta lo tiene al timone della Nazionale perché è importante solo vincere la coppa. Menotti è passato alla storia per il discorso motivazionale negli spogliatoi prima della finalissima in cui dice ai suoi giocatori di vincere per il popolo e non per i dittatori.
Mario Kempes, 24 anni allora, è l’unico giocatore della rosa argentina a giocare in Europa (milita nel Valencia) e il fatto che giochi all’estero non fa piacere alla Junta perché vuole che tutti i convocati giochino nel campionato di Primera division. Ma per Kempes viene fatta una “deroga”, in quanto per i suoi gol sarebbe passata la vittoria finale. Kempes, politicamente lontano dalla Junta, il 25 giugno decide di non stringere la mano a Videla e ai militari ed è obbligato dai compagni a partecipare alla conferenza stampa post vittoria onde evitare che tutti possano avere problemi con i militari.

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- D. Bianchessi, Una generazione scomparsa. I mondiali in Argentina del 1978, Jaca Book, Milano, 2017
- A. Cordolcini, Pallone desaparecido – L’Argentina dei generali e il Mondiale del 1978, Torino, Bradipolibri, 2011
- E. Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, Sperling & Kupfer, Milano, 1997
- P. Llonto, I mondiali della vergogna. I campionati di Argentina ’78 e la dittatura, Edizioni Alegre, Roma, 2010
- M. Novaro, La dittatura argentina (1976-1983), Carocci, Roma, 2005