CONTENUTO
Il governo degli ultimi Svevi (1250-1266)
L’Italia meridionale della prima metà del Duecento conosce il proprio periodo di splendore politico ed economico sotto la guida dell’imperatore Federico II di Svevia. Quest’epoca, che si protrae dal 1220 al 1250, è caratterizzata tuttavia anche da numerosi conflitti che l’imperatore deve sostenere, sia contro il papato, sia contro i comuni guelfi dell’Italia settentrionale. Alla sua morte, nel 1250, la posizione imperiale è molto precaria. Il figlio di Federico II, Corrado, ottiene il titolo di re di Germania, ma richiede dal papa Innocenzo IV anche il riconoscimento del titolo regale sul regno di Sicilia, poiché il regno di Sicilia è un dominio feudale del pontefice, detenuto dalla prima metà del XII secolo.
La politica papale in quegli anni vuole impedire in tutti i modi che i domini imperiali si estendano nuovamente fino alla lontana Sicilia, circondando di fatto i territori dello stato pontificio. Quest’ultimo comincia a svilupparsi un secolo prima, quando le rivendicazioni territoriali ereditate dai pontefici altomedievali iniziano a essere messe in pratica dai pontefici del XII secolo. Dal 1145 vengono infatti occupate una serie di fortezze laziali, che vanno a formare il primo nucleo territoriale dello stato, i castra specialia Ecclesie Romane.
La rudimentale forma di governo temporale che i papi strutturano nei decenni centrali del XII secolo è però minacciata dalle rivendicazioni imperiali di Federico I. Lo scontro tra il pontefice e Federico I indebolisce lo stato della Chiesa, che però riesce a mantenere le sue rivendicazioni temporali nell’Italia centrale. La morte dell’imperatore Enrico VI nel 1197 permette al papa Innocenzo III di consolidare il controllo pontificio su alcuni territori della penisola, fallendo tuttavia nel tentativo di sottomettere all’autorità papale le regioni della Toscana, della Romagna e della Sardegna.
Per impedire che le rivendicazioni di Corrado diventino realtà, il pontefice decide di ricercare un “campione della Chiesa”, ovvero un condottiero che possa prendere il governo del regno di Sicilia, sottostando però agli interessi di Roma. Inizialmente la scelta ricade su Edmondo, figlio del sovrano d’Inghilterra Enrico III. La morte di Corrado nel 1254 sembra risolvere la situazione nel migliore dei modi. Per governare e amministrare i territori meridionali viene infatti inviato il vicario papale Manfredi, principe di Taranto nonché figlio del defunto Federico II.
La fiducia del papato nei confronti dello Svevo si rivela tuttavia mal riposta, visto che Manfredi recide rapidamente i legami con il pontefice Alessandro IV, che decide così di scomunicarlo. Nonostante il drastico provvedimento di Roma, Manfredi riesce a completare la conquista di Lucera, da molti decenni sede di una colonia di Saraceni, e a sconfiggere lo stesso esercito pontificio nei pressi di Foggia, nel 1254. Alla vittoria sul piano militare si aggiunge anche un successo sul fronte politico, visto che i baroni del regno scelgono di eleggere Manfredi come loro sovrano.
I dodici anni che vanno dalla vittoria su Alessandro IV nel 1254 alla battaglia di Benevento nel 1266 sono generalmente favorevoli a Manfredi, che riesce a stabilizzare la propria posizione in Italia e nel Mediterraneo. Nella penisola infatti cerca di sostenere e rafforzare i gruppi ghibellini delle regioni del nord e del centro, vedendone i principali risultati quando la fazione ghibellina capitanata da Siena riesce a sconfiggere la fazione guelfa guidata dalla repubblica fiorentina nella battaglia di Montaperti, nel 1260. La vittoria militare conduce all’instaurazione di un governo ghibellino a Firenze per ben sei anni.
La politica del regno punta a estendere l’influenza imperiale anche nel Mediterraneo. Nel 1259 Manfredi, vedovo di Beatrice di Savoia, sceglie di sposare Elena, figlia del despota d’Epiro Michele II Ducas. Il matrimonio assicura allo Svevo alcuni territori e località costiere epirote, visto che Elena porta in dote l’isola di Corfù e le città di Durazzo, Valona e Butrinto. L’attività diplomatica di Manfredi si rivolge anche al Mediterraneo occidentale, dove rafforza l’intesa con Pietro III d’Aragona inviandogli come promessa sposa la figlia Costanza di Svevia nel 1258.
L’intervento militare di Carlo I d’Angiò (1265-1268)
Nel decennio di dominio di Manfredi, il papato mantiene sempre un clima molto teso con il regno di Sicilia, aspettando il momento propizio per ribaltare la situazione e spodestare la casata germanica. Papa Urbano IV decide così di eleggere Carlo I d’Angiò come campione della Chiesa, nominandolo inoltre senatore di Roma e scomunicando Manfredi nel 1262. Carlo è fratello del sovrano di Francia Luigi IX e, oltre a essere in controllo della contea d’Angiò, è dal 1246 anche in possesso della Provenza, regione che offre allettanti possibilità di espansione politica ed economica nel Mediterraneo. Carlo è ben consapevole che conquistare il regno di Sicilia gli permetterebbe di aumentare notevolmente il proprio prestigio in Europa.
Essere campione del pontefice comporta tuttavia due clausole principali:
- Carlo non deve alimentare pretese o rivendicazioni sui territori italiani e papali.
- Carlo è obbligato a impegnarsi nel promuovere una crociata per la riconquista di Gerusalemme, caduta in mano musulmana quasi due secoli prima.
Nel 1265 la campagna militare ha inizio. L’angioino, prima di intraprendere la spedizione, si assicura il pieno appoggio politico del pontefice e della potente famiglia dei Della Torre, che governa la ricca città di Milano. I costi per finanziare l’impresa vengono in larga misura sostenuti dai prestiti dei banchieri fiorentini e piacentini, oltre che dallo stato pontificio. Il 26 febbraio 1266 le forze di Carlo e quelle di Manfredi si scontrano per la prima e unica volta nei pressi di Benevento. Dalla battaglia esce vittorioso Carlo d’Angiò, mentre Manfredi e un gran numero di baroni del regno perdono la vita.
La decisiva vittoria del 26 febbraio porta Carlo a impadronirsi del regno, anche se il suo potere non è ancora del tutto consolidato. Nonostante il diffuso supporto che la fazione guelfa italiana concede all’angioino a seguito della battaglia, la sua posizione è minacciata dal figlio di Corrado IV, Corradino. Egli, supportato dalla fazione ghibellina, riesce a ottenere l’appoggio anche del principe di Castiglia Enrico e della popolazione siciliana, che insorge contro le truppe angioine con l’appoggio di reparti arabi. La sua discesa in Italia nel 1267 è supportata da numerose città del nord, ma alla fine viene sconfitto nel 1268 nella battaglia di Tagliacozzo e giustiziato poco dopo.
Il regno di Carlo I d’Angiò: i piani nel Mediterraneo
Le vittorie di Benevento e di Tagliacozzo regalano a Carlo d’Angiò uno stabile dominio sul regno di Sicilia e un’autorità riconosciuta dai principali stati italiani. In politica interna, Carlo I preferisce non modificare radicalmente la struttura amministrativa del regno, limitandosi a introdurre a capo di alcuni settori amministrativi suoi fedeli ufficiali provenzali.
In politica estera, l’attività del sovrano angioino è più estesa. In primo luogo, si concentra nel rafforzare la propria influenza nell’Italia settentrionale, ottenendo alcuni successi politici e diplomatici. Genova, principale avversaria economica di Carlo nel nord Italia, scende a patti con il nuovo sovrano. Siena, dopo Benevento, è oggetto di un colpo di mano da parte della fazione guelfa. Il figlio di Carlo riesce poi a ottenere il titolo di “re di Sardegna” da parte del pontefice nel 1263. Nell’Italia settentrionale, il potere di Carlo è infine rafforzato dal controllo di importanti città piemontesi, utili basi di appoggio per il suo progetto di espansione economica nella pianura Padana.
Nel Mediterraneo, Carlo eredita l’interesse politico esercitato in precedenza dalla dinastia sveva nei Balcani. Il sovrano angioino, infatti, rivendica ben presto i possedimenti in Albania meridionale detenuti dalla vedova di Manfredi, Elena Ducas. Perseguendo tale progetto, Carlo entra in possesso di Durazzo nel 1271, rafforzando inoltre la propria presenza con la costruzione di alcune fortificazioni a Berat, Krusa e nei dintorni. La testa di ponte lungo la costa albanese deve servire per un progetto ad ampio respiro che prevede l’attacco angioino al cuore del ricostituito Impero bizantino.
Il regno latino di Costantinopoli infatti, nato a seguito della dissoluzione dell’Impero bizantino nel 1204, è a sua volta caduto grazie al colpo di mano di Michele VIII Paleologo, sovrano dell’Impero di Nicea, che nel 1261 riesce a riconquistare la città sul Bosforo, restaurando parzialmente l’autorità di Bisanzio nei Balcani. Il deposto imperatore latino, Baldovino II, cerca in tutti i modi di riottenere il trono a Costantinopoli, trovando nel 1267 un valido alleato in Carlo I.
L’alleanza promette a Carlo I di ricevere diritti in Acaia e nell’Egeo, oltre che a rafforzare il proprio legame con Baldovino tramite un matrimonio tra la propria figlia e Filippo, figlio di Baldovino. Sebbene entri in possesso di Corfù e di Valona tra il 1272 e il 1274, gli anni ’70 del Duecento sono caratterizzati da una serie di insuccessi che fermano le ambizioni di Carlo sulla penisola balcanica, culminati nel 1281 con la cocente sconfitta subita a Berat contro le forze bizantine del Paleologo.
La via delle armi tuttavia non convince pienamente il pontefice, che preferisce un approccio più diplomatico con Costantinopoli, in vista di un possibile riavvicinamento religioso dopo il grande scisma del 1054. Nel 1274 si tiene a Lione un concilio che accetta la professione di fede di Michele VIII e della Chiesa greca. Questo atto ha l’obiettivo di favorire l’unione tra i due mondi cristiani affinché venga condotta una grande crociata contro i Turchi.
Compiere mosse politiche e militari con l’obiettivo di dare inizio a una crociata è una tematica ricorrente nei vent’anni di regno di Carlo. Nel 1270 egli stesso probabilmente fa pressioni sul fratello Luigi IX per dirottare la crociata che sta compiendo non più verso Gerusalemme, ma verso Tunisi. Carlo sicuramente ha più interessi nell’attaccare pesantemente il regno nordafricano. In primo luogo, il regno di Tunisi non paga più tributi al regno di Sicilia. Inoltre, durante la rivolta siciliana del 1268, alcuni reparti armati di Tunisi sono giunti nell’isola per sostenere i rivoltosi. In ultima istanza, è possibile che Carlo senta la pressione economica dei commercianti aragonesi, che a Tunisi hanno trovato un florido e redditizio mercato nel quale operare.
Sebbene risulti un completo insuccesso militare, la fallimentare crociata intrapresa da Luigi IX non incrina la ferrea volontà di Carlo di prendere la croce per liberare la città santa di Gerusalemme. Prima di compiere tale impresa, bisogna però risolvere la problematica riguardante la titolatura regia della città dei cieli, contesa tra il sovrano di Cipro, Ugo di Lusignano, e Maria di Antiochia. Quest’ultima cede i suoi diritti sulla corona a Carlo d’Angiò, ottenendo l’approvazione papale e permettendo così l’invio di una forza di spedizione ad Acri. La fortezza tuttavia cadrà definitivamente in mano mamelucca nel 1291.
Gli ultimi anni di Carlo I e i limiti della politica angioina
I grandiosi piani levantini di Carlo I devono tuttavia fare i conti con le costanti problematiche provenienti soprattutto dal contesto italico. Nel nord Italia, infatti, l’autorità dell’angioino inizia a essere contestata con più fermezza. Nel 1270 a Genova prende nuovamente il potere la fazione ghibellina, mentre la città di Asti si allea con i ghibellini insieme ad altre città settentrionali.
Per la fazione ghibellina vi è speranza nei confronti di Rodolfo d’Asburgo, riconosciuto da Gregorio X come “re dei Romani” nel 1274. Il pontefice, tuttavia, ha le mani legate, essendo completamente dipendente dalle risorse militari angioine per la sottomissione delle terre romagnole. Tra il 1272 e il 1287, inoltre, l’autorità angioina nel settentrione subisce un graduale crollo nell’attuale regione del Piemonte, dove molte realtà cittadine si rendono indipendenti dal suo dominio o si concedono ad altri signori locali.
Dopo il pontificato di Niccolò III Orsini (1277-1280), che vede un raffreddamento delle relazioni tra lo stato pontificio e il regno di Sicilia, il nuovo pontefice, Martino IV (1281-1285), offre pieno supporto a Carlo insieme a Venezia nella spedizione contro l’Impero bizantino nel 1281. Tuttavia, la spedizione deve interrompersi per un fatto che decreta la fine degli ambiziosi progetti politici di Carlo I, ossia la rivolta della Sicilia.
Nell’arco di pochi mesi, tra il marzo e il luglio 1282, nell’isola scoppia una vasta ribellione contro il dominio angioino, forse fomentata dallo stesso sovrano bizantino Michele VIII. L’evento dà inizio a una lunga guerra tra le due principali potenze mediterranee dell’epoca, ossia gli Aragonesi e gli Angioini, in quella che generalmente viene chiamata “la guerra del Vespro”, e che finirà solamente nel 1302, con la definitiva conquista dell’isola da parte della casata iberica. Carlo assiste solo alla fase iniziale di questo vasto conflitto, dato che muore a Foggia nel 1285.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Baloup- D. Bramoullé- B. Doumerc- B. Joudiou, I mondi mediterranei nel Medioevo, il Mulino, Bologna, 2020.
- S. Carocci, Vassalli del papa, potere politico, aristocrazie e città nello Stato della Chiesa (XII-XV sec.), viella, Città di Castello, 2010.
- D. Abulafia, I regni del Mediterraneo occidentale dal 1200 al 1500. La lotta per il dominio, Editori Laterza, Urbino, 2022.
- Lusso, Gli Angiò in Italia tra il XII e il XIV secolo: temi, problemi e prospettive di ricerca, in Humanistica, an international journal of early renaissance studies, Fabrizio Serra Editore, Pisa-Roma, 2008.