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Due Statisti: Cavour e Luigi Napoleone
Un piccolo Regno comprendente il Piemonte, la Liguria e la Sardegna da una parte, una grande Nazione, la Francia della Seconda Repubblica (poi Secondo Impero), dall’altra. Apparentemente due Stati completamente diversi per dimensione, struttura ed interessi, in realtà avvicinati da rapporti sempre più impegnativi e sorretti da un disegno politico con punti in comune.
Dopo la Rivoluzione europea del biennio 1848-49, il Piemonte (Regno di Sardegna) rimane l’unico Stato italiano con una monarchia costituzionale. Lo Statuto Albertino, concesso dal Re Carlo Alberto di Savoia nel marzo 1848, viene mantenuto dal suo successore Vittorio Emanuele II all’indomani della Prima Guerra d’Indipendenza conclusasi con la sconfitta di Custoza e l’abdicazione dello stesso Carlo Alberto.
In realtà sono proprio gli Austriaci che consigliano al nuovo Sovrano di mantenere la Costituzione, apportandovi alcuni emendamenti in senso conservatore. Nonostante la sua natura autoritaria e le sue idee non proprio liberali, Vittorio Emanuele II non ha difficoltà ad accettare il loro consiglio per poter così negoziare condizioni di pace molto favorevoli al Regno di Sardegna.
Il nuovo regnante asseconda il programma riformatore dell’esecutivo di Massimo D’Azeglio, Presidente del Consiglio dei Ministri fino al 1852, che si propone di liberare il piccolo Stato subalpino dei vecchi istituti giuridici di stampo feudale. Il Piemonte costituzionale si avvia a diventare uno Stato moderno e in questa opera di rinnovamento, a cavallo tra le due guerre di indipendenza, si distinguerà tra tutti la figura di Camillo Benso, conte di Cavour.
Nobile di convinzioni liberali ma ostile alle idee democratiche rivoluzionarie del Mazzini, Cavour è Ministro dell’Agricoltura e del Commercio nel Governo D’Azeglio dal 1850 al 1852, con una breve parentesi come Ministro delle Finanze, e alla fine del ’52 succede a D’Azeglio alla guida del Governo piemontese. Con un programma improntato su uno spiccato liberismo economico, egli riesce in pochi anni ad affermare metodi e mentalità della nuova società industriale di metà Ottocento, inserendo il Regno di Sardegna nel grande circuito europeo attraverso una serie di Trattati commerciali stipulati con la Francia, l’Inghilterra e le altre potenze continentali.
Ma è sicuramente più lungimirante la sua attività nel campo della politica estera. Il Regno di Sardegna aspira ad espandersi nel Lombardo-Veneto che appartiene all’Impero Asburgico. L’attività diplomatica dello statista piemontese coniugherà la sua Realpolitik e gli interessi di Casa Savoia alla “questione italiana”, legata a quel movimento di indipendenza nazionale di un territorio italiano smembrato in più Stati e sotto l’influenza di un dominatore straniero, l’Austria, secondo i principi della Restaurazione scaturiti dal Congresso di Vienna del 1815. Ma Cavour riuscirà soprattutto a legare il destino del suo Piemonte e dell’intero Risorgimento italiano alle aspirazioni di un altro grande Impero europeo, quello francese.
Dopo la rivoluzione del 1848 e la proclamazione della Repubblica, in Francia si assiste ad uno sviluppo interessante: con un colpo di stato, Luigi Bonaparte conquista definitivamente il potere. Il Bonaparte è il nipote di Napoleone I, è stato a lungo esiliato nel nostro Paese dopo la caduta del Primo Impero napoleonico e la conseguente Restaurazione del Congresso di Vienna; conosce dunque l’Italia ed ha anche aderito alla Carboneria, partecipando ai moti risorgimentali in Romagna del 1831.
Nel periodo post-napoleonico egli si impegna attivamente nella vita politica francese, cosicché riesce anche a guadagnarsi la fiducia dei suoi connazionali; caduto il breve Regno di Luigi Filippo, viene eletto prima deputato, poi Presidente della Seconda Repubblica francese (10 dicembre 1848) e instaura in pochi anni un regime autoritario di tipo moderno.
Il colpo di Stato del 2 dicembre 1851 pone fine alla breve esperienza della Seconda Repubblica e getta la Francia nelle mani del nuovo despota. Luigi Napoleone, come il suo illustre zio e predecessore, si appella al plebiscito popolare per proporre una nuova Costituzione che prevede un Presidente decennale, a cui spetta la nomina di Senato e Consiglio di Stato e che dunque concentra nelle sue mani i maggiori poteri.
La Costituzione proposta viene approvata a larghissima maggioranza dalla popolazione ed esattamente un anno dopo (2 dicembre 1852) si completa la sua presa del potere con la restaurazione dell’Impero (Secondo Impero napoleonico). Luigi Napoleone diventa Imperatore dei francesi con il titolo di Napoleone III.
Il nuovo imperatore vuole sovvertire e riordinare la carta geografica disegnata nel Congresso di Vienna, per restituire alla Francia la grandezza di un tempo. Un progetto che passa attraverso la conduzione di una politica estera di grande prestigio e che mira al punto più debole del sistema europeo, cioè l’Italia. In pratica, Napoleone III vuole sostituirsi agli austriaci nel dominio indiretto della Penisola; colpire l’Austria in Italia significa mettere in discussione l’equilibrio dell’ordine internazionale stabilito a Vienna nel 1815, per modificare il quale è però necessaria una guerra.
L’idea dell’imperatore francese è più che altro quella di costruire una grande zona d’influenza nella pianura padana ed eliminare il predominio degli austriaci. Di qui l’appoggio dato alla costruzione di una media potenza, il Regno Sabaudo, che deve espandersi nel Lombardo-Veneto e arrivare sino agli Appennini, escludendo la Toscana, lo Stato pontificio e il Regno delle Due Sicilie.
Dal punto di vista francese un tale obiettivo è perfettamente giustificato dal timore di Napoleone III di far nascere una grande potenza vicina. Dunque anziché un’Italia unita sotto un unico Stato, l’imperatore francese pensa ad una federazione di Stati italiani in cui il Papa avrebbe la funzione di arbitro e la Francia la supremazia politica.
Quest’idea sarà sfruttata da Cavour a suo vantaggio, grazie ad un’abile iniziativa diplomatica: la sua principale preoccupazione in questa fase non è quella di unificare la penisola, compito alquanto difficile e fuori dalla portata e dagli interessi dei Savoia, ma bensì di far allargare i confini piemontesi nel Nord e creare un “Regno dell’Alta Italia”. Ma per fare questo, egli deve giocoforza allontanare gli Asburgo dal Lombardo-Veneto e può riuscirci solo con l’accordo di potenti alleati tra le forze europee rivali dell’Impero austriaco.
Cavour e Luigi Napoleone si incontrano per la prima volta a Parigi nell’estate 1852, quando il primo è un ex Ministro del governo D’Azeglio ed il secondo è Presidente della Repubblica francese, qualche mese prima di diventare rispettivamente Presidente del Consiglio e Imperatore di Francia. Libero da incarichi governativi, il Cavour vive un breve periodo di esperienze all’estero e in precedenza ha soggiornato in Inghilterra, dove conosce, tra gli altri, il futuro Premier liberale Lord Palmerston.
Dagli incontri scaturisce la convinzione dello statista piemontese di poter sfidare gli austriaci e liberarsi della dominazione straniera; ma anche la constatazione che può riuscire in questa impresa solo con il sostegno politico, economico e militare delle due potenze europee liberali: l’Inghilterra e, soprattutto, la Francia di Napoleone III.
La guerra di Crimea
Nella primavera del 1853 in Europa scoppia una grave crisi politica: lo Zar Nicola I di Russia vuole trarre profitto dalla crisi dell’Impero Ottomano per espandersi nella penisola balcanica, intenzione che rappresenta una grave minaccia per gli interessi anglo-francesi nel Mediterraneo orientale. Con il tacito consenso di Vienna, lo Zar occupa così tutti i principati danubiani ancora vassalli del Sultano e attacca la flotta turca del Mar Nero per impadronirsi dello Stretto dei Dardanelli.
Preoccupate dall’avanzata dell’Impero russo, Francia e Inghilterra si schierano a fianco dei turchi inviando le proprie flotte nel Mar Nero e dichiarano guerra alla Russia di Nicola I, per la manifesta violazione della Convenzione degli Stretti concordata dalle potenze europee nel 1841. Invitata ad entrare nella coalizione per difendere le posizioni turche e l’equilibrio continentale, l’Austria si limita a proclamare la propria neutralità.
All’appello delle due potenze, a sorpresa, risponde il piccolo Piemonte nel 1854. Nel gennaio dell’anno successivo il Regno di Sardegna firma l’adesione al Tratto anglo-francese, con l’invio di un contingente di quindicimila bersaglieri affidati al comando del Generale Alfonso La Marmora.
Le ragioni del conflitto non riguardano per niente il Regno Sabaudo, né tantomeno il resto dell’Italia. Cavour vi scorge invece l’occasione per poter inserire il Piemonte nella contesa della grande politica europea, principalmente per acquisire meriti presso la Francia e l’Inghilterra La guerra di Crimea rappresenta dunque il momento propizio per legare il destino del Regno di Sardegna e dell’Italia intera alle potenze europee straniere: partecipando al conflitto, Cavour avrebbe poi modo di inserire la questione italiana sui tavoli della diplomazia, una volta cessate le ostilità.
La guerra si protrae dal marzo 1854 al settembre dell’anno successivo e si chiude con la vittoria degli alleati anglo-francesi. Come previsto, la partecipazione del piccolo corpo di spedizione piemontese permette a Cavour la possibilità di partecipare al Congresso della pace di Parigi (1856) e, in tal modo, di poter rafforzare la sua figura di portavoce degli interessi italiani agli occhi della diplomazia europea ma anche nel contesto della politica piemontese, isolandone così le forze democratiche e rivoluzionarie (mazziniani e garibaldini).
Al Congresso di Parigi Cavour pone la complessità del problema italiano e della sua dominazione straniera all’attenzione delle potenze europee. Ciò non porta risultati evidenti al Regno Sabaudo che non ottiene nessun ingrandimento territoriale in Alta Italia. Purtuttavia, la guerra di Crimea e la successiva Conferenza di pace vengono da più parti considerate come un successo morale della politica estera di Cavour.
Gli stessi movimenti patriottici italiani abbandonano le idee mazziniane repubblicane e di rivoluzione popolare, rendendosi conto che l’unico modo possibile per ottenere l’indipendenza dagli austriaci è affidarsi al Regno dei Savoia e a Cavour. Quest’ultimo pone quindi la sua candidatura a guida del movimento nazionale italiano e trae da Parigi un prezioso insegnamento, quello di non poter contare sull’appoggio dell’Inghilterra di Lord Palmerston, in una probabile guerra contro l’Austria, e di non avere altra scelta che appoggiarsi esclusivamente alla Francia di Napoleone III come unico alleato, da conquistare a qualsiasi prezzo.
La tela diplomatica di Cavour che porta all’alleanza sardo-francese
La storiografia individua tre punti fondamentali dell’azione di politica estera Cavouriana: la guerra di Crimea, la pace di Parigi e i colloqui di Plombières (luglio 1858), questi ultimi che rappresentano il punto di arrivo del complesso piano diplomatico, messo in atto negli anni precedenti da Cavour, per trascinare la Francia di Napoleone III a fianco del Regno piemontese nella guerra all’Austria.
I due statisti hanno sicuramente obiettivi diversi ma con un elemento in comune, l’allontanamento degli Austriaci dal Lombardo-Veneto:
- Cavour mira al controllo del Regno di Sardegna su tutto il Nord Italia, che a suo avviso porterebbe di fatto i Savoia al controllo indiretto di tutta la penisola;
- Napoleone III invece è convinto che un’espansione del Piemonte sulla pianura padana, liberandosi degli austriaci, significherebbe per la Francia allargare la propria influenza sul resto della penisola, consentendo la nascita di una confederazione di Stati sotto il controllo di Parigi (e di fatto controllando anche il Piemonte).
L’attentato del 14 gennaio 1858 all’Opéra di Parigi, organizzato dal repubblicano romagnolo Felice Orsini che lancia tre bombe contro la carrozza di Napoleone III e della consorte, provocando otto morti e circa 150 feriti, accelera i tempi dell’alleanza franco-piemontese.
Paradossalmente è proprio il fallito attentato che fa riflettere l’Imperatore francese sulla necessità di risolvere i problemi in Italia, poiché i rivoluzionari democratici continuerebbero a turbare la pace anche fuori dai confini italiani. Napoleone III quindi volge definitivamente le attenzioni verso Cavour e la causa di indipendenza italiana, per cui i contatti diplomatici tra la Francia ed il Regno di Sardegna si fanno sempre più fitti.
Nel maggio 1858 l’iniziativa diplomatica si incastra nel progetto di un matrimonio tra il principe Girolamo Bonaparte, cugino di Napoleone III, e la principessa Maria Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele II. Cavour spinge per questo matrimonio, anche contro un iniziale rifiuto del Re Sabaudo, al fine di consolidare i rapporti con l’imperatore francese. Le nozze avverranno il 30 gennaio 1859, quando già il complotto franco-piemontese è ben delineato.
La tela diplomatica di Cavour è fatta di contatti segreti (e anche spregiudicati) con quanti, nei modi più disparati, possono dare una mano alla causa piemontese ed italiana e rompere gli indugi del sovrano francese. Cavour si serve della collaborazione del suo uomo più fidato, il giovane diplomatico Costantino Nigra, e mette al corrente delle trattative solo il Re e il Ministro della Guerra, La Marmora.
Del resto, anche le trattative di Napoleone III rientrano nella politica personale dell’Imperatore che tiene in disparte il suo Ministro degli Esteri Walewsky, contrario a questa alleanza, e l’Ambasciatore francese a Torino. Napoleone III si avvale del suo fidato medico personale, il dottor Conneau, che favorirà l’organizzazione dell’incontro segreto di Plombières.
Nella cittadina termale posta sulle alture dei Vosgi, i due statisti si incontrano il 22 luglio 1858 e mettono a punto i termini del Trattato franco-piemontese che include, oltre al già citato matrimonio tra Girolamo Bonaparte e Maria Clotilde, la cessione territoriale della Savoia e della contea di Nizza, la nascita di un nuovo regno dell’Alta Italia con l’annessione del Lombardo-Veneto ai Savoia, un Regno dell’Italia centrale per il cugino di Napoleone III comprendente il Granducato di Toscana e gli stati pontifici eccetto il Lazio, di cui rimane salva la sovranità del Pontefice Pio IX. Il Mezzogiorno d’Italia, che coincide con il Regno delle Due Sicilie, resta invece ai Borbone.
La Francia si impegna ad entrare in guerra contro l’Impero asburgico nel Nord Italia a fianco del Piemonte, a condizione che l’Austria risulti l’aggressore ed il Regno dei Savoia l’aggredito. Il trattato formale d’alleanza viene firmato fra il 28 e il 29 gennaio del 1859 a Torino da Vittorio Emanuele II e il 26 a Parigi da Napoleone III.
A Cavour serve dunque un “casus belli” che giustifichi l’intervento della Francia a fianco del Regno di Sardegna. Il governo piemontese decide così di finanziare una consistente politica di riarmo e di creare un nuovo corpo militare, i Cacciatori delle Alpi, posto agli ordini di Giuseppe Garibaldi. L’esercito sardo inizia provocatorie operazioni di addestramento lungo il confine del Ticino, causando la reazione asburgica: il governo imperiale di Vienna invia a Torino un ultimatum in termini perentori, che comporta il disarmo immediato dell’esercito sardo ed il congedo dei volontari.
E’ il casus belli che Cavour e Napoleone III attendono: il 23 aprile 1859 l’Austria dichiara guerra al Regno Sardo e a norma degli accordi franco-piemontesi, Napoleone III a sua volta dichiara guerra agli austriaci e varca le Alpi assumendo il comando supremo delle forze alleate. In linea con le previsioni dei due statisti, inizia così la Guerra franco-asburgica del 1859, più nota a noi italiani come Seconda Guerra d’Indipendenza.
Quando, nel corso della vittoriosa guerra, Napoleone III capisce che il suo progetto non è più sostenibile e che un’egemonia francese in Italia non si può più realizzare per via delle insurrezioni nei Ducati emiliani, nelle legazioni pontificie e nel Granducato di Toscana, egli toglie il sostegno alle truppe piemontesi firmando il Trattato di Villafranca con cui si pone fine alla guerra contro l’Impero austriaco.
Ma ormai il corso della storia condurrà il progetto dei due statisti, per vie proprie, verso l’Unità d’Italia.
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- Mack Smith, D. Il Risorgimento italiano, Laterza, Bari, 2010.
- Petacco, A. Il Regno del Nord, Mondadori, Milano, 2009.
- Procacci, G. Storia degli italiani, Laterza, Bari, 1969.
- Romeo, R. Vita di Cavour, Laterza, Bari, 1998.