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Cluny: una storia complessa
Cluny è stato uno dei centri monastici più celebri ed influenti del Medioevo, e, di conseguenza, non sorprende che la vicenda di questa abbazia, da cui è scaturita una vera e propria congregazione monastica, abbia suscitato, a volte, giudizi contrastanti. Gli esperti che si sono occupati dei primi due secoli di vita di Cluny hanno sottolineato il significativo cambiamento portato da questo centro monastico, che è stato esentato dal pagamento delle imposte da parte del suo fondatore, il Duca Guglielmo di Aquitania.
La morte del sesto abate, Ugo I detto ‘il Grande’ verso il 1109, segna il termine del periodo considerato ‘aureo’, e, per questa ragione, i primi sei abati vengono considerati non solamente come dei riformatori religiosi, ma anche dei propagatori della morale monastica in seno alla società laica. Rilevante, a tale proposito, rimane l’emersione graduale della cosiddetta ‘ecclesia cluniacensis’, ovvero di una vasta congregazione i cui confini si estendono in diversi Paesi dell’Europa Occidentale.
Si tratta di una rete molto ampia, che secondo diversi storici avrebbe posto le premesse per la formazione di una burocrazia statale nel XII secolo ed oltre. Significativa, a tale proposito, rimane l’evidente capacità dei monaci di usare questa rete monastica per generare e trasmettere sapere e conoscenze artistiche, tecniche ed architettoniche. Celebri, ancora, sono le consuetudini cluniacensi, che si sono diffuse oltre i confini regionali, burocratici e culturali originari. Non si deve dimenticare, da ultimo, il ruolo svolto da Cluny rispetto alla riforma della Chiesa nel secolo XI ed al movimento delle crociate.
Coloro che hanno indagato il periodo successivo alla morte del sesto abate, Ugo il Grande, hanno rilevato, al contrario, la presenza di una sorta di crisi di tale istituzione, complicata da una messa in discussione dell’autorità abbaziale e da dissapori sorti all’interno della congregazione cluniacense. Tra le problematiche sorte nel XII secolo se ne possono citare alcune particolarmente significative, come la difficile successione abbaziale da Ugo Il Grande al suo successore, Ponzio, oppure gli scontri tra Pietro il Venerabile ed i suoi priori negli anni Trenta del XII secolo.
Un altro esempio, in questo senso, è costituito dall’istituzione, all’inizio del XIII secolo, di una commissione incaricata della revisione della condotta e delle politiche dell’abate Ugo V e dei suoi successori. Si pensi, ancora, alla volontà pontificia di creare un ordine cluniacense ed un capitolo generale le cui regole sono parzialmente mutuate dal modello cistercense.
Sembrerebbe, dunque, che la storia di Cluny sia costituita da una sorta di ‘età dell’oro’ a cui si contrapporrebbe una lenta ma costante decadenza nei secoli successivi; si tratta di un modello che, tuttavia, è in parte superato e messo in discussione dai numerosi studi svolti a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Emerge, in questo modo, una storia maggiormente bilanciata e meno dicotomica rispetto alla sua comprensione tradizionale.
Nei paragrafi successivi, verrà dunque presentata l’evoluzione di questa istituzione alla luce delle ultime ricerche disponibili; si precisa che viene usato il termine ‘regno’ per indicare il periodo in cui i diversi abati si sono succeduti alla guida di Cluny, analogamente a quanto avviene per i vescovi alla guida delle diocesi affidate alla loro responsabilità.
In generale, sembra ragionevole affermare che le problematiche sono state presenti anche nei primi secoli della storia di Cluny; tuttavia, a tali istanze sono state trovate soluzioni efficaci, al contrario di quanto avviene a partire dal XIII secolo. Per questa ragione, è preferibile parlare di evoluzione del percorso di Cluny come abbazia e come federazione monastica. Tale itinerario, come si vedrà in seguito, è terminato nel XVIII secolo, dopo circa 8 secoli di storia, che hanno decretato la fine del ruolo culturale, economico, sociale e spirituale di Cluny.
Le origini di Cluny: il X secolo
Il cronachista e monaco benedettino medievale Radulfus Glaber, vissuto tra il X e l’XI secolo, riporta, in maniera acritica, ma significativa, che ‘La Regola (di S. Benedetto), ormai quasi defunta, trovò infine, con l’aiuto di Dio, un rifugio di saggezza dove raccogliere le forze, fruttificare e germogliare; ciò avvenne nel monastero chiamato Cluny. Il nome di questo luogo deriva dal fatto che il suo sito è basso e inclinato, o forse, e questo sarebbe più appropriato, da cluere, che significa crescere. In effetti, fin dalla sua fondazione è cresciuto quotidianamente in modo brillante in molti doni’.
Con tali parole, il monaco, che soggiorna presso Cluny all’inizio degli anni Trenta del secolo XI, introduce le sue considerazioni sulla storia da lui prodotta sulla celebre abbazia; si tratta, evidentemente, di una narrazione stereotipata, che viene proiettata in maniera retrospettiva sulla prima comunità di Cluny, che evidentemente, è ben lontana dall’avere il successo che avrebbe avuto nei decenni successivi.
In questo modo, le origini dell’abbazia vengono riscritte, nel tentativo di presentare un passato ideale che però non corrisponde a quanto avvenuto storicamente; non sorprende, dunque, che lo studio delle origini di questo importante centro monastico siano state complicate dalle attribuzioni fatte a questo periodo da parte delle generazioni successive di monaci. In realtà, il periodo fondativo può essere situato tra il 909-910, ed il 1049, anno della morte dell’abate Odilone, considerato uno spartiacque rispetto alla formazione della congregazione cluniacense.
In questo secolo e mezzo si sono succeduti, secondo le ricerche storiche, cinque abati; si tratta di Bernone, che regna tra il 909/910 ed il 926/7, Oddone, che guida la comunità monastica tra il 926/927 ed il 942, Aimaro, che ricopre la carica di abate tra il 942 ed il 954, Maiolo, che guida il monastero di Cluny tra il 954 ed il 994, e, infine, Odilone, che regna tra il 994 ed il 1049.
Sulla base della documentazione esistente è stato possibile ricostruire un’immagine più fedele delle origini di Cluny, che probabilmente viene fondata nel mese di settembre del 910, da parte di Guglielmo detto ‘il Pio’, il Duca di Aquitania. Insieme alla moglie, Engelberga, sorella del Re della Provenza, scrive un testamento con cui dota la nuova abbazia di risorse materiali, tra cui, ovviamente, le terre su cui sorgeranno i primi edifici. Tra coloro che assistono alla fondazione dell’abazia vi sono diversi membri della Corte Ducale, tra cui molti vescovi e Bernone, il primo abate di Cluny, che è stato abate di Gigny e può vantare un legame con la famiglia di Engelberga.
Non sorprende, dunque, che il monastero sorge su una delle proprietà del Duca e della Duchessa di Aquitania, donata simbolicamente agli apostoli Pietro e Paolo, che diventano i patroni dell’abbazia di Cluny. Significativamente, i donatori e fondatori del nuovo monastero vietano l’imposizione di qualunque autorità esterna, ad eccezione del Pontefice e degli Apostoli, sottraendo la giurisdizione dal vescovo locale, come solitamente avviene per i monasteri che seguono la Regola attribuita a Benedetto da Norcia.
Il documento di fondazione dell’abazia viene scritto da un certo Oddone, che diventerà il secondo abate di Cluny dopo la morte di Bernone; Oddone, in effetti, possiede solide conoscenze giuridiche, che gli permettono di conformare uno statuto giuridico particolare per Cluny. Si tratta della cosiddetta ‘Libertà cluniacense’, che sottrae la giurisdizione dell’abazia all’ordinario locale, come osservato in precedenza. Questi sono i termini su cui si basa il cosiddetto ‘testamento di Guglielmo il Pio’, che ha permesso la fondazione di Cluny, assicurando una certa continuità con alcune pratiche monastiche e dell’aristocrazia carolingia. Effettivamente, tutti gli elementi del formulario della carta di fondazione si possono ritrovare nella documentazione legale degli anni 850 EV per la regione di Lione.
In altre parole, ad essere originale è l’organizzazione delle clausole e non il loro contenuto; inoltre, si nota che solamente la Regola di S. Benedetto viene citata a più riprese in questo documento, spesso in maniera indiretta. Deve essere osservato che, sebbene Cluny si pone in linea di continuità rispetto a determinate pratiche sociali, la fondazione di questo monastero configura un nuovo equilibrio del potere che scuote le strutture sociali, e mette in discussione la tradizionale concezione dell’autorità, così come la stessa tradizione monastica.
Ancora, si osserva che il rapporto con il Romano Pontefice è differente rispetto a quanto previsto in altri casi, come Vézelay e Pothières; in effetti, il Testamento di Guglielmo il Pio ha consegnato la proprietà di Cluny, seppure simbolicamente, agli apostoli Pietro e Paolo. Il Papa, invece, viene presentato come difensore della nuova fondazione, ovvero colui a cui viene affidata la tutela dei relativi interessi legali. Il Pontefice, in realtà, è dotato di potere temporale, e, per questa ragione, esso rappresenta, potenzialmente, una minaccia per Cluny; di conseguenza, la proprietà di Cluny viene affidata, di fatto, ai suoi monaci.
Lo statuto giuridico dell’abbazia, come previsto dalla sua carta fondativa, si è evoluto rapidamente per consentire l’implementazione della libertà della comunità monastica dai poteri esterni; tra il 927 ed il 942, in effetti, a Cluny vengono assegnati i primi privilegi, mediante 7 Bolle Pontificie e 4 Diplomi concessi da nobili locali. In altre parole, l’eccezionalità dello statuto giuridico dell’abbazia, con particolare attenzione per l’affermazione della sua autonomia, deriva da circostanze particolari e da un approccio pragmatico. Oddone, in realtà, sfrutta sia le connessioni reali che pontificie, allo scopo di preservare la sua posizione e ridefinire lo statuto di Cluny dal punto di vista giuridico. Mediante questa strategia, gli abati di Cluny riescono ad ottenere un potere di fatto illimitato sui loro possedimenti e dipendenze.
Si osserva, poi, che dal punto di vista materiale, è difficile comprendere con una certa precisione come si svolgesse la vita dell’abazia nel X secolo, in quanto le fonti scarseggiano; sembra, tuttavia, che la comunità non fosse molto numerosa sotto la guida dei primi due abati. Una certa crescita, invece, si nota con l’abbaziato di Maiolo, che probabilmente ha la responsabilità di un centinaio di monaci. Rispetto, poi, all’estrazione sociale dei primi monaci, sembra che essi provenissero, prevalentemente, dalla classe aristocratica; non esiste nemmeno un noviziato in questo periodo, e, di conseguenza, i candidati alla vita monastica iniziano il loro percorso come oblati.
Rilevante, poi, risulta la guida di Oddone, il secondo abate, che introduce elementi che diventeranno parte integrante dell’ambiente monastico di Cluny; si pensi, a tale proposito, alla libreria del monastero, le cui premesse vengono poste proprio da Oddone, che porta nel monastero da lui guidato circa 100 manoscritti. Un particolare accento, ancora, viene posto sul culto di alcuni santi, come il martire Giuliano, Benedetto da Norcia, Giovanni Battista ed i Santi Innocenti.
L’espansione: l’ecclesia cluniacensis nel XI secolo
Il sesto abate di Cluny, Ugo il Grande, avrebbe testimoniato la crescita della sua comunità con queste parole, ‘Come possiamo constatare, oggi, Dio onnipotente ha accresciuto questo luogo, non solo per i nostri meriti, ma anche per la sua immensa e pervasiva clemenza, e lo ha dotato di fratelli e proprietà. E l’ha estesa non solo nella nostra regione, ma anche in Italia, in Lotaringia, in Inghilterra, in Normandia, in Francia, in Aquitania, in Guascogna, in Provenza e in Spagna’.
Si tratta di una testimonianza che attesta la significativa espansione di Cluny ben oltre il sito di fondazione originario. Si forma, in questo modo, una vera e propria rete monastica, che permette uno straordinario ampliamento di Cluny, mediante un processo di riforma basato, da una parte, sulla trasformazione istituzionale, e, dall’altra, sulla sostanziale preservazione delle sue tradizioni liturgiche e disciplinari.
Non sorprende, dunque, che, sotto la guida di Odilone e Ugo, negli anni compresi tra il 994 ed il 1109, si assiste ad una significativa crescita del numero di monaci, accompagnata da diverse modifiche apportate alle pratiche liturgiche e disciplinari. Allo stesso tempo, si consolidano le consuetudini locali, che vengono fissate per iscritto; esternamente, si assiste ad un aumento significativo delle istituzioni affiliate a Cluny, che continua ad affermare la sua autonomia rispetto a poteri ed influenze esterne. Lentamente, si forma una crescente percezione di unità che permette l’emersione di una vera e propria federazione monastica, nota come ‘ecclesia cluniacensis’.
Nel primo secolo di esistenza Cluny si trasforma da una comunità relativamente poco significativa in un monastero dotato di enormi risorse, capace di esercitare una considerevole influenza sia nella sfera ecclesiastica che in quella secolare. Sotto la guida dei primi cinque abati, in effetti, vengono poste le premesse per l’espansione successiva; Bernone, in particolare, stabilisce un sistema secondo cui gli abati di Cluny possono esercitare cariche di governo in altri monasteri, anche senza che questi ultimi abbiano un legame esplicito con Cluny.
Oddone, il suo successore amplia ulteriormente tale sistema, ed apporta un significativo contributo alla reputazione dell’abbazia, mediante l’introduzione di elementi della disciplina e della liturgia cluniacense anche in altri monasteri situati nella Francia Occidentale e nella Penisola Italiana. In alcuni casi, l’abate di Cluny diventa, di fatto, la guida di un altro monastero, mentre altre volte il legame che si crea rimane ad un livello puramente spirituale.
Si osserva, a tale proposito, che l’abate Maiolo viene catturato da briganti musulmani mentre si trova in viaggio, e viene tenuto prigioniero per alcuni mesi nell’estate del 972, per poi essere rilasciato dopo il pagamento del riscatto. Si tratta dello stesso abate che cerca di assegnare un significato profondo alle connessioni spirituali di Cluny, e forgia dei legami con Roma; in occasione della consacrazione di ‘Cluny II’, la seconda (in termini temporali) chiesa abbaziale, verso il 981 vengono depositate le reliquie dei Santi Pietro e Paolo, trasportate direttamente da Roma.
Da questo momento, Cluny viene identificata anche come ‘la piccola Roma’, un centro in cui si pratica e da cui sprigiona una forma di osservanza monastica più aderente alla Regola di San Benedetto. Non sorprende, dunque, che tale influenza permetta di trasformare lo status di Cluny, che da centro di riforma diventa una vera e propria congregazione.
In altre parole, le particolari modalità di osservare e vivere la Regola Benedettina di Cluny vengono introdotte anche in altri centri monastici; i diversi monasteri che adottano le osservanze di Cluny vengono dunque integrati all’interno di un sistema giuridico ben definito. Odilone consolida la trasformazione di Cluny nel 998, mediante l’acquisizione di tre decreti, due di Rodolfo III di Borgogna, ed uno di Papa Gregorio V, che riconoscono il particolare statuto giuridico di Cluny, e che elencano le proprietà del monastero secondo un criterio geografico.
In questa occasione, poi, si menziona esplicitamente l’espressione ‘Ecclesia Cluniacensis’; significativa, in questo senso, è la menzione dei privilegi di Cluny fino al pontificato di Gregorio VII (1015-1085), che includono chiese, ‘celle’ e villaggi, oltre ai monasteri. Tali beni vengono considerati un insieme unitario, e non viene fatta alcuna distinzione giuridica tra di loro, configurando Cluny come una sorta di ‘principato ecclesiastico’.
Si tratta di un processo che porta alla creazione, nel corso del XI secolo, di una serie di ‘dipendenze monastiche’, di beni mobili ed immobili direttamente assoggettati alla casa madre di Cluny ed al suo abate. Si crea dunque una massiccia e complessa federazione di istituzioni monastiche sotto la guida di Ugo il Grande, il sesto abate, che guida la comunità tra il1049 ed il 1109 ed estende significativamente i confini della federazione cluniacense.
Si pensi, in particolare, all’Europa Occidentale, con particolare attenzione per la Francia e l’Inghilterra; ancora, si consideri la regione Iberica. In effetti, sia nella Navarra che nella regione di Leon-Castiglia, poste a Settentrione, vengono stabiliti monasteri cluniacensi su iniziativa della nobiltà locale, che compensano i monaci per il loro contributo alla riconquista cristiana di questa regione. A volte, tuttavia, i vescovi ed i signori locali si oppongono alla creazione o incorporazione dei monasteri nella ecclesia cluniacensis.
Tale reticenza deriva, principalmente, dal desiderio di ritenere il controllo sulle case religiose e sui loro beni; per questa ragione, in alcune regioni ci si limita ad introdurre le osservanze di Cluny, ma si accetta che le case religiose rimanangano al di fuori del perimetro istituzionale della federazione cluniacense. In questo modo, l’influenza di Cluny si estende ben oltre i monasteri sotto la sua guida diretta; nel corso del secolo XI, in alcune parti della Francia alcune comunità monastiche iniziano ad adottare, le osservanze ed i costumi di Cluny, e nominano un ex monaco di tale abbazia come loro abate.
Ugo il Grande riesce, nonostante le difficoltà poste dalla varietà di pratiche monastiche e di statuti giuridici che esistono nei diversi monasteri, ad organizzare la congregazione cluniacense in un sistema coerente, basato su tre livelli. Al primo appartengono le abbazie, al secondo i priorati ed al terzo le celle, note anche come ‘obbedienze’, e questa realtà viene codificata nel 1097 da Papa Urbano II, che rende esplicite le implicazioni dei privilegi concessi a Cluny nel passato. In altre parole, tutte le istituzioni che fanno capo a Cluny possono vantare le medesime prerogative concesse alla celebre abbazia.
Tra queste, si ricorda l’esenzione dalla giurisdizione del vescovo locale, l’immunità dalla scomunica e dall’interdetto, ed il diritto di essere sepolti all’interno dei confini delle case religiose, a cui si deve aggiungere il diritto di asilo per coloro che si rifugiano in una delle proprietà del monastero. La nuova realtà giuridica viene riflessa dalle consuetudini di Bernardo, composto verso gli anni Ottanta del secolo XI. Nel 1100, Papa Pasquale II consolida la distinzione tra abbazie e priorati, allo scopo di evitare che i secondi si possano evolvere troppo facilmente nelle prime; in questo caso, le case religiose non vengono più indicate come proprietà di Cluny, ma come membri della ‘chiesa cluniacense’.
La continua espansione della congregazione cluniacense comporta un nuovo corso rispetto alle relazioni con Roma, su cui Ugo il Grande investe in maniera evidente; il successo della ecclesia cluniacensis, poi, viene testimoniato dalla costruzione della nuova chiesa abbaziale, nota agli esperti come ‘Cluny III’, la cui pianificazione ed inzio della costruzione sono sempre opera del sesto abate. Si tratta di un edificio enorme che esprime uno stile unico, sia dal punto di vista architettonico che iconografico, e che configura Cluny come una ‘piccola Roma’, un punto di riferimento per i fedeli che cercano l’incontro con il divino.
Riforma e declino: il XII secolo dell’Abbazia di Cluny
Secondo Pierre Maurice de Montboissier, noto ai posteri come Pietro il Venerabile, il nono abate di Cluny tra il 1122 ed il 1156, Cluny occupa un posto eccezionale in seno alla cristianità; secondo la visione trionfale da lui proposta, i monaci cluniacensi sono presenti in numero nettamente superiore rispetto a quelli che appartengono ad altri ordini e congregazioni religiose. Il ruolo di Cluny sarebbe poi sancito dai miracoli che si sarebbero verificati e testimoniati in tale abbazia; in realtà, la descrizione agiografica di Cluny riflette la percezione di Pietro il Venerabile verso il 1142.
Tuttavia, il suo abbaziato non è certamente privo di problematiche, e, in questo senso, si pensi allo scisma che riguarda la sua comunità verso la metà degli anni Venti del secolo XI, a cui si aggiunge lo scisma pontificio che si verifica nel corso del decennio successivo. Si tratta di eventi che dividono profondamente la congregazione cluniacense in fazioni rivali; a partire dal 1142, nondimeno, gli oppositori di Pietro il Venerabile sono morti oppure riconciliati con l’abbate.
Il suo potere abbaziale, in effetti, è stato rafforzato da due decenni di guida indiscussa e da diversi decreti pontifici; Pierre le Venerable, in effetti, difende Cluny dalle critiche dei cistercensi, e rivitalizza il modello spirituale della sua congregazione. Tale opera si compie mediante opere apologetiche, che presentano Cluny come un progetto sanzionato direttamente da Dio; a tali scritti, poi, si deve aggiungere la riforma delle osservanze cluniacensi.
Il XII secolo, tuttavia, non è certamente privo di sfide, alcune delle quali esterne alla comunità monastica, e, in effetti, i nobili ed i vescovi della Borgogna mettono in discussione le proprietà ed i privilegi concessi a Cluny. In realtà, durante l’abbaziato di Pietro il Venerabile, Cluny continua a godere di significativi privilegi, ma, al termine del XII secolo si intensifica la competizione con gli altri ordini religiosi, ed il flusso di donazioni rallenta. Si interrompe, inoltre, l’alleanza strategica con il papato, e tale evento determina un declino dell’influenza di Cluny rispetto ai secoli precedenti; il Papa si affida ad altri monaci, come quelli cistercensi, per la riforma dei monasteri benedettini. Per queste ragioni, verso la fine di questo secolo, l’epoca d’oro di Cluny si può considerare terminata.
Le cause di tale declino, tuttavia, sono anche interne, e non solamente esterne, e, derivano dai precari legami che si sono stabiliti tra le case monastiche appartenenti alla ecclesia cluniacensis; nei primi secoli, il potere detenuto dall’abbate di Cluny riesce a tenere insieme un vasto novero di monaci i cui interessi si dividono tra la fedeltà alle proprie tradizioni e la spinta unificatrice di Cluny. Nel XII secolo, tuttavia, questo modello di potere entra in crisi e dimostra le sue debolezze; in effetti, in corrispondenza dell’aumento del numero, della dimensione e della distanza delle case religiose da Cluny si osserva l’incapacità degli abbati di supervisionare adeguatamente quanto avviene nei monasteri e priorati della congregazione.
Non sorprende, dunque, che nei periodi di transizione tra un abbate ed il suo successore si possono generare delle vere e proprie fazioni rivali. Si tratta di un fenomeno già manifesto dopo la morte di Ugo il Grande nel 1109, e che accelera sotto i suoi successori, Ponzio e soprattutto Pietro il Venerabile, che regna sull’ordine per oltre tre decenni; a partire da Roberto detto il Grosso, il decimo abate, tuttavia, segue una serie di nove abati, che regnano nei 43 anni che separano dalla fine del XII secolo. Di conseguenza, essi non hanno il tempo necessario per consolidare il loro potere sui monasteri e priorati cluniacensi.
Al contrario di quanto vorrebbero fare intendere le fonti apologetiche e agiografiche, che caratterizzano gli abati di Cluny come creature angeliche e quasi soprannaturali, essi incontrano enormi difficoltà a governare una federazione dai confini in continua espansione. La loro leadership si basa sul carisma, che però diminuisce all’aumentare della distanza fisica; le radici di tali problematiche, tuttavia, sono da rinvenire negli ultimi anni di abaziato di Ugo il Grande.
Nel corso degli ultimi anni di regno, egli prende coscienza, effettivamente, di essere entrato nella fase finale della sua vita, e, per questo motivo, egli cerca di preparare una successione ordinata. Non sorprendono, dunque, le Bolle Pontificie che codificano, come osservato in precedenza, i legami delle diverse case subordinate a Cluny ed al suo abate. Era presente, in effetti, un’intera congregazione sotto la responsabilità dell’abate che risiedeva a Cluny; di conseguenza, era necessario assicurarsi che gli abati di questo monastero continuassero a guidare la federazione cluniacense.
Ugo il Grande, inoltre, compone un testamento nel 1108, noto come ‘Imprecatio Hugonis’, che viene letto dopo la sua morte; in questo documento, l’abate confessa i suoi difetti ed esprime le sue preoccupazioni per i monaci che ha guidato. In questo senso, l’ecclesia cluniacensis viene descritta come una comunità legata dall’amore e dalla carità, e viene chiesto rispetto, obbedienza ed amore per i suoi successori.
Si osserva, ancora, che Ugo il Grande delega diverse funzioni di governo ai ‘seniores’, ovvero monaci anziani che vengono incaricati di diversi aspetti della guida della federazione di Cluny. Tra costoro, figura un giovane monaco di nome Ponzio, che ascende velocemente la gerarchia interna grazie al suo mentore, Papa Pasquale II; non sorprende, dunque, che Ponzio, sebbene giovane, viene indicato dalle fonti come uno dei monaci che assiste e prepara le esequie di Ugo il Grande.
Ponzio di Melgueil, del resto, proviene da una famiglia nobile, e viene preparato per svolgere una funzione di vertice all’interno della Chiesa; sembra che egli fosse anche un lontano parente di Enrico V di Germania, ed appartiene ad una famiglia che patrocina Cluny da lungo tempo. Egli viene anche eletto vescovo molto giovane, ma tale elezione viene annullata; a questo punto, la sua carriera viene dirottata verso Cluny dal Pontefice, Pasquale II. Eletto abate di Cluny nel 1109, Ponzio si occupa immediatamente della ricostruzione del chiostro e continua la costruzione della chiesa abaziale iniziata dal suo predecessore; a tale scopo, egli recluta artisti ed acquisisce reliquie e libri per preservare lo status di Cluny come centro del sapere e della religione.
Ponzio deve poi fronteggiare una vera e propria rivolta condotta da Alviso, che si oppone al controllo di Cluny sul suo monastero, rivendicandone l’autonomia; si tratta di un episodio, tuttavia, che deve essere inquadrato correttamente. In effetti, è possibile che il monastero in esame non si sia mai considerato parte della famiglia monastica di Cluny; allo stesso tempo, questo caso dimostra l’eccessiva ambizione di Ponzio, che cerca di assoggettare una casa religiosa i cui legami con Cluny sono incerti.
L’elezione di Callisto II nel 1119, poi, si traduce in un minore supporto per l’abate Ponzio; nel 1122 le critiche interne si sommano ad una distanza crescente dal papato, e Ponzio è costretto a dimettersi. Nello stesso anno, del resto, Papa Callisto II scrive ai monaci di Cluny, chiedendo loro di eleggere un nuovo abate; per questa ragione, viene eletto Ugo II come nuova guida, e pochi mesi dopo Pietro, che diventerà noto come ‘il Venerabile’. Ponzio, tuttavia, continua ad identificarsi come abate di Cluny fino alla morte; nel 1124, del resto, l’ex abate si ritira in Italia, e si pone a capo di una nuova fondazione monastica.
Anche se non sono sopravvissute risposte di Cluny alla missiva pontificia, la partenza di Ponzio determina un periodo di incertezza per la federazione cluniacense; come accennato in precedenza, il successore del deposto abate è Ugo II, priore di Marcigny, un monaco rispettato ed anziano. Il nuovo abate, tuttavia, muore solamente tre mesi dopo la sua elezione, ed i monaci eleggono Pierre Maurice de Montboissier, con un mese e mezzo di ritardo, per consentire ai numerosi elettori di prendere parte all’evento.
Il nuovo abate Pietro, tuttavia, non può fare affidamento sulle potenti connessioni aristocratiche e pontificie che ha potuto sfruttare il suo predecessore; Pietro, il Venerabile, in effetti, proviene da una famiglia della bassa aristocrazia. Ciò nonostante, le fonti ufficiali presentano il nuovo abate come candidato ideale, e presentano un quadro idealizzato quanto improbabile che serve a giustificare la sua elezione alla guida della ecclesia cluniacensis.
Del primo decennio del suo ufficio di abate si hanno poche informazioni, ma sembra che Pietro segue la strada tracciata da Ugo il Grande, e visita diverse volte le case monastiche distanti da Cluny. In questo modo, si rafforzano i legami tra i monasteri ed i priorati che appartengono alla federazione monastica; appare evidente, del resto, che il carisma di un abate è limitato alle case monastiche con cui può interagire personalmente.
Nel corso del XII secolo diventa evidente che la possibilità di visitare regolarmente i numerosi priorati e monasteri dell’ordine di Cluny è ormai impossibile, a causa della significativa espansione, sia numerica che territoriale della federazione monastica. Di conseguenza, ci si affida ad altri meccanismi per mantenere e consolidare il carisma abbaziale; si crea, in particolare, un vero e proprio gruppo di monaci che si dedicano all’aspetto amministrativo dell’ordine cluniacense. Tali figure, dunque, si occupano di visitare le numerose case monastiche e di riferire quanto osservato all’abate di Cluny; allo stesso tempo, essi coordinano le iniziative dell’abate della casa madre.
Oltre alla rete amministrativa a cui si è appena accennato, i limiti del carisma abbaziale vengono superati mediante la convocazione periodica di alcuni monaci degli altri monasteri e priorati a Cluny. Si tratta di iniziative previste in occasione della principali feste liturgiche, e che comportano la distribuzione di vestiti, un atto di carità che serve ad esprimere la carità e la sollecitudine della casa madre rispetto alla federazione da essa guidata. Tuttavia, Ponzio continua ad esercitare il suo carisma sulla comunità di Cluny, e deve intervenire il Papa, che scomunica ed imprigiona l’ex abate fino alla sua morte, avvenuta nel 1126, per ribadire l’autorità di Pietro. In questa fase, dunque, il potere del nuovo abate non sembra dipendere dal suo carisma personale, ma dall’autorità esterna del Pontefice.
L’abbaziato di Pietro il Venerabile viene scosso da un altro scisma, quello tra Innocenzo II e l’antipapa Anacleto II; in effetti, i monaci che risiedono nelle case monastiche di Poitiers si schierano a favore del secondo, che è un ex monaco di Cluny. Nel 1132, Pietro il Venerabile si reca diverse volte in questa regione, allo scopo di convincere le comunità della federazione cluniacense a supportare Innocenzo II. Il carisma dell’abate, dunque, sembra coincidere con il potere di offrire perdono e riconciliazione; del resto, Pietro non dispone di un esercito capace di costringere i monaci ad obbedirgli. Pertanto, anche di fronte alla ribellione palese, Pierre Maurice de Montboissier preserva un atteggiamento ufficiale improntato alla generosità ed alla comprensione per dei figli che commettono errori.
Si tratta di una strategia vincente nel lungo termine, e, nel corso del suo ufficio di abate, Pietro il Venerabile riesce a stabilire uno stile di leadership carismatico, incentrato maggiormente sulla connessione emotiva con i monaci che da lui dipendono, mentre l’aspetto burocratico ed amministrativo passa in secondo piano. Si configura, in questo modo, una strategia basata sul governo della federazione cluniacense pensata come una famiglia; alla luce di tale visione, anche la storia dei predecessori viene rivisitata.
Ponzio, in particolare, viene presentato come un pio figlio che presiede il funerale del suo predecessore, Ugo il Grande. Pietro il Venerabile cerca dunque di alimentare un senso di fratellanza tra i monaci, allo scopo di sollecitare la loro obbedienza e fedeltà; allo stesso modo, vengono aspramente criticati coloro che non subordinano i loro interessi a quelli della federazione di Cluny.
Verso il 1146/1147, Pietro il Venerabile codifica le riforme di un’intera vita in un singolo testo, noto come ‘Statuta’, in cui vengono raccolti una serie di documenti come i decreti abbaziali, con cui si cerca di rinnovare l’osservanza del monachesimo cluniacense. Sotto la guida di questo abate, inoltre, si svolgono diversi capitoli generali, allo scopo di implementare le politiche generali, e, allo stesso tempo, di modificare alcune pratiche abitudinarie.
Tuttavia, sono scarse le prove che documentano queste riunioni, e, di conseguenza, non è possibile comprendere l’esatto contenuto di tali incontri, al pari delle loro dinamiche. Si tratta, probabilmente, di una caratteristica intenzionale, in quanto l’abate di Cluny intende preservare la riservatezza di tali eventi; a prescindere dai contenuti specifici degli Statuta, tuttavia, si nota che la loro forma ha un impatto decisivo sul monachesimo cluniacense.
Dopo la morte di Pietro il Venerabile, nel 1156, si apre un periodo segnato dall’incertezza, e l’elezione abbaziale del 1157 si presenta particolarmente caotica; viene eletto come successore Roberto di Fiandra, detto il Grosso, nel mese di aprile dello stesso anno, ma dopo pochi mesi diventa abate Ugo III di Frazans, in quanto il primo non viene riconosciuto dalle fonti ufficiali come abate di Cluny, anche se di fatto egli ha esercitato questa carica per pochi mesi. I successori immediati di Pietro il Venerabile, in generale, vengono scelti tra coloro che hanno la responsabilità dell’amministrazione di Cluny, ma emergono come figure importanti i cosiddetti ‘seniores’, ovvero i monaci anziani che coadiuvano l’abate nel governo dell’abazia e dell’ordine.
Si sviluppa, dunque, una sorta di ‘curia cluniacensis’, una gerarchia ecclesiastica interna alla federazione monastica che ha la responsabilità della sua supervisione ed amministrazione; una struttura del genere, effettivamente, consente di ottenere alcuni benefici nel lungo termine, ma diventa anche, occasionalmente, causa di debolezza nel breve periodo.
Crisi e fine di Cluny: i secoli XIII-XVIII
Il XIII secolo segna, di fatto, la fine dell’influenza di Cluny, e si accelera il processo di declino già avviato nel corso del secolo precedente; l’ecclesia cluniacensis, concepita come una Chiesa parallela di dimensioni più ridotte, viene sottoposta a diversi cambiamenti a partire dal XIII secolo. In particolare, si nota che tra il XIII ed il XV secolo le profonde trasformazioni spirituali, sociali, intellettuali ed economiche comportano la necessità, per Cluny così come per gli altri ordini monastici, di rivedere le loro scelte di fondo. Si consideri, in particolare, l’ascesa di forme di vita monastica maggiormente compatibili con le attitudini del laicato, che comportano una considerevole perdita di influenza per Cluny e per l’intera federazione da essa presieduta.
Diventa impossibile, in altre parole, recuperare la posizione di potere posseduta nei secoli precedenti,e, anche se le decisioni prese per contrastare le problematiche emergenti hanno un certo successo, esse non riescono ad invertire la spirale discendente già avviata. In effetti, dopo il 1380, il declino di Cluny e della ecclesia cluniacensis diventano inarrestabili; nel corso del XVI secolo, poi, si apre una nuova fase per Cluny, che si concentra esclusivamente sul Regno di Francia.
La riforma segna questa nuova era, e questo atteggiamento permette alla ecclesia cluniacensis di prendere parte attiva al periodo post-tridentino; ciò nonostante, esistono diverse idee sulle forma che devono assumere le riforme. Non sorprende, dunque, che l’ordine si divida in due osservanze separate; si tratta della Stretta Osservanza, da una parte, e dell’Antica Osservanza dall’altra. Nel primo caso, si adotta un atteggiamento che sottolinea la volontà di riformare profondamente l’ordine, mentre nel secolo si nota un attaccamento maggiore alla tradizione ed alle pratiche dei secoli precedenti.
Ciò nonostante, spesso i rappresentanti delle due osservanze coesistono nella medesima casa religiosa, come succede a Cluny; le differenze tra le due branche, che emergono negli anni Venti del secolo XVII, si concentrano, principalmente, sulla formazione dei novizi, sulla concezione della vita monastica e sul modello di autorità abbaziale.
Si osserva, a tale proposito, che il Capitolo Generale del 1676, su istanza della monarchia francese, riesce a raccogliere insieme, per la prima volta dal 1600, l’ordine cluniacense nel suo complesso; in tale occasione, vengono promulgati gli Statuta sacri ordinis cluniacensis, ovvero gli Statuti del Sacro Ordine di Cluny. Si tratta di statuti che si basano, tuttavia, su quelli composti dall’abate Jean de Bourbon, nel 1458; pertanto, la legislazione della federazione nel XVII secolo riprende la codificazione proposta circa due secoli prima.
Tale scelta, dunque, induce a ritenere che la comunità cluniacense non riesce ad esprimere nuove idee per un’eventuale riforma dell’ordine. Inoltre, dietro una formale unità persistono le divisioni, ed i rappresentanti delle due osservanze si rifiutano spesso di cooperare tra di loro nelle occasioni importanti, come la formazione dei novizi.
Ciò nonostante, sembra possibile un riavvicinamento tra le due posizioni nel corso del secolo XVIII, e, a tale proposito, si nota che nel 1728, l’abate di Cluny diventa il superiore generale delle due osservanze. Si tratta, tuttavia, di un equilibrio precario, che raccoglie circa 375 monaci appartenenti alla Stretta Osservanza, che vivono in 40 case religiose. Altri 300 monaci, invece, aderiscono all’Antica Osservanza, e si dividono in 50 monasteri e priorati; a partire dal 1788, poi, viene proibito all’Antica Osservanza di accogliere nuovi membri, condannando questo ramo ad una lenta ma sicura estinzione.
La lunga e prestigiosa storia di Cluny, come centro monastico e culturale, termina con la Rivoluzione Francese; il 2 novembre 1789, in effetti, l’Assemblea Costituzionale Francese decide la nazionalizzazione delle proprietà del clero regolare. Il 13 del 1790, poi, vengono soppressi gli ordini monastici, e l’ultima celebrazione eucaristica viene celebrata nella chiesa conventuale di Cluny il 25 ottobre del 1791, in occasione dell’anniversario della dedicazione della ecclesia maior.
Dei 42 monaci ancora presenti, solamente due decidono di aderire alla costituzione civile del clero, giurando fedeltà alla Repubblica Francese; altri dieci monaci vengono condannati e sei subiscono la condanna capitale tra il 1793 ed il 1794. La celebre abbazia, tuttavia, viene saccheggiata a partire dal 1791, e due anni più tardi vengono bruciati diversi libri, statue ed archivi; nel 1798 poi, gli edifici vengono venduti a tre commercianti per una piccola frazione del loro valore stimato, che nel 1795 era pari a circa 2 milioni di franchi. La chiesa conventuale, invece, viene lentamente smantellata nel corso dei due decenni successivi, ed i materiali vengono usati per costruire nuovi edifici; attualmente, l’unico edificio rimanente è costituito dalla torre del transetto meridionale.
A partire dal 1962, infine, il titolo di abate di Cluny viene nuovamente conferito, anche se in maniera onorifica, ai vescovi della diocesi di Autun, nella Regione della Borgogna; a partire da questa data, si sono succeduti 4 vescovi-abati, che però, ovviamente, non hanno la responsabilità della celebre abbazia, i cui edifici attualmente sono usati come campus universitario da parte della École nationale supérieure d’arts et métiers, un prestigioso ateneo nel campo ingegneristico. Il palazzo fatto costruire dall’abate Jean de Bourbon nel XV secolo, invece, è attualmente la sede del Museo di Arte ed Archeologia di Cluny.
Link Consigliati
- Cluny-Abbaye.fr, Histoire de l’abbaye de Cluny (https://www.cluny-abbaye.fr/decouvrir/histoire-de-l-abbaye-de-cluny)
-
Stratford, N., Comptes rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, 151(4), 2007, pp. 1779-1791 (https://www.persee.fr/doc/crai_0065-0536_2007_num_151_4_91582?q=cluny%20abbaye)
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Bruce, S.G., A Companion to the Abbey of Cluny in the Middle Ages, Brill, Leiden/Boston, 2022.
- Marquardt, J.T., From Martyr to Monument. The Abbey of Cluny as Cultural Patrimony, Cambridge Scholars Publishing, UK, 2007.
- Hurel, O., Riche, D., Cluny. De l’abbaye à l’ordre clunisien. Xe-XVIIIe siècle, Armand Colin, Paris, 2010.
- Raymond Oursel, Il segreto di Cluny. Vita dei santi abati da Bernone a Pietro il Venerabile, 910-1156, Jaca Book, 2001.