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A che ora si mangia? Recensione del libro di Alessandro Barbero

A che ora si mangia? Approssimazioni storico-linguistiche all’orario dei pasti (secoli XVIII –XXI). Questo è il titolo completo del saggio scritto da Alessandro Barbero, editore Quolibet Elements. Il tema del libro è l’orario dei pasti in Europa, il loro cambiamento nel tempo, dal Settecento in poi. 

di Giulia Cesarini Argiroffo
10 Settembre 2024
TEMPO DI LETTURA: 6 MIN
Un pasto alla corte dell'Imperatore Ferdinando I al Römer di Francoforte nel 1558 - acquerello

Un pasto alla corte dell'Imperatore Ferdinando I al Römer di Francoforte nel 1558 - acquerello

CONTENUTO

  • Il perché di questo libro: A che ora si mangia?
  • A che ora si mangia? La trama del libro
  • Struttura del libro: A che ora si mangia?
  • Recensione del libro

Il perché di questo libro: A che ora si mangia?

Nel quarto di pagina sulla copertina di questo piccolo saggio dalle piccole dimensioni, A che ora si mangia?, si legge quanto segue.

“La realtà è che gli orari dei pasti sono una costruzione culturale e cambiano non solo da un paese all’altro, ma da una classe sociale all’altra e anche da un’epoca all’altra”.

Questa frase contiene l’essenza dell’argomento che si affronta all’interno del testo. Per entrare meglio nel saggio, l’autore, Alessandro Barbero, spiega le ragioni che l’hanno indotto a scrivere questo libro. In particolare lo espone nella premessa e ciò consente anche di introdurre meglio il lettore nel cuore del testo. Nello specifico in essa si legge quanto segue.

“Gli orari dei pasti sono un ritmo della nostra vita che siamo abituati ad accettare come naturale, tanto che in genere non ci pensiamo neppure, fino a quando non veniamo a contatto con abitudini diverse dalle nostre, che al primo approccio di solito ci sembrano bizzarre, se non assurde. La realtà è che gli orari dei pasti sono una costruzione culturale e cambiano non solo da un paese all’altro, ma da una classe sociale all’altra e anche da un’epoca all’altra.

Il tema di questo saggio è il cambiamento che si è verificato tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, quando le classi agiate europee hanno modificato l’orario dei pasti, facendo slittare in avanti l’orario del pasto principale della giornata, quello che si chiamava dîner in francese, dinner in inglese, e pranzo in italiano; lo slittamento in avanti è proseguito nel corso del XIX secolo, concludendosi solo all’inizio del Novecento. Questa trasformazione ha creato una nuova differenza fra le classi sociali, attribuendo al <<pranzar tardi>> la valenza di uno status-symbol; ha fatto sì che gli orari dei pasti diventassero, per oltre un secolo, un indicatore sociale attentamente scrutato, e menzionato con enorme frequenza nella letteratura, assai più di quanto non accada oggi;

ha prodotto conseguenze linguistiche che si avvertono ancora ai nostri giorni, e di cui i parlanti non saprebbero dare una spiegazione, come l’alternanza, in italiano, tra colazione e pranzo per indicare il pasto di mezzogiorno, e tra pranzo e cena per indicare il pasto serale. Si tratta dunque di un fenomeno che presenta interesse sia per lo studioso dei comportamenti sociali, sia per il critico letterario, sia per il linguista, e che tuttavia finora non è mai stato oggetto di una ricognizione sistematica”.

A che ora si mangia? La trama del libro

Il nome di un pasto può derivare dal suo orario di consumo oppure dal suo quantitativo cioè dalla sua consistenza. Infatti, al contrario del XVIII secolo e XIX secolo, oggi nella coscienza dei parlanti sembrerebbe prevalere in tale designazione l’ora in cui si mangia. Mentre tra il Settecento e l’Ottocento i termini come pranzo, dinner o dîner portano invece con sé la connotazione, molto forte, di pasto principale della giornata. Riguardo a quest’ultimo bisogna tener conto che all’epoca chi poteva permetterselo mangiava e beveva, enormemente, molto di più di quanto non si usi fare attualmente. Questo vale anche per la piccola borghesia. Tale pasto principale consiste almeno in quattro o cinque piatti.

L’orario settecentesco prevede sul continente europeo, tre pasti. Nello specifico, una colazione al mattino appena svegli, che nella lingua internazionale delle classi elevate si chiama déjeuner. Poi un pranzo molto abbondante, o dîner, fra mezzogiorno e le due. Infine una cena più leggera, souper, in serata. Questi sembrano condivisi ovunque in Europa.

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In sostanza però tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento l’aristocrazia a Londra ed a Parigi modifica gli orari dei pasti quotidiani, da cui il titolo del libro, A che ora si mangia?. Così, il pranzo, che all’epoca si considera il pasto principale del giorno, si consuma sempre più tardi, arrivando addirittura fino alle cinque, alle sei, alle sette del pomeriggio. Mentre si introduce l’abitudine di mangiare una robusta colazione, il cosiddetto déjeuner à la forchette, a metà mattinata. Questo fa quasi scomparire la cena serale.

Nel corso dell’Ottocento la nuova moda si adotta tra le classi medie inglesi e francesi e nei paesi europei che si considerano all’epoca “avanzati”. In seguito, si diffonde lentamente anche nei paesi che si ritengono più “arretrati” come la Germania, l’Italia, la Russia e gli Stati Uniti. Nel frattempo però l’aristocrazia inglese e francese sposta l’orario del pranzo sempre più tardi, fino alla sera. Questo produce un divario nelle abitudini locali tra le classi sociali elevate e quelle basse che si risolve solo nel Ventesimo secolo.

I contemporanei di allora notano con interesse questo cambiamento e ne discutono le ragioni. La spiegazione più probabile è che le classi aristocratiche dell’epoca, in quelle che sono a tutti gli effetti le due massime potenze mondiali, trovano un nuovo modo per sottolineare la distanza rispetto alla borghesia. Non solo, ma anche per enfatizzare il divario fra la capitale e la provincia, nonché fra i paesi moderni e i paesi culturalmente arretrati. Tale fenomeno, provoca dei mutamenti anche linguistici, nella designazione dei pasti che sono ancora oggi oggetto di discussione fra i parlanti. Inoltre molti dettagli delle abitudini sociali si riportano anche nei romanzi ottocenteschi, a cui il saggio fa molto riferimento, con esempi e citazioni.

Un pasto alla corte dell’Imperatore Ferdinando I al Römer di Francoforte nel 1558 – acquerello

Struttura del libro: A che ora si mangia?

Il libro, dopo la premessa dell’autore, si divide in otto capitoli. Nello specifico, nel primo capitolo si affronta in generale l’usanza dei pasti nel Settecento europeo, che si condividono ovunque in Europa. Nel secondo, si tratta dell’importanza all’epoca del pasto di mezzogiorno, molto abbondante, il più sostanzioso ed il principale della giornata. Nel terzo capitolo si affronta il cambiamento dell’orario del pranzo e poi anche della cena tra gli aristocratici inglesi e le discussioni che si generano a tal proposito tra i contemporanei dell’epoca.

Nel quarto capitolo si tratta dello spostamento degli orari dei pasti a Parigi e delle riflessioni di allora sulle sue cause. Nel quinto capitolo si affrontano le conseguenze dello spostamento degli orari dei pasti nel suo complesso, quindi sia dal punto di vista sociale che da un punto di vista linguistico, nella terminologia. Nel sesto capitolo si trattano gli orari dei pasti ed il loro mutamento nei primi dell’Ottocento nei paesi europei che all’epoca si ritengono “arretrati”, come i territori spagnoli, italiani, tedeschi, statunitensi, russi e polacchi.

Nel settimo capitolo si affrontano le differenze di abitudini sia tra le città e le provincie che tra le classi sociali alte e quelle basse. Nell’ottavo capitolo si tratta lo scompenso linguistico che tale spostamento di orario sui pasti ha portato fino ai nostri giorni. Tutti i capitoli poi sono arricchiti da esempi e citazioni di testi letterari e testimonianze di cronisti dell’epoca. Poi, nella parte finale del libro ci sono: la biografia dei testi consultati, l’abstract e la breve biografia dell’autore.

Recensione del libro

Questo libro fa riflettere su un aspetto quotidiano della vita come l’orario dei pasti da un punto di vista storico. Infatti, di solito, si pensa più alle diversificazioni culturali tra diverse nazioni, in sostanza “Paese che vai, usanza che trovi ”, ma si riflette meno sulle differenze diacroniche, cioè tra un’epoca ed un’altra.

I continui riferimenti dei testi e testimonianze d’allora all’interno del saggio rendono più facile al lettore entrare “nei panni” delle persone dell’epoca che affrontano tale cambiamento di abitudini. Oltre a far comprendere le conseguenti difficoltà e confusioni che emergono per i termini più adeguati da adottare per indicarli. Tale problema linguistico, nonostante i secoli intercorsi, come nota l’autore di questo saggio, è tuttora presente.

Inoltre questo libro, A che ora si mangia?, fa riflettere su quanto siano mutevoli i fenomeni culturali. La società è sempre in continua evoluzione tanto più oggigiorno, in un mondo così frenetico dove anche gli orari dei pasti spesso sono sempre meno definiti. Questo si aggiunge anche al sempre maggiore cosmopolitismo e internazionalismo odierno. Così che le abitudini locali si intrecciano con quelle degli stranieri e con quelle che sono frutto della globalizzazione.

Insomma tutto diventa sempre più complicato e meno definito ed i termini linguistici si evolvono, ma non sempre riescono a stare dietro a tali cambiamenti, come si è potuto notare in questo libro. In conclusione c’è anche da domandarsi cosa ci riserverà il prossimo futuro, A che ora si mangia?, o meglio, A che ora si mangerà?

Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!

  • A. Barbero, A che ora si mangia? Approssimazioni storico-linguistiche all’orario dei pasti (secoli XVIII –XXI), Quodlibet, 2017.
Letture consigliate
Giulia Cesarini Argiroffo

Giulia Cesarini Argiroffo

Si è laureata magistrale in Teorie della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Roma Tre, dalla sua tesi è stato tratto un saggio pubblicato su una rivista accademica specializzata in semiotica. Successivamente ha frequentato presso l’Università LUISS Guido Carli-Business School un Master in Marketing Management ed un Master in Digital Marketing & Social Media Communication. Lavora nell’ambito della comunicazione, del marketing, della divulgazione culturale e dell’editoria. La storia la incuriosisce, l’affascina e l’appassiona. Questo, soprattutto perché “historia magistra vitae” (la storia [è] maestra di vita) ed in quanto “non si finisce mai di imparare”, tanto più sull’umanità.

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