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Home Storia Contemporanea Seconda Guerra mondiale

Eccidio di Fragheto e strage della Benedicta, 7 aprile 1944

Il 7 aprile 1944 truppe nazifasciste compiono l'eccidio di Fragheto e la strage di Benedicta, in cui sono uccisi partigiani e civili.

di Agostino Raso
9 Aprile 2020
TEMPO DI LETTURA: 3 MIN
Stragi nazifasciste
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CONTENUTO

  • Eccidio di Fragheto
  • La rappresaglia
  • Strage della Benedicta

Il 7 aprile 1944 truppe nazifasciste compiono l’eccidio di Fragheto nell’omonimo borgo, frazione del comune di Casteldelci, situato nella zona appenninica a cavallo tra Marche e Romagna. Sempre il 7 aprile 1944 avviene la strage della Benedicta, un’esecuzione sommaria di settantacinque partigiani, compiuta da militari nazifascisti in località Benedicta presso Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, nell’Appennino Ligure.

Stragi nazifasciste

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Eccidio di Fragheto

Nella zona dell’Alta Valmarecchia è intensa l’attività partigiana, sia dell’VIII brigata Garibaldi Romagna che della V brigata Garibaldi Pesaro, con interventi sempre più audaci e efficaci. Su tutti l’occupazione di Sant’Agata Feltria del 3 aprile 1944, azione che vede la cattura dei gerarchi del paese, il sequestro di denaro e la distribuzione di viveri alla popolazione. I comandi fascisti sopravalutano le forze partigiane. Questa situazione porta le forze nazifasciste ad organizzare un importante rastrellamento il 6 di aprile, mettendo in campo circa 600 soldati tedeschi e 150 militi fascisti. Le forze partigiane, subito avvertite di questa azione di repressiva, decidono di ripiegare.

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La compagnia del comandante “Falco” Alberto Bardi, la notte tra il 6\7 aprile arriva a Fragheto, dove chiede ospitalità e cibo. La mattina presto i partigiani sono avvertiti da due staffette che in località Calanco forze tedesche si sono fermate in posizione favorevole per un attacco. Lo scontro vede un predominio partigiano che sfrutta le posizioni di combattimento più favorevoli. Dopo l’assalto i partigiani continuano la loro azione di ripiegamento e lasciano uno di loro, Remigio Saviotti, gravemente ferito a casa di Albini Giovanni.

I tedeschi inviano una pattuglia di quattordici soldati tedeschi dello Sturmbattaillon OB Sudwest coinvolto nello scontro a controllare i paesi vicini per eventuali partigiani feriti e nascosti. Alle 17:30 arrivano a Fragheto. Trovano subito il partigiano ferito e l’uccidono immediatamente così come le persone della casa. Contemporaneamente, Gambetti Guglielmo spara e ferisce probabilmente a morte due soldati tedeschi.

La rappresaglia

Questo scatena la rappresaglia tedesca. Uccidono un totale di 30 persone tra donne, bambini e anziani, ritenuti indistintamente nemici e collaboratori dei partigiani. Successivamente bruciano le case e la canonica della chiesa. In tutto questo orrore inspiegabilmente viene risparmiata la casa di Gabrielli Dario ove erano riparate 29 persone. I giovani e gli uomini del borgo si sono in precedenza nascosti nelle vicinanze, perché avvisati dai partigiani di un’imminente incursione nazista. Forse sottovalutando i tedeschi, essi pensano che nulla faranno a donne, bambini e vecchi e che solo gli uomini sono oggetto di rappresaglie in quanto possibili partigiani.

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Sempre a Fragheto, durante la medesima operazione militare, sono uccisi dai tedeschi 5 partigiani catturati nei giorni precedenti. La tragedia di quel rastrellamento termina il giorno successivo con l’assassinio di 7 partigiani e un civile sulle rive del Senatello da parte dei militi della Guardia Nazionale Repubblicana nel luogo ora denominato “Ponte degli 8 Martiri”.

Strage della Benedicta

La strage della Benedicta fu un’esecuzione sommaria di settantacinque partigiani appartenenti alle formazioni garibaldine. Gli autori sono militari della Guardia Nazionale Repubblicana e reparti tedeschi in località Benedicta presso Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, nell’Appennino Ligure. Altri settantadue partigiani cadono nei precedenti scontri.

Sull’Appennino Ligure, tra Genova e Alessandria, nella primavera del 1944 operano due brigate partigiane, la Brigata Autonoma Alessandria e la 3ª Brigata Liguria. Tra il 3 e 6 aprile 1944 reparti tedeschi appoggiati da quattro compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana (due provenienti da Alessandria e due da Genova) e da un reparto del reggimento di Granatieri di stanza a Bolzaneto, accerchiano la zona del monte Tobbio.

Il 6 aprile iniziano gli scontri armati. La 3ª Brigata Garibaldi Liguria cerca di rompere l’assedio dividendo i propri uomini in piccoli gruppi. La Brigata Autonoma Alessandria cerca una disperata difesa all’abbazia della Benedicta e a Pian degli Eremiti. Il 6 aprile le truppe italo-tedesche fanno saltare la cascina dell’abbazia dove i partigiani della 3ª Brigata Liguria hanno insediato il loro comando. Catturano molti uomini e incendiano numerose cascine. Il 7 aprile settantacinque prigionieri vengono fatti scendere a gruppi di cinque lungo il sentiero che porta al torrente Gorzente. Sono fucilati da un plotone di esecuzione composto da italiani comandati da un ufficiale tedesco. I cadaveri vengono sepolti in una fossa comune insieme a quelli di ventidue giovani catturati e trucidati nei boschi lì vicino.

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Tags: Resistenza italiana
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Agostino Raso

Agostino Raso

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. E' socio dell'Istituto Ugo Arcuri per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea in provincia di Reggio Calabria (istituto associato all'Istituto Nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la storia della resistenza e dell'età contemporanea). Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le case editrici. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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