CONTENUTO
L’occupazione di Roma
Il proclama di Badoglio dell’8 settembre 1943, che annuncia agli italiani l’armistizio di Cassibile, provoca la disgregazione della struttura politica, amministrativa, civile e militare italiana. La conseguenza è la rapida e brutale reazione dell’esercito tedesco in Italia. In pochissimi giorni la Wehrmacht occupa gran parte della penisola e disarma e cattura centinaia di migliaia di soldati dell’esercito italiano. Il re Vittorio Emanuele III e il capo del governo, maresciallo Pietro Badoglio, abbandonano in tutta fretta Roma e cercano riparo a Brindisi.
Il feldmaresciallo Kesselring, con l’ordinanza affissa sui muri della città la sera dell’11 settembre 1943, dichiara che la città è “territorio di guerra” sottoposta alle leggi tedesche di guerra. Mentre l’esercito tedesco riesce progressivamente ad arrestare l’avanzata alleata sulla Linea Gustav, la struttura di occupazione e repressione nazista si organizza a Roma con la collaborazione delle autorità politico-militari collaborazioniste della Repubblica Sociale Italiana.
La popolazione romana deve subire il duro regime di occupazione. Il 16 ottobre 1943 avviene la grande operazione di rastrellamento e deportazione degli ebrei romani. Le prime attività della Resistenza romana e di numerosi agenti segreti intralciano il controllo nazifascista della capitale. Ma le speranze di una rapida liberazione con l’arrivo degli Alleati svaniscono nel mese di novembre 1943.
Le difficoltà degli alleati sulla Linea Gustav
Infatti diviene chiaro che a causa delle difficoltà del territorio, dell’inclemente clima autunnale e soprattutto della tenace e abile difesa delle truppe tedesche, le forze alleate non supereranno in breve tempo le posizioni della Linea Gustav imperniate sulla posizione strategica di Cassino.
Il 22 gennaio 1944, per superare la logorante situazione di stallo sulla linea Gustav effettuano uno sbarco ad Anzio. Le truppe anglo-americane sbarcate rimangono ferme per consolidare la testa di ponte. Danno così tempo al feldmaresciallo Kesselring di far affluire potenti forze di riserva e contrattaccare.
I contrattacchi tedeschi ad Anzio sono alla fine respinti dalle truppe anglo-americane che tuttavia rimangono bloccate per mesi nell’angusta testa di ponte bersagliata dall’artiglieria nemica. Falliscono invece completamente i tentativi del generale Clark di sfondare la linea Gustav. Le offensive alleate del gennaio e del marzo 1944 contro il caposaldo di Cassino terminano con costosi insuccessi.
Durante questa fase di logoramento dei combattimenti sul fronte, la Resistenza romana cerca di reagire alla repressione. Sferra l’attacco più duro all’occupante tedesco con il sanguinoso attacco di via Rasella del 23 marzo 1944 che scatena la durissima rappresaglia delle fosse Ardeatine.
Lo sfondamento della Linea Gustav
Dopo lo sfondamento nel settore di Cassino e nel settore della testa di sbarco di Anzio e Nettuno, il comandante tedesco, feldmaresciallo Albert Kesselring, mette in atto un ripiegamento delle sue forze sulla Linea gotica, abbandonando così Roma, che l’Italia aveva proclamato da tempo città aperta, ma che i tedeschi avevano continuato ad usare come sede di comandi e di truppe nonché come nodo di comunicazioni e trasporti.
Due giorni dopo la conquista di Cassino e dell’Abbazia, nel settore meridionale del fronte, il II Corpo americano attacca la Linea Hitler presso Formia e in direzione di Fondi. Altrettanto fanno algerini e marocchini sui monti Aurunci, mentre nel settore settentrionale il Corpo britannico e quello polacco combattono aspramente a Pontecorvo e Piedimonte.
Cinque giorni dopo anche la linea «Hitler» viene infranta e le Armate alleate possono avviarsi verso Roma: l’VIII per la via Casilina e la V per la via Appia. Una Divisione americana si dirige lungo la costa verso la testa di ponte di Anzio, dove il VI Corpo angloamericano il 23 maggio inizia l’offensiva.
La città di Littoria è liberata dall’unica colonna americana, appena un reggimento, che dalla testa di ponte di Anzio si è diretta verso sud, incontro alla V Armata in arrivo dal fronte del Garigliano. Il ricongiungimento avviene a Borgo Grappa il 25 maggio.
La liberazione di Roma: 4 giugno 1944
L’attacco principale viene sferrato verso i Colli Albani e verso Velletri, occupata qualche giorno dopo. Alexander ordina di tagliare la ritirata nemica sulla via Casilina puntando in forze su Valmontone. Clark invece preferisce insistere in direzione di Roma, e Valmontone è presa solo il 2 giugno, dopo che i tedeschi hanno completato il ripiegamento.
È alla capitale ch’egli continua a guardare, più che alla manovra di aggiramento chiesta da Alexander. Vuole arrivarci prima degli inglesi perché la nuova vittoria su Hitler porti il suo nome. Per i tedeschi è un colpo di fortuna. Essi non sperano che gli Alleati, per un motivo di prestigio personale, rinuncino a cogliere, con un colossale accerchiamento, i frutti della vittoria. Scampati alla trappola di Valmontone, i tedeschi abbandonano Roma con ogni mezzo, mantenendo sgombre le strade su cui si ritirano le Divisioni di Cassino.
I tedeschi in fuga caricano su due autocarri i prigionieri di Via Tasso per trasferirli a Verona. Alle porte della città, in frazione La Storta sulla via Cassia, per alleggerire un automezzo, assassinano 14 prigionieri politici fra cui il vecchio sindacalista Bruno Buozzi.
Il 4 giugno la V Armata statunitense entra a Roma senza incontrare resistenza, ricevendo l’entusiastica accoglienza della popolazione romana. La conquista di Roma è in se stessa naturalmente un grande avvenimento. Ha un grande valore morale, un grande valore politico. Ma come obiettivo militare non ha che scarsa importanza.
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